Inquinamento atmosferico e impatto sulla salute umana; i dati europei

Il recente briefing dell’AEA  che si basa sui dati del 2023, fornisce le stime più recenti circa gli impatti sulla salute della popolazione causati dall’esposizione a lungo termine a particolato fine, biossido di azoto e ozono. C’è ancora parecchio da fare in Europa.

Sono stati poco più di 180.000, nel 2023, i decessi attribuibili, in Europa, all’esposizione a concentrazioni di particolato fine (PM 2,5) superiori ai livelli indicati dalle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).

Lo ha affermato l’Agenzia Europea dell’Ambiente a inizio dicembre, nel briefing: “Harm to human health from air pollution in Europe: burden of disease status, 2025” pubblicato in concomitanza con il Clean Air Forum, svoltosi a Bonn  l’1 e 2 alla presenza di politici, scienziati e rappresentanti della società civile provenienti da tutta Europa per discutere degli sforzi per migliorare la qualità dell’aria.

Il briefing dell’AEA, che si basa sui dati del 2023, fornisce le stime più recenti circa gli impatti sulla salute della popolazione causati dall’esposizione a lungo termine a particolato fine, biossido di azoto e ozono.

Ebbene, se è stata confermata la tendenza degli ultimi diciannove anni secondo cui l’impatto stimato sulla salute attribuibile all’esposizione a lungo termine ai tre principali inquinanti atmosferici-chiave continua a diminuire; va detto, però, che la maggior parte degli abitanti delle città dell’Ue (95%) sono esposti a livelli di inquinamento atmosferico notevolmente superiori a quelli raccomandati dall’OMS.

È pur vero che la direttiva sulla qualità dell’aria, entrata in vigore lo scorso anno, avvicina gli standard di qualità dell’aria dell’UE alle raccomandazioni dell’OMS, favorendo ulteriori riduzioni dell’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute nei prossimi anni, però, l’inquinamento atmosferico continua a rappresentare il principale rischio ambientale per la salute degli europei in “buona compagnia” con altri fattori come l’esposizione al rumore, alle sostanze chimiche e ai crescenti effetti delle ondate di calore legate al clima), causando malattie croniche e decessi attribuibili, soprattutto nelle città e nelle aree urbane.

Orbene, se si prende in considerazione l’esposizione al particolato fine, nel periodo compreso tra il 2005 e il 2023, nell’Unione i decessi prematuri attribuibili a questo inquinante sono diminuiti del 57%, indicando che l’obiettivo del piano d’azione per l’inquinamento zero dell’UE, di una riduzione dell’impatto del 55%, è stato raggiunto al 2023.

Secondo le stime dell’AEA, nell’area dell’Unione, nel 2023, la riduzione dell’inquinamento atmosferico ai livelli indicati dalle linee guida dell’OMS avrebbe potuto prevenire 182.000 decessi attribuibili all’esposizione al particolato fine, 63.000 causati dall’esposizione all’ozono (O3) e 34.000 imputabili all’esposizione al biossido di azoto (NO2). L’inquinamento atmosferico maggiore che si riscontra nei Paesi dell’Europa orientale e sudorientale impatta in maniera più sensibile sulla salute locale.

Per quanto concerne l’Italia, si stima che il tasso di decessi naturali per tutte le cause attribuibili all’esposizione a lungo termine a polveri sottili (numero di decessi prematuri attribuibili ogni 100.000 abitanti di 30 anni o più) superiori a 5 µg/m3 si sia ridotto del 43,4% tra il 2005 e il 2023 (rispettivamente da 177,7 a 100,6), con un conseguente numero di 43.083 (IC 95%: 32.944-48.009) decessi attribuibili nel 2023.

Naturalmente, però, l’impatto della cattiva qualità dell’aria sulla salute umana non si riflette solo sulle morti premature, ma anche sulla diffusione e aggravamento di numerose patologie, soprattutto a carico del sistema respiratorio (ma non solo), come: asma, cardiopatie ischemiche, cancro ai polmoni
Non solo, dall’AEA rimarcano anche che nuove evidenze suggeriscono che l’inquinamento atmosferico possa anche causare demenza (con una stima di carico superiore a quello di altre patologie rilevanti).

C’è, dunque, ancora parecchio da fare.
Contestualmente alla diffusione del briefing dell’AEA, infatti, in sede di Clean Air Forum a Bonn è stata presentata una valutazione della Commissione europea che ha analizzato quanto la Direttiva sugli impegni nazionali di riduzione delle emissioni (NEC) stia effettivamente riducendo l’inquinamento atmosferico e in che modo abbia contribuito al raggiungimento degli standard di qualità dell’aria.

Ebbene, nonostante i progressi complessivi, persistono alcune sfide. Otto Stati membri non rispettano uno o più impegni di riduzione che avrebbero dovuto essere rispettati entro il 2020 e molti potrebbero avere difficoltà a rispettare gli impegni per il 2030.

Saranno necessari sforzi continui e uno stretto coordinamento tra i diversi settori politici per garantire ulteriori riduzioni degli inquinanti atmosferici, anche perché: “Investire nell’aria pulita significa investire nella nostra resilienza e competitività”, come ha dichiarato a Bonn Jessika Roswall, Commissaria per l’ambiente, la resilienza idrica e un’economia circolare competitiva.
Le politiche per ridurre l’inquinamento atmosferico hanno generato benefici che superano di gran lunga i costi… Ogni euro speso per l’aria pulita genera almeno quattro volte i benefici”.

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