Marzo in ripresa per il mercato auto italiano che registra +6,2%
Torna, dopo sette mesi il segno positivo sulla performance nazionale del mercato auto, ma le criticità nel settore sono ancora molte e la distanza col 2019 è ancora tanta.
Diffusi a inizio mese, dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, i dati relativi al mercato auto nazionale di marzo: 172.223 immatricolazioni di autovetture, contro le 162.140 prime iscrizioni registrate nello stesso mese 2024, pari ad un aumento del 6,22%.
Anche i trasferimenti di proprietà hanno registrato una crescita: +6,4% pari a 512.698 pratiche contro i 481.531 passaggi registrati a marzo 2024.
Il volume globale delle vendite mensili, pari a 684.921, ha interessato solo per il 25,14% vetture nuove; mentre la gran parte delle vendite, il 74,86%, ha riguardato auto usate.
L’inversione di tendenza del mercato auto nazionale, dopo un bimestre in negativo (ma in effetti le contrazioni andavano avanti da sette mesi) è stata salutata con sollievo dagli operatori, anche se le performance nazionali continuano ad essere molto distanti da quelle che hanno caratterizzato il settore nel periodo pre pandemia. In questo caso il confronto è impietoso: -17,5%.
Il fatto è che sul calo sistematico delle vendite pesano diversi fattori.
I costi, per i produttori, della transizione green (che si riflettono sui consumatori), così come gli obiettivi di riduzione delle emissioni allo scarico e le multe per il mancato rispetto degli stessi.
A questo proposito, ricordiamo che proprio lo stesso giorno in cui sono stati diramati i dati relativi al mercato auto nazionale, la Commissione Ue ha proposto ai colegislatori un emendamento che modifica il regolamento (UE) 2019/631 per includere un’ulteriore flessibilità per quanto riguarda il calcolo della conformità dei costruttori agli standard di prestazione in materia di emissioni di CO2 per le autovetture e furgoni nuovi per gli anni solari dal 2025 al 2027, proprio per salvaguardare l’industria automobilistica europea senza derogare troppo dagli obiettivi di decarbonizzazione dei trasporti.
Fra gli altri fattori di freno, la riforma della fiscalità per le auto aziendali; le forti disparità fra territori nella rete di ricarica per i veicoli elettrici e la mancanza di una strategia organica e a lungo periodo per quando concerne le forme di incentivazione all’acquisto e allo svecchiamento del parco auto circolante.
Dulcis in fundo (si fa per dire), il caos e l’incertezza che conseguenti ai dazi imposti dall’amministrazione Trump e che avranno ricadute molto pesanti proprio sull’industria automobilistica europea e sui consumi in generale, dinamica da cui il nostro Paese non sarà escluso.
Non a caso gli operatori commerciali sono più che prudenti nelle loro proiezioni. Dall’inchiesta congiunturale mensile sui concessionari condotta nei giorni scorsi dal Centro Studi Promotor emerge un sentiment di forte criticità.
Se per il 39% dei concessionari interpellati l’affluenza nelle show room è stata bassa, nei prossimi mesi per il 74% degli interpellati le vendite si manterranno stabili sui bassi livelli attuali e per il 16% la situazione potrebbe addirittura peggiorare.
Non solo, se si guarda al cumulato del primo trimestre 2025 (443.906 nuove immatricolazioni con una contrazione dell’1,6% sul primo trimestre 2024 allorquando erano state immatricolate 451.320 unità) e lo si proietta sull’intero anno, anche tenendo conto della fluttuazione stagionale delle vendite, sempre secondo il CSP si ottiene una stima di 1.436.818 immatricolazioni nell’intero 2025: -7,8% sul 2024 e -25% sui livelli ante-crisi.
“Il settore automotive ha bisogno con urgenza di un quadro normativo chiaro da parte dell’Unione Europea, indispensabile per definire le strategie di investimento e garantire la competitività delle aziende”, aveva dichiarato Michele Crisci, Presidente UNRAE il 1° aprile, proseguendo: “Dopo le fumate grigie della scorsa settimana, oggi la Commissione Europea ha finalmente presentato l’emendamento al Regolamento sulle emissioni di CO2, annunciato già lo scorso 5 marzo. Questo intervento, se approvato dal Consiglio e dal Parlamento UE, introdurrà un meccanismo di conformità basato sulla media triennale delle emissioni di CO2, con l’obbligo di compensare eventuali scostamenti di un anno in quelli successivi”.
Sul fronte delle proposte per superare le crisi le associazioni di categoria sono piuttosto concordi. “Abbiamo chiesto al Ministro Urso – ha dichiarato Crisci – di promuovere un Tavolo interministeriale per affrontare con la massima urgenza la revisione della fiscalità delle auto aziendali, partendo dal trattamento penalizzante per le imprese in termini di detraibilità, deducibilità e ammortamento, ma considerando anche le recenti modifiche al fringe benefit, che contraddicono il principio di neutralità tecnologica e rischiano di creare impatti negativi sul mercato”.
La strada proposta da Roberto Vavassori, Presidente di ANFIA è chiara: “A livello di mercato proponiamo un piano di portata pan-europea e di durata decennale che abbia l’obiettivo di decarbonizzare la mobilità in maniera assai più consistente di qualsiasi provvedimento oggi in discussione, anche quelli al 2035… Incentivare il ricambio del parco circolante europeo, e quindi anche quello italiano, mediante aiuti finanziari e fiscali ben congegnati sostenendo i prodotti e la componentistica Made in Europe ecocompatibili è per noi la via maestra per coniugare concretamente la responsabilità ambientale con quella industriale, mantenendo occupazione di alta qualità e rispondendo con i fatti ai blocchi commerciali che provengono da diversi Paesi”.
Dal punto di vista delle diverse alimentazioni, lo scorso mese le auto a benzina e diesel hanno ceduto quote di mercato confermando il trend in discesa. Le ibride, sia full che mild hanno registrato aumenti di quota arrivando a rappresentare oltre il 45% del mercato.
Anche le vetture elettriche a batteria hanno guadagnato in termini di share, anche se la quota rimane ancora piuttosto bassa, così come per le plug-in hybrid.
Di A. P.