Veicoli a fine vita: recuperare il car fluff per allinearsi all’Ue

Presentato lo Studio realizzato dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile, in collaborazione con l’Associazione Riciclatori di Auto, che fa il punto sullo stato dell’arte dei veicoli a fine vita nel nostro Paese, con un focus particolare sulla frazione di scarto derivante dalla frantumazione delle autovetture, che costituisce una quota significativa del peso delle auto.

Convegno Car Fluff

È stato presentato oggi (martedì 12 dicembre 2017) a Roma, presso la Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro (ISMA), Senato della Repubblica, lo Studio “Veicoli a fine vita e recupero del car fluff: stato dell’arte e prospettive“, realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (FoSS), in collaborazione con A.I.R.A. (Associazione Industriale Riciclatori Auto), al fine di esaminare lo stato dell’arte nel nostro Paese e individuare possibili soluzioni.

Nel nostro paese i veicoli fuori uso generano ogni anno circa un milione di tonnellate di rifiuti. La Direttiva 2000/53/CE, recepita con il D.lgs. 209/2003, obbliga gli Stati membri a raggiungere entro il 2015 obiettivi minimi di riciclo e di recupero, ma “Esaminando la situazione italiana, i dati pubblicati da Eurostat mostrano per il 2015 livelli di riciclaggio/recupero stabili rispetto a quelli rilevati nell’ultimo triennio. La percentuale di riciclaggio e reimpiego raggiunge l’84,6% del peso medio del veicolo, quasi in linea con il target dell’85% previsto per il 2015. La situazione peggiora se guardiamo gli obiettivi di recupero totale: i dati attestano una percentuale pari 84,7%. L’Italia risulta decisamente lontana dal target del 95% previsto al 2015“.

Secondo lo Studio, il primo passo da compiere è che l’intera filiera si attenga scrupolosamente alle prescrizioni previste dal D.lgs. 209/2003, durante le varie fasi di trattamento dei veicoli fuori uso: messa in sicurezza, demolizione e frantumazione. Tutte le operazioni attinenti alla messa in sicurezza del veicolo, lo smontaggio delle componenti riutilizzabili, la rimozione degli pneumatici, dei grandi componenti di plastica, dei vetri e del catalizzatore, sono operazioni che vanno necessariamente eseguite presso l’impianto di demolizione e risultano fondamentali per conseguire le performance di legge. 

Lo Studio, oltre ad analizzare il tema della gestione dei veicoli a fine vita nel nostro Paese, punta i riflettori sulla gestione del cosiddetto “car fluff” (Automotive Shredder Residue), la frazione di scarto derivante dalla frantumazione delle autovetture, che costituisce una quota significativa del peso delle auto (fino al 20%) e circa il 90% del peso totale del fluff generato dal processo e che oggi in Italia finisce prevalentemente in discarica, dove è meno costoso lo smaltimento di tale componente piuttosto che in impianti ad hoc. Tra l’altro, i pochi esistenti incontrano difficoltà di accettazione da parte delle comunità locali. Uno sbocco potrebbe essere rappresentato dai cementifici (come avviene in Spagna, Belgio e Scandinavia), tuttavia, anche in questo caso, se alcuni test hanno dimostrato un’ottima performance energetica, dall’altro hanno evidenziato la necessità di ridurre la concentrazione del cloro e di alcuni metalli presenti nel car fluff, che potrebbero rappresentare un problema per il processo e per il prodotto finale (il cemento).

I frantumatori italiani stanno provando a dotarsi di altissime tecnologie basate sulla raffinazione che isola le frazioni leggere e lascia il residuo finale sostanzialmente senza metalli – ha spiegato Emiliano Cerluini, responsabile Salute, Sicurezza e Ambiente del Gruppo Fiori – Una parte del materiale di scarto in uscita da questo impianto è un prodotto con altissimo potere calorifico che potrebbe essere sfruttato per la generazione di energia elettrica“.

Lo Studio ha messo in evidenza anche un altro aspetto: il Legislatore comunitario ha disposto che gli Stati membri provvedano a definire la disciplina interna seguendo un modello basato sulla cosiddetta responsabilità estesa del produttore (EPR).
È necessario partire da questo Studio per affrontare sin da subito questi problemi – ha affermato Mauro Grotto, Presidente AIRA – Infatti, molto probabilmente già a partire dal 2018, il modello di governance della gestione dei veicoli fuori uso dovrà essere aggiornato. Le proposte di riforma oggi in discussione impongono che i regimi EPR debbano rispettare dei criteri minimi in tutti gli Stati membri e dispongono che ad essi debbano adeguarsi anche i produttori di veicoli o loro componenti. AIRA è pronta a farlo e a collaborare con l’intera filiera per raggiungere quegli standard che l’Europa ci impone“.

Foto: fonte AIRA

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