Qualità dell’aria in Italia 2022; decrescono tendenzialmente gli inquinanti atmosferici.
Sostanziale stabilità per PM10 e PM2,5, diminuisce ma non in maniera omogenea il biossido di azoto, mentre l’ozono, soprattutto in estate e con il caldo, continua ad essere un problema.
La qualità dell’aria in Italia continua a migliorare da dieci anni a questa parte, anche se superamenti dei limiti degli inquinanti atmosferici ci sono e, in definitiva, per il 2022 è risultato stabile il livello del particolato atmosferico (PM 10 e PM 2,5), è diminuito il biossido di azoto; aumentati, invece, i picchi di ozono, soprattutto nei mesi estivi.
Lo ha reso noto il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente – SNPA – che ha pubblicato i dati relativi alla Qualità dell’aria in Italia nel 2022 riassumendo i valori raccolti dalla rete di rilevamento che conta oltre 600 stazioni di misurazione sul territorio nazionale.
Ebbene, lo scorso anno i valori limite annuali del PM10 (40 µg/m³) e del PM2,5 (25 µg/m³) sono stati rispettati su tutto il territorio nazionale (rispettivamente nel 99,6% e 98,7% dei punti di misura), con pochissime localizzate eccezioni.
Nell’80% delle stazioni è risultato a norma anche il valore limite giornaliero del PM10 (50 µg/m³ per la media giornaliera da non superare per più di 35 giorni in un anno).
Tuttavia a ben guardare, superamenti diffusi sono stati rilevati in molte zone del Paese: il bacino padano risulta particolarmente interessato dal problema ,ma anche gli agglomerati di Roma e Napoli-Caserta, la zona della Valle del Sacco (in provincia di Frosinone), la zona della Piana Lucchese e della pianura Venafrana (in provincia di Isernia), in Puglia, in provincia di Brindisi e nella zona Aree Industriali in Sicilia.
Il valore-limite annuale del biossido di azoto è stato rispettato nel 97,5% delle stazioni di monitoraggio; anche in questo caso, però, superamenti ci sono stati in un numero limitato di stazioni localizzate in grandi aree urbane in prossimità di importanti arterie stradali come nei casi di: Torino, Milano, Bergamo, Genova, Firenze, Napoli, Catania e Palermo.
Viceversa il valore-limite orario per questo tipo di inquinante atmosferico, è stato rispettato ovunque.
Altra storia per quanto riguarda il livello di concentrazione di ozono previsto dalle norme che continua quasi ovunque, in Italia, a non essere rispettato; solo l’11,3% delle stazioni rispetta l’obiettivo a lungo termine, pari a 120 µg/m³ come valore più alto della media mobile giornaliera su otto ore.
Inoltre, le particolari condizioni meteorologiche estive dello scorso anno caratterizzate da condizioni di caldo estremo e assenza di precipitazioni hanno determinato diffusi superamenti della soglia di informazione (180 µg/m³ per la media oraria) prevista a tutela della popolazione dall’esposizione acuta. Anche dal punto di vista tendenziale, sul lungo periodo, la situazione dei livelli di ozono è risultata essere piuttosto stazionaria.
Come già detto in apertura di questo articolo, la valutazione del SNPA sull’andamento tendenziale degli inquinanti atmosferici evidenzia una sostanziale stabilità del particolato atmosferico fino e ultrafino registrata lo scorso anno, in rapporto alle ai valori osservati negli ultimi 3-4 anni.
Le medie più alte registrate in alcuni casi a inizio 2022, spiegano i ricercatori, sono da riferirsi al caldo anomalo che ha caratterizzato il primo trimestre dello scorso anno e che ha portato sull’Italia non solo temperature oltre la media stagionale, ma anche assenza di precipitazioni e venti quasi assenti.
Estendendo il confronto con l’intero decennio precedente si è potuta osservare una “riduzione marcata e progressiva per il biossido di azoto, estesa alla maggior parte delle stazioni, e una riduzione significativa del PM10 e del PM2,5 nella maggioranza dei punti di misura”.
Vale la pena ricordare che traffico stradale e riscaldamento domestico sono le principali fonti di inquinamento atmosferico alla base delle violazioni degli standard di qualità dell’aria nelle aree urbane e suburbane d’Europa e che l’inquinamento atmosferico continua a causare un onere significativo in termini di decessi prematuri e patologie diverse nella popolazione europea.
In particolare nell’UE sono stati più di 300.000 i decessi prematuri collegati all’esposizione al particolato fine nel 2019; 40.400 morti premature sono state attribuite all’esposizione cronica al biossido di azoto; e 16.800 morti premature sono state attribuite all’esposizione acuta all’ozono(dati Agenzia Europea dell’Ambiente: Stato sulla qualità dell’aria 2021).
Il processo di miglioramento della qualità dell’aria in Italia, dunque, procede, ma a piccoli passi, come confermato anche dall’ultimo rapporto Mal’Aria di città 2023 di Legambiente, mentre si avvicina l’obiettivo Ue del 2030 allorquando, in maggior aderenza alle Linee Guida OMS si dovrebbe arrivare a ridurre di oltre la metà il valore limite annuale del particolato fine (PM2.5).