EV, batterie e minerali critici: quanto sono preparate le Case automobilistiche?

Uno Studio di Transport & Environment analizza e confronta le performance dei produttori europei con quelle dei maggiori competitor USA e Cina sui temi della produzione di batterie e approvvigionamento sostenibile e responsabile dei minerali critici necessari.

 

Mentre la COP 28 – Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici si è chiusa con l’approvazione del Global Stocktake, il primo accordo sul clima che chiede l’abbandono graduale dei combustibili fossili entro il 2050, puntuale torna sul tavolo la questione della transizione elettrica nei trasporti.

Già, perché, se da un lato il futuro della diffusione di EV è già tracciato; dall’altro occorre considerare che molte questioni problematiche non sono ancora del tutto risolte, come: la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (senza la quale non avrebbe senso il passaggio all’elettrico), la diffusione capillare di punti di ricarica ultraveloci e, non da ultimo, la questione spinosa del prezzo di questi veicoli, così come la gestione del loro fine vita.

Ma c’è ancora un’altra questione, a monte, che tiene banco fra gli analisti e gli esperti del settore, perché una produzione massiccia di veicoli elettrici impone una analoga produzione di batterie su larga scala e per fare questo occorrono minerali critici strategici la cui estrazione e commercio dovrebbero seguire catene del valore altrettanto sostenibili.

Senza contare che pesa parecchio il fatto che l’approvvigionamento di tali minerali è, ancora oggi, quasi tutto concentrato in Asia.

Ora, l’Europa è il secondo mercato mondiale di auto elettriche dopo la Cina e già da tempo parecchi produttori locali hanno pianificano di elettrificare completamente le proprie vendite nella regione entro il 2030; ma a che punto sono nella trasformazione della catena del valore dei veicoli elettrici rispetto ai competitor stranieri?

Se lo chiesto Transport & Environment, la principale ONG europea che si batte per la sostenibilità nei trasporti e che ha prodotto, all’inizio di questo mese, lo studio: “Pedal to the metal. How prepared are European carmakers for EV value chain transformation?” (disponibile in inglese qui) che analizza le strategie dei produttori europei relativamente alle batterie e alle materie prime fino al 2030 e le confronta con quelle di attori globali come Tesla e il colosso cinese BYD, offrendo, infine, alcune raccomandazioni-chiave.

I principali risultati
Nonostante sulle batterie siano stati fatti passi avanti, nel 2023 le Case automobilistiche europee hanno fatto passi indietro nel garantirsi i minerali critici necessari alle batterie per raggiungere i loro obiettivi di elettrificazione del 2030. Dall’analisi dei contratti resi pubblici è stata garantita meno di 1/5 della domanda stimata di cobalto, litio e nichel. Solo 6 Sei case automobilistiche – VW, Ford, Renault, Stellantis, BYD e Tesla – hanno contratti a lungo termine per ciascuno dei metalli o una strategia di sostituzione.

Non tutte le Case automobilistiche hanno lo stesso livello di preparazione; se Tesla guida la classifica generale e BYD è in testa per quanto concerne la parte relativa alla fornitura di minerali, VW è l’unica casa automobilistica legacy a ottenere un punteggio superiore a 70 punti (su 100). Ford e Stellantis sono relativamente ben preparati, con un punteggio superiore a 60 punti ciascuno. Ma la maggior parte dei costruttori ha ottenuto meno di 50 punti.

Sul punto della resilienza dei produttori automobilistici europei rispetto all’approvvigionamento dei minerali critici e relativa autonomia strategica per l’Europa VW, Stellantis e Mercedes-Benz sono le società maggiormente coinvolte nella catena di fornitura delle batterie dell’UE, mentre i concorrenti internazionali Tesla, Toyota, Ford e Hyundai-Kia non supportano l’ecosistema industriale dell’UE. Quattro case automobilistiche – Mercedes, Renault, Stellantis e VW – sono direttamente coinvolte con fornitori europei di materiali lavorati o componenti di batterie.

Invece, dal punto di vista della sostenibilità delle pratiche di approvvigionamento delle case automobilistiche (fondamentale per la resilienza a lungo termine e l’accettazione da parte dei consumatori), le case automobilistiche europee hanno un chiaro vantaggio qui con i tre marchi tedeschi che hanno ottenuto i punteggi più alti, mentre BYD ha ottenuto zero.

Luci e ombre, dunque, ed è chiaro che i produttori di automobili hanno ancora molta strada da fare per assicurarsi le materie prime per le batterie.

Se, in Europa, affermano da T&E, le normative sulla riduzione della CO2 allo scarico hanno spinto su produzione, vendita e ricarica veicoli elettrici a batteria (in termini generali, perché poi, tra l’altro, non tutti i mercati Ue hanno gli stessi numeri), il gap più alto è proprio nel garantire i minerali critici e i metalli necessari per costruire tutte quelle auto elettriche e le relative batterie, e nel farlo in modo responsabile.

È quindi, di vitale importanza, il ruolo che i produttori europei di autoveicoli vorranno assumere per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e per fare questo dovranno sempre più adottare diverse strategie per proteggere le materie prime e coadiuvare l’Europa nella fornitura di minerali critici onshore soprattutto attraverso il supporto alle fabbriche locali di raffinazione e di componenti per batterie, attraverso l’integrazione verticale (ad esempio il riciclaggio interno) o investendo in start-up, così come investendo nell’efficienza delle risorse e nell’innovazione.

Il rischio, altrimenti, vista la concorrenza spietata degli attori asiatici e americani, è quello di perdere quote di mercato nel Vecchio continente così come veder diminuire la loro posizione sui mercati globali.

Per evitare questo lo Studio di T&E propone alcune raccomandazioni:

– I decisori politici dovrebbero fissare l’eliminazione graduale dei motori a combustione entro il 2035 per garantire la certezza degli investimenti nella catena di fornitura degli EV e muoversi per attuare gli obiettivi di onshoring recentemente concordati sia con la legge sullo zero netto che sulle materie prime critiche.

– Le politiche industriali e fiscali sia a livello europeo che nazionale dovrebbero incoraggiare un più rapido incremento della produzione di batterie ed EV in Europa. I programmi di sovvenzione e sostegno per i veicoli elettrici dovrebbero premiare la produzione locale, i modelli compatti e le tecnologie pulite e innovative.

– Le case automobilistiche europee dovrebbero accelerare il loro coinvolgimento nelle catene di fornitura delle batterie midstream e upstream, investire nella chimica e nell’efficienza delle batterie leggere. Dovrebbero impegnarsi in sforzi globali, ad esempio i partenariati strategici dell’UE con i paesi ricchi di risorse e il partenariato per la sicurezza dei minerali per sostenere progetti minerari con prelievo dall’UE.

– Le norme sulla sostenibilità dei prodotti, come il regolamento UE sulle batterie, devono essere rapidamente implementate per accelerare la produzione sostenibile di celle di batterie in Europa. Dovrebbero essere garantiti standard sociali e ambientali più elevati all’interno delle catene di approvvigionamento minerario attraverso un accordo ambizioso sulla direttiva sulla due diligence sulla sostenibilità aziendale (CSDDD) e un’adozione più rapida dei migliori standard globali (come l’IRMA).

– L’UE deve sviluppare una politica industriale verde globale incentrata su solide normative in materia di sostenibilità, autorizzazioni semplificate, strategie commerciali intelligenti e finanziamenti adeguati a livello UE per espandere la produzione a livello locale della catena di approvvigionamento midstream e upstream. La priorità dovrebbe essere data alla lavorazione dei minerali, in particolare ai catodi, agli anodi e ai precursori.

 

Foto di Antonio López da Pixabay

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