Esportazione di ricambi usati: IL CASO NAPOLI

Ancora una volta una normativa non chiara genera interpretazioni contradditorie

Un nuovo fronte di agitazione e perplessità si apre per l’ADA in conseguenza dei containers contenenti ricambi usati destinati all’estero sequestrati a Napoli. Per saperne di più e fare chiarezza sulla vicenda, abbiamo intervistato il Vice Presidente vicario dell’ADA, dott. Alfonso Gifuni. Dott. Gifuni può raccontarci cosa è accaduto a Napoli? A Napoli sono stati sequestrati dei containers che trasportavano pezzi di ricambio usati destinati all’estero constatando un’infrazione che, a nostro avviso, non sussiste. La norma di riferimento, addirittura consiglia di riutilizzare parti dei veicoli trattati attraverso la vendita di ricambi usati. È evidente che se da un veicolo fuori uso si riescono ad ottenere pezzi di ricambio, c’è un immediato recupero di materiale con conseguente risparmio energetico ed anche un’entrata economica significativa nei confronti di chi gestisce una parte della filiera legata alla raccolta e al trattamento dei veicoli a fine vita.

Questo spirito, sancito nella norma, è stato, in effetti messo in discussione dalla dogana di Napoli, in primo luogo, poi anche dalle dogane di altri porti italiani, nel momento in cui si è voluto considerare i pezzi di ricambio rifiuti a tutti gli effetti – perché provenienti da veicoli fuori uso – di cui è severamente vietata l’esportazione. In questo caso non si è voluto tenere in considerazione il lavoro di cernita e messa in sicurezza che viene effettuato dagli Autodemolitori e che permette di recuperare quanto si può effettivamente riutilizzare trasformando, di fatto, pezzi di rifiuti in veri e propri beni. Un’altra delle contestazioni sopravvenute è quella che riguarda il fatto che i pezzi di ricambio dovessero essere venduti a meccanici iscritti al RINA. Abbiamo verificato questa notifica come già fatto in precedenza, nelle sedi competenti le quali, alla nostra interpellanza, ci hanno dato l’interpretazione corretta della norma la quale precisa che quando i ricambi sono destinati al riutilizzo, addirittura sono esonerati da quel tipo di bonifica che ne precluderebbe il riutilizzo stesso. Faccio un esempio: se dovessimo vendere un motore come pezzo di ricambio, in quel caso saremmo esonerati da quegli interventi tecnici (smontaggio delle guarnizioni e quant’altro) che pur bonificando il pezzo, andrebbero a comprometterne il riutilizzo futuro. In questo e in altri casi analoghi, la legge ha specificatamente chiarito, in risposta ai nostri quesiti, che noi possiamo vendere ed esportare il pezzo di ricambio senza doverlo bonificare. Quali conseguenze ci sono state per l’Associazione di cui lei è Vice presidente a seguito di tali accadimenti? Molti nostri Associati sono costantemente alla ricerca di nuovi mercati per la ricambistica ed è chiaro che molti Paesi soprattutto dell’area nord africana ed est europea, richiedono costantemente pezzi di ricambio per autoveicoli che in Italia non circolano più e che quindi qui sarebbero destinati alla rottamazione. Credo sia corretto pensa- re di espandere la propria attività commerciale e, nel momento in cui si blocca o si complica questo tentativo di export si determina un risentimento abbastanza significativo all’interno delle nostre aziende dal momento che la domanda interna di pezzi di ricambio si è ridotta fortemente in funzione dell’aggiornamento continuo del parco macchine favorito da sistemi di incentivazione alla rottamazione. La nostra Associazione, l’ADA, è ovviamente a carattere sindacale e non può preoccuparsi di questioni commercia- li, per questo è stata creata appositamente una Società di servizi, Area Ambiente, a partecipazione 100% ADA che, fra i suoi compiti ha anche la ricerca di nuovi sbocchi di mercato per i prodotti che escono dai nostri centri di raccolta e trattamento dei veicoli a fine vita. È proprio questa Società che ha il compito di individuare quei Paesi in grado di assorbire l’offerta di ricambistica usata. Per noi sarebbe una grave perdita se questa linea di condotta di alcune dogane, peraltro in contrasto con la normativa vi- gente, dovesse diffondersi su tutto il territorio nazionale. Quali strumenti ha messo in campo l’ADA a tutela dei propri Associati? In primo luogo, con i vertici dell’Associazione, siamo andati a confrontarci con le Istituzioni che hanno agito nei porti: le varie Dogane, i comandi della Guardia di Finanza, i vari nuclei dei NOE e l’ARPAC chiamata in causa, per verificare la definizione di rifiuto e la configurazione eventuale dei pezzi di ricambio come rifiuto. Devo dire che dal confronto diretto che c’è stato nelle varie sedi sembrava che la questione fosse chiarita, infatti l’unica contestazione rimasta in piedi riguarda il fatto che questi pezzi di ricambio siccome sono esonerati dall’obbligo di bonifica devono essere confezionati in modo da impedire la fuoriuscita di qualsivoglia sostanza inquinante durante la fase di trasporto. Ci sono state, però, delle denunce penali a carico di alcuni demolitori, Associati e non, con conseguente nomina di avvocati incaricati di seguire le varie procedure. Come ADA abbiamo incaricato l’avvocato dell’Associazione di svolgere un’indagine da inviare ai vari organismi che hanno deliberato in questa materia per ottenere un’interpretazione corretta della norma che non fosse solo conseguenza di incontri informali fra la nostra Associazione e i vari Ministeri, ma un vero e proprio “atto di governo” da poter opporre a quella magistratura a cui è passata la competenza dal momento che ci sono state denunce e sono partiti avvisi di garanzia. In linea di massima ci sembra di capire che la magistratura non sia intenzionata a confermare questo stato delle cose; del resto la contraddizione è lampante: c’è una norma che sostiene che i ricambi possono essere considerati beni e come tali sono commercializzabili nel pieno rispetto delle norme a tutela dell’ambiente e, d’altra parte c’è un atteggiamento che sostiene il contrario. Ci auguriamo che le iniziative che abbiamo messo in campo e il lavoro del legale che abbiamo incaricato servano a risolvere positivamente la vicenda.


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