Fiscalità auto: in Italia chi inquina non paga!
Secondo Transport & Environment (T&E), il sistema italiano di tassazione dell’auto è completamente sganciato dalle emissioni di CO2.
Insieme a Bulgaria e Slovacchia, l’Italia rappresenta uno dei tre Paesi europei a non adottare alcuna imposta legata alle emissioni che contribuiscono al cambiamento climatico. Questa discrepanza si traduce in una tassazione sfavorevole per l’ambiente e poco incentivante verso tecnologie più efficienti e moderne.
E’ quanto emerge dalla nuova edizione della Good Tax Guide, un’analisi comparativa che esamina la fiscalità automobilistica in 31 Paesi europei, condotta da Transport & Environment (T&E), l’organizzazione indipendente europea che si occupa della decarbonizzazione dei trasporti.
Alcune componenti del sistema fiscale italiano non distinguono tra veicoli altamente inquinanti e quelli a zero emissioni, andando contro il principio “chi inquina paga”, una leva fondamentale della politica ambientale dell’UE.
Un approfondimento del report di T&E è dedicato alle auto aziendali, che rappresentano il 60% delle nuove immatricolazioni nell’UE. I cinque principali mercati (Germania, Francia, Italia, Spagna e Polonia) da soli coprono il 71% delle vendite di auto aziendali e il 42% delle nuove immatricolazioni totali in Europa.
Il trend europeo per le auto aziendali sono i SUV di grandi dimensioni.
Nel 2024, i grandi SUV a benzina e diesel (segmenti da D a G) rappresenteranno il 10,3% delle immatricolazioni di nuove auto aziendali endotermiche, quasi il doppio della quota del mercato privato (5,5%), mentre la quota dei SUV più pesanti (segmenti da E a G) è stata addirittura quattro volte superiore a quella del segmento privato.
Secondo T&E, la Germania è una sorta di paradiso fiscale per i SUV più inquinanti: più grande è l’auto, maggiore è il vantaggio fiscale, al punto che i veicoli di maggiori dimensioni finiscono per beneficiare di agevolazioni superiori alle imposte effettivamente versate.
La Francia, invece, penalizza molto questi grandi inquinatori ma altri grandi mercati come la Spagna o la Polonia non disincentivano sufficientemente questo tipo di veicoli.
L’Italia si distingue per un divario fiscale medio tra auto elettriche e tradizionali inferiore rispetto ad altre nazioni: considerando un arco temporale di possesso di 4 anni per le auto concesse ai dipendenti come fringe benefit, il risparmio fiscale può arrivare a 14.700 euro, nettamente distante da Paesi come il Portogallo (30.300 euro) o la Slovenia (27.000 euro).
Questo divario è stato influenzato in modo significativo dall’introduzione della nuova tassazione per le auto aziendali dal 1° gennaio 2025, che riduce le agevolazioni per molti veicoli endotermici, aumentando invece quelle per i veicoli ibridi plug-in e ancor di più per quelli elettrici.
Nonostante ciò, restano sostanzialmente immutate altre leve fiscali applicabili alle auto aziendali, come la detraibilità dell’IVA o la deducibilità del costo del veicolo. In questo modo non ci sono differenze fiscali significative tra veicoli inquinanti e veicoli a zero emissioni.
Ad esempio, per un SUV elettrico di segmento C utilizzato come strumento di lavoro aziendale, si risparmiano circa 2.400 euro in 4 anni rispetto allo stesso modello a benzina, una cifra troppo bassa per influire significativamente sulla transizione verso una mobilità più sostenibile.
Sul fronte della penetrazione dell’elettrico in Europa, l’Italia continua a essere tra gli ultimi in classifica, nonostante la crescita della quota di mercato dei veicoli elettrici (BEV) nei canali aziendale e privato nel primo trimestre del 2025, passata al 5,2% dal 2,9% del 2024. In particolare, il segmento aziendale, che rappresenta oltre il 40% delle immatricolazioni e quasi il 60% delle emissioni del settore, immatricola tre volte di più i grandi SUV endotermici e ibridi rispetto ai privati, rallentando così la transizione.
T&E lancia quindi un appello al Governo italiano: riformare subito la fiscalità dell’auto per favorire la diffusione delle tecnologie più efficienti e meno inquinanti.
“In Italia serve una riforma coraggiosa e graduale, che premi chi sceglie tecnologie pulite e penalizzi chi continua a inquinare. – ha dichiarato Esther Marchetti, Clean Transport Advocacy Manager di T&E Italia – La fiscalità è uno degli strumenti più incisivi per orientare le scelte dei consumatori e delle imprese. Prova ne è la recente riforma sulle auto aziendali in uso ai dipendenti, che ha già contribuito ad aumentare la quota di auto elettriche nel mercato aziendale nel primo trimestre del 2025. Ma ci sono ancora ampi spazi di miglioramento: lo sconto fiscale ancora previsto per le auto endotermiche va rivisto e gradualmente eliminato del tutto. È inoltre urgente intervenire sulla tassa di immatricolazione, sulla deducibilità del costo dei veicoli e sull’IVA, strumenti dal grande potenziale per accelerare la transizione”.
Nello specifico, T&E propone le seguenti raccomandazioni per riformare la fiscalità delle auto in Italia in base a parametri emissivi e attraverso un differenziale fiscale significativo che penalizzi i veicoli inquinanti a favore di quelli a basso impatto ambientale e a zero emissioni:
– Rimodulare la “tassa di immatricolazione” in base alle emissioni di CO2 e al costo del veicolo, per garantire una fiscalità più sostenibile ed equa;
– Aggiornare la tassazione delle auto aziendali, adottando le emissioni di CO2 come parametro regolatorio, attraverso la tassazione dei benefit-in-kind, la detraibilità dell’IVA e la deducibilità del costo del veicolo;
– Eliminare esenzioni o riduzioni dal pagamento del bollo per veicoli storici inquinanti.
Di A.M.