MAL’ARIA DI CITTA’ 2010: NAPOLI, TORINO E ANCONA AI PRIMI POSTI

Il dossier sull’inquinamento atmosferico delle città 2010 ha sottolineato lo stato di “emergenza nazionale”

L’inquinamento è alle stelle in tutta Italia. Napoli, Torino e Ancona guidano la classifica dei superamenti dei limiti di legge per le concentrazioni di Pm10, rispettivamente con 156, 151 e 129 giorni. Situazione grave anche a Milano (108), Roma (67) e Venezia (60). Le regioni del Nord sono quelle con i valori più critici, Lombardia e Emilia Romagna sono quelle in cui si registrano valori critici per tutte le città monitorate, seguite da Piemonte (7 su 8) e Veneto (6 su 7). Non si segnala niente di buono nemmeno sul fronte ozono che nei mesi estivi ha fatto registrare livelli record. Dal 1° gennaio 2010 è entrato in vigore il limite per la protezione della salute umana di 120 microgrammi/metro cubo da non superare per più di 25 giorni in un anno, ma oltre la metà delle città monitorate nel 2009 non rispettavano questo limite (32 su 50). La Pianura Padana si conferma come area critica anche in questo caso con 8 città tra le prime dieci per superamenti del valore di legge. Al primo posto troviamo Novara con 83 superamenti, seguita da Alessandria (73), Lecco (70) e Mantova (68).

Anche le grandi città non sono riuscite a rientrare nei limiti, come dimostrano i dati relativi a Milano (51), Genova (46), Bologna (42), Torino (40) e Roma (34).A livello regionale la maglia nera va di nuovo alla Lombardia, dove su 10 città che monitorano l’ozono, nove hanno superato di molto il limite di legge (vedi tabella 1.2). Questi sono in sintesi i dati di “Mal’Aria di città”, il dossier di Legambiente in collaborazione con il sito http://www.lamiaaria.it/, che aprono la campagna annuale sull’inquinamento atmosferico che per oltre due mesi attiverà manifestazioni e iniziative in tutta Italia, per sensibilizzare e informare i cittadini sul problema, con denunce mirate e proposte concrete per i diversi territori. Sabato 16 gennaio a Palermo, Potenza, Bologna, Milano, Roma, Genova, Torino, Taranto, Firenze e Civitanova, le vetrine di alcune boutique hanno “attrezzato” i manichini in vetrina con mascherine antismog e slogan contro l’inquinamento da traffico. “Il traguardo di un livello accettabile della qualità dell’aria e purtroppo ancora lontano – ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – e molte sono ancora le azioni da intraprendere da parte delle amministrazioni locali e dal governo centrale per contribuire a migliorare la qualità dell’aria che respiriamo. Ma se la salute è la nostra priorità, non dobbiamo dimenticare che il non rispetto delle norme sui livelli di inquinamento entro il 2011 esporrà il nostro Paese all’ennesima sanzione annunciata da parte dell’Unione europea”. Sono molte le fonti di emissione che quotidianamente riversano nell’aria grandi quantità di sostanze inquinanti. Se negli ultimi anni le concentrazioni di inquinanti come anidride solforosa (SO2), monossido di carbonio (CO) e benzene, sono state ridotte con interventi mirati, molto ancora si deve fare per le polveri sottili, l’ozono e il biossido di azoto. Le polveri sottili (PM10) sono il primo imputato della scarsa qualità dell’aria nelle nostre città, in quanto molto dannose alla salute umana per la loro capacità di penetrare in profondità nell’apparato respiratorio. Nelle città italiane sembra però che il problema, seppur oramai diventato cronico, continui ad essere sottovalutato e non affrontato in modo deciso ed efficace. La normativa prevede un limite giornaliero per la protezione della salute 3 umana di 50 _g/m da non superare più di 35 volte in un anno, obiettivo che non è stato raggiunto nel 2009 da 57 su 88 capoluoghi di provincia, il 65% delle città monitorate, e in molti casi con risultati molto preoccupanti. L’ozono troposferico è un inquinante secondario che si produce per effetto della radiazione solare in presenza di inquinanti primari. Si forma principalmente d’estate, in quanto è un componente dello smog fotochimico. Dal 1 gennaio 2010 le Amministrazioni locali devono rispettare i nuovi limiti, indicati dalla direttiva europea 2002/3/CE che fissa in 120 _g/m (calcolato come media su otto ore) il valore di pericolosità da non superare per più di 25 volte in un anno. Per questo motivo molte amministrazioni hanno avviato un monitoraggio continuo dell’ozono, ma ancora c’è molto da fare in termini di numero di centraline e copertura dei dati, per ora concentrati principalmente nel Nord Italia. Il biossido d’azoto che, insieme al particolato sottile e all’ozono costituisce uno dei problemi maggiori con cui le amministrazioni devono continuamente confrontarsi, deriva dai processi di combustione e dal traffico automobilistico. Le principali fonti di inquinamento atmosferico a livello nazionale sono rappresentate dal settore industriale (responsabili del 26% delle emissioni di Pm10, del 23% di biossido di azoto (NO2), 79% di ossidi di zolfo (SOx) e 34% di idrocarburi policiclici aromatici) e dai trasporti, con il contributo maggiore attribuibile a quello su strada con il 22% alle emissioni totali di Pm10, il 50% di NO2, il 45% di CO e il 55% del benzene. Diversa è la situazione se analizziamo le fonti di emissione all’interno delle aree urbane dove a farla da padrone è il traffico veicolare, ad eccezione di alcune città che convivono con grandi complessi industriali. A Roma e Milano il traffico veicolare emette circa il 60% delle polveri sottili e degli ossidi di azoto; a Napoli contribuisce per il 50% del PM10 e aTorino per oltre il 50% circa di NOx. Ma i disagi dei cittadini non derivano solo dalla qualità dell’aria, anche l’esposizione al rumore provoca notevoli effetti negativi sulla salute e la qualità della vita. L’inquinamento acustico in città è percepito come un problema grave, ciò è confermato anche dalle famiglie italiane che, secondo un’indagine dell’ISTAT, dichiarano per il 36,8% gravi problemi relativi al rumore nella zona in cui abitano. Eppure, sempre secondo il rapporto ISTAT – Indicatori Ambientali Urbani 2008, su 110 capoluoghi di provincia, a fine 2008 sono solamente 68 i comuni che hanno approvato un piano di zonizzazione acustica (5 in più rispetto al 2007), solo 15 hanno approvato una relazione biennale sullo stato acustico, 21 hanno un piano di risanamento e solo 11 hanno centraline fisse per il rilevamento del rumore. Un’emergenza, quella dell’inquinamento nelle nostre città che è sanitaria prima ancora che ambientale, come dimostrano i numerosi e autorevoli studi pubblicati sull’argomento anche di recente. Nel 2006 l’OMS ha dimostrato, con uno studio sulle principali città italiane, che riportando i valori medi annui di polveri sottili al di sotto della soglia stabilita dalla legge (40 microgrammi/metro cubo) si potrebbero evitare oltre 2000 morti all’anno. Intervenire sulle modalità di trasporto è necessario anche per vincere un’altra grande sfida,quella dei cambiamenti climatici. Infatti, i trasporti oltre ad essere i principali responsabili dell’inquinamento atmosferico in città, sono la seconda maggiore fonte di emissioni di CO2 eq. in Italia dopo la produzione di energia. Per questo l’Unione Europea con la Direttiva 443/2009 ha dato il via a obiettivi di riduzione delle emissioni dalle nuove auto immatricolate imponendo l’obiettivo di 120 grammi CO per chilometro che 2 verrà raggiunto in modo graduale entro il 2015, per poi abbassarsi a 95 g/km entro il 2020. Secondo il Rapporto “Reducing CO 2 Emissions from New Cars: A Study of Major Car Manufacturers”, curato dal network europeo Transport & Environment, nel 2008 nel settore delle autovetture i produttori hanno ridotto le emissioni di CO dei modelli complessivamente venduti2 sul mercato europeo del 3,3%, portando la media di settore ad un notevole miglioramento di 153,5 gCO /km. Ma per 2 migliorare ulteriormente questo risultato sono necessari e urgenti interventi anche sulle altre categorie di veicoli a partire dai mezzi commerciali leggeri. Su questo però l’Italia ha chiesto limiti meno severi, una proposta che va in direzione opposta rispetto agli obiettivi europei di riduzione e agli impegni che tutti i Paesi devono prendere per ridurre le emissioni di gas serra. Se i limiti di legge vengono regolarmente superati e le cifre sugli impatti sanitari dovrebbero chiarire una volta per tutte l’urgenza di interventi per il risanamento della qualità dell’aria all’interno delle nostre città, quasi nessuna amministrazione prova a prendere provvedimenti concreti e risolutivi. Milano aveva lanciato un importante segnale con l’Ecopass, ma in mancanza della auspicata estensione, i suoi risultati benefici sono terminati. A Roma, una delle città con tasso di motorizzazione tra i più alti al mondo – 76 auto ogni 100 abitanti, cioè oltre il triplo di New York (20) e il doppio di quelle di Londra (36), più di quante a San Francisco (64) e Los Angeles (57) – i provvedimenti decisi dal Comune durante l’ultimo anno e mezzo non hanno fatto altro che lasciare sempre più spazio al trasporto privato,alimentando ulteriormente la nota congestione del traffico capitolino. Ultima proposta davvero discutibile è l’idea di inaugurare il nuovo circuito per il Gran Premio di Formula Uno in un’area quotidianamente intasata dal traffico in entrata e uscita dalla capitale. Il risultato dell’assenza di questi interventi è che oggi la mobilità urbana è immobile. In tutta Italia il traffico è sempre più congestionato da un parco macchine che non ha pari in Europa; il trasporto pubblico è scarsamente attrattivo e gli spazi dedicati ai pedoni o ad altre tipologie di trasporto sono sempre di meno.Anche i Governi nazionali che si sono succeduti dal 2001 ad oggi hanno finanziato per il 67% delle risorse della Legge obiettivo le infrastrutture stradali, non prevedendo nessun serio intervento economico a sostegno della mobilità sostenibile nelle città, dove vivono, lavorano e respirano la gran parte degli italiani. Ad oggi, l’unica politica messa in campo dal Governo è la rottamazione delle vecchie auto, che scarica sui contribuenti-consumatori i costi di un assai parziale abbattimento delle emissioni inquinanti.”Il primo intervento, veloce e economicamente non impegnativo – ha spiegato Cogliati Dezza – consisterebbe nell’assicurare al trasporto pubblico di superficie una maggiore fluidità estendendo il più possibile la rete di corsie preferenziali, con due risultati immediati quasi a costo zero: la sottrazione di spazio alle automobili e una reale concorrenzialità del bus rispetto alle vetture private. Anche l’adozione di un pedaggio urbano per le aree più congestionate potrebbe, se applicato su aree significative, ridimensionare gli ingorghi, regolare il traffico, migliorare l’efficienza del trasporto pubblico, riducendo le emissioni inquinanti. Si tratta di superare le obiezioni politiche (elettoralistiche in realtà) e di trovare un prezzo di mercato equo per un bene assai scarso, lo spazio urbano, che fino ad oggi è stato “offerto” gratuitamente agli automobilisti” Il traguardo di un livello accettabile della qualità dell’aria è un miraggio e molto lontano dall’essere raggiunto e innumerevoli sono ancora le azioni da intraprendere da parte delle amministrazioni locali e dal governo centrale per garantire ai cittadini italiani che l’aria che respirano non provochi loro danni alla salute. Una denuncia questa che non arriva soltanto dai dati pubblicati nel dossier di Legambiente. A livello giuridico sono sorti problemi importanti. Nel gennaio 2009 è stata avviata una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea nei confronti dell’Italia per l’elevato livello di polveri sottili e per l’insufficienza dei piani di risanamento dell’aria delle Regioni e la mancanza del piano di risanamento nazionale del ministero dell’Ambiente. Il nostro Paese dovrà rientrare nei limiti di qualità entro il 2011, o tutti quanti saremo costretti a pagare l’ennesima multa annunciata. L’Italia ha presentato nel 2008 una richiesta di deroga che è stata parzialmente accolta, mentre una seconda richiesta di deroga compiuto lo scorso anno è stata totalmente bocciata eccetto una sola area al Sud. Ma questo non è l’unico atto ufficiale che riguarda il problema smog in città. Infatti è solo di poche settimane fa la notizia di un avviso di garanzia recapitato al Governatore della Regione Lombardia Roberto Formigoni, al Sindaco del capoluogo lombardo Letizia Moratti e al Presidente della Provincia Guido Podestà. Comunque vada l’inchiesta, sono atti di garanzia che devono far riflettere sul fatto che il superamento dei livelli di guardia del PM10 è, nel nostro Paese, un male diffuso e ricorrente. Amministrazioni locali e Governo centrale continuano a ignorare la necessità di attuare misure e politiche di contrasto serie, nonostante il problema dello smog sia ormai da molto tempo cronico per tante delle nostre città. Non si può più ignorare.Non si deve farlo,è un’emergenza nazionale e va affrontata con decisione e immediatezza usando tutte le armi necessarie perché il rischio certo è che si venga schiacciati dallo smog. Cosa fare allora? La stessa Legambiente ha fornito nel Dossier delle possibili scappatoie e delle soluzioni tangibili e percorribili come ad esempio assicurare al trasporto pubblico di superficie la possibilità di una maggiore fluidità estendendo il più possibile la rete di corsie preferenziali che aiuterebbe a sottrarre spazio alle automobili e metterebbe una reale concorrenzialità del bus rispetto alle vetture private. Crediamo che di fronte a certe problematiche non debbano sussistere divisioni politiche, dal momento che l’obiettivo da perseguire è universale e può migliorare la qualità della vita e dell’aria che respiriamo tutti. Non si può più ignorare tutto questo. Non si deve farlo.


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