Inquinamento atmosferico e mobilità: troppe auto per gli italiani

I dati sul sentiment emergono da un sondaggio Ipsos-Legambiente nell’ambito del Dossier Mal’Aria 2021– Edizione speciale che, tra l’altro, snocciola dati preoccupanti sugli sforamenti delle città italiane e sui costi delle procedure di infrazione per l’inquinamento atmosferico.

Quello fra gli italiani e le loro auto è un rapporto complesso e non privo di ombre.
Nel nostro Paese circolano molte auto in rapporto alla popolazione e la gran parte di queste sono eccessivamente vecchie, così come decisamente alta è l’età media dei mezzi adibiti al trasporto pubblico locale e al trasporto delle merci. Ma qualcosa sta cambiando, da tempo.

La percezione che un eccesso dei mezzi circolanti costituisca un serio problema per la qualità dell’aria, della salute e della vita degli abitanti dei centri urbani (maggiore inquinamento, maggiori tempi di percorrenza negli spostamenti casa-lavoro, maggiori probabilità di incidenti, più alti costi di mantenimento del mezzo), era già manifesta prima che la pandemia inducesse al blocco degli spostamenti nei periodi più forti delle chiusure; così come, prima del 2020, si era assistito ad un aumento delle utenze per quanto riguarda i servizi di trasporto in condivisione (sharing) a quattro e a due ruote.

Nonostante ciò il nostro Paese “vanta” tre procedure di infrazione comminate dalla Commissione Europea per l’inquinamento atmosferico (di cui i trasporti costituiscono una fonte importante, sebbene, certamente, non l’unica), l’ultima delle quali, per il superamento continuativo dei limiti di PM10 negli anni che vanno dal 2008 al 2017, potrebbe costare all’Italia una cifra compresa tra 1,5 e 2,3 miliardi di euro (senza dimenticare le procedure di infrazione e le multe relativo per il superamento dei limiti di PM 2,5 e ossidi di azoto (NOx).

Ora, nell’ambito della presentazione del Dossier Mal’Aria 2021 – Edizione speciale di Legambiente, l’Associazione del Cigno Verde ha diramato anche le risultanze di un sondaggio realizzato in collaborazione con Ipsos PA condotto su un campione di circa 1.000 italiani di età compresa fra i 18 e i 75 anni, intervistati nei giorni dal 31 agosto al 2 settembre 2021 nell’ambito della campagna Clean Cities, iniziativa europea promossa da Transport & Environment (T&E) e da European Climate Foundation (ECF), volta a costruire una forte coalizione di organizzazioni locali, ambientali, sanitarie e della società civile in diverse città europee, per accelerare la graduale eliminazione dei veicoli inquinanti a combustione in Europa, sostenendo la mobilità attiva, elettrica e condivisa per un futuro urbano più vivibile e sostenibile.

Il sondaggio aveva lo scopo di “fotografare” proprio il livello di consapevolezza degli italiani sulle condanne del nostro Paese per inadempienza alle misure antismog richieste dalla Commissione Europea, ma la dice anche lunga sul sentiment degli italiani rispetto alle quattro ruote.

Ebbene, secondo quanto comunicato da Legambiente, solo il 27,5% del campione intervistato è a conoscenza della condanna da parte della Corte di Giustizia Europea per eccessivo inquinamento, e una grande maggioranza (77%), pensa che la sanzione sia stata meritata.
Tra i 18 e i 30 anni, ossia, l’85,8% della popolazione intervistata, è forte la convinzione che tale condanna sia stata meritata perché “si sarebbe potuto fare di più”.

Le responsabilità di tali inadempienze ricadono, per gli italiani, sul Governo (per l’80% degli intervistati); sui presidenti di regione (per il 70%), sui sindaci (per il 21,5%), mentre il 29% ammette che l’inquinamento atmosferico sia una conseguenza dei comportamenti diffusi.
A livello di percezione il 63% del target intervistato ritiene che il traffico sia responsabile di “quasi metà dell’inquinamento” cittadino, e che nelle città italiane circolino troppe auto.

Tra le soluzioni individuate l’aumento del trasporto pubblico con mezzi elettrici (misura più urgente per il 68% degli intervistati), seguita dall’incremento delle superfici verdi e alberate (soluzione che arriva al 50% delle priorità), mentre, soprattutto i più giovani propendono per una estensione dei percorsi pedonali (20%) e la realizzazione di spazi per il parcheggio di bici e monopattini che dovrebbe garantire un loro maggiore utilizzo nelle aree urbane.

Nel frattempo, si legge nel dossier, già all’inizio di questo mese sono 11 le città italiane che hanno sforato, con almeno una centralina di rilevamento, il limite previsto per le polveri sottili, ossia la soglia dei 35 giorni nell’anno solare con una media di PM10 giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo.

Verona e Venezia (41 sforamenti) stanno al vertice della top list, seguite da Vicenza (40 sforamenti), Avellino e Brescia (39), Cremona e Treviso (38), Alessandria, Frosinone e Napoli (37), Modena (36). Ma la lista rischia di allungarsi visto che Padova e Rovigo hanno registrato 35 giorni di sforamento al 6 settembre 2021, mentre la città di Torino ne ha contati 34.
E a pochi passi dalla soglia critica anche Asti (33), Lodi e Reggio Emilia (32), Bergamo e Caserta (31) e Parma (30). Tutte città, queste che, inevitabilmente supereranno i limiti nel corso dell’autunno e dell’inverno prossimi.

Ora, scrivono da Legambiente, l’adozione di misure antismog già da questo mese: “potrebbe essere l’unico modo per evitare il superamento dei limiti giornalieri di polveri sottili durante l’autunno e l’inverno prossimi. Inoltre, la riduzione costante e progressiva degli inquinanti dovrà portare al loro dimezzamento (-55%) entro il prossimo decennio, in accordo con il Piano d’azione europeo Verso l’inquinamento zero”.

Ma lo stato dell’arte sembra cozzare contro un reiterato immobilismo da parte dei decisori nazionali, regionali e locali tanto più che, come ha dichiarato Andrea Poggio, responsabile mobilità sostenibile di Legambiente: “Il blocco stagionale delle auto più inquinanti, i diesel euro4, era previsto il 1° ottobre 2020 e prorogato con la scusa del Covid-19. Al momento Lombardia, Piemonte e Veneto sembrano intenzionate a bloccarli. Per di più, siamo l’unico Paese dell’arco alpino che non limita la velocità sulle strade e le autostrade per inquinamento, ma Stato e Regioni sono tempestivi a distribuire incentivi per le stufe a legna inquinanti o per le auto a combustibili fossili, che inevitabilmente peggiorano la qualità dell’aria delle nostre città”.

Abbiamo scritto al Commissario europeo all’Ambiente per esprimere la nostra preoccupazione circa l’inefficacia e i ritardi delle politiche italiane nel miglioramento della qualità dell’aria, sottoponendogli i risultati emersi dal report Mal’Aria e chiedendogli di sollecitare le nostre istituzioni ad agire prima della definizione della multa europea – ha sottolineato in sede di presentazione del Dossier, Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente.

Al contempo, siamo intenzionati anche attraverso la nostra campagna #LiberiDaiVeleni a batterci città per città, perché i ministri del Governo e i presidenti di Regione applichino finalmente le leggi e le ordinanze promesse all’Europa per riportare l’inquinamento, già questo inverno, nei limiti previsti dalle Direttiva del 2008 e del 2014. Anche perché i valori limiti dal prossimo anno saranno dimezzati e non vogliamo che le nostre città rimangano inquinate oltre la soglia massima per un altro decennio. Inquinati e per giunta multati. L’inquinamento atmosferico deve essere affrontato in maniera trasversale e integrata con azioni efficaci, incisive e durature per poter cominciare a invertire la rotta”.

Mobilità e riscaldamento domestico (accanto all’attività agricola e all’inquinamento industriale), sono i due settori che incidono maggiormente sulla qualità e la salubrità dell’aria negli ambienti urbani e per la nota Associazione ambientalista servono insieme sia provvedimenti urgenti che riforme e opere strutturali per addivenire all’obiettivo della transizione ecologica.

Sul tema della mobilità, scrive Legambiente: “va limitata la circolazione dei veicoli più inquinanti; i bonus e gli incentivi rottamazione all’acquisto di auto a combustione e introdotti limiti di velocità per inquinamento su strade e autostrade”.

Il tempo corre veloce, e non sarebbe giusto che i costi dell’immobilismo del Paese vadano a ricadere su tutti.

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