Pacchetto auto Ue: salverà l’industria automobilistica europea?

Secondo Transport & Environment l’inversione di marcia sullo stop ai motori endotermici al 2035 non solo non porterà benefici ai produttori e all’industria delle auto nel suo insieme, ma distoglierà anche le risorse necessarie allo sviluppo degli EV, con tutto vantaggio dei competitor asiatici.

Il tanto sospirato “via libera” ai motori endotermici anche dopo il 2023, così come richiesto a gran voce dai produttori automobilistici e da molti Paesi membri e così come proposto l’altro ieri dalla Commissione Ue nel Pacchetto auto servirà a salvare l’industria automotive europea dalla sua crisi più forte degli ultimi decenni?

Secondo Transport & Environment, no perché, da un lato lancia un segnale di decisa ambiguità tanto all’industria oggetto delle proposte di “pragmatismo e flessibilità”, quanto ai consumatori europei.

Dall’altro, rischia di trasformarsi in un boomerang contro il settore automobilistico stesso che si vorrebbe sostenere, perché, mantenendo uno status quo, i costruttori sarebbero quasi indotti a distogliere risorse essenziali allo sviluppo di nuovi veicoli elettrici.

Una dinamica, questa, particolarmente nociva, dal momento che andrebbe ad avvantaggiare i competitor cinesi e asiatici, peraltro già alla conquista del mercato auto green europeo.

Le questioni, in effetti, sono un po’ più complicate e la principale Ong europea per la decarbonizzazione dei trasporti ha analizzato e “smontato” gli assi principali del Pacchetto auto della Commissione.

Obiettivi di riduzione delle emissioni di CO₂ per le auto
La proposta della Commissione riduce dal 100% al 90% l’obiettivo di abbattimento delle emissioni dei veicoli nuovi al 2035 per i produttori. Questo si traduce nella possibilità di continuare a vendere dopo quella data i veicoli a combustione interna che, però, risultano maggiormente emissivi.

D’altro canto questo significherebbe ridurre la vendita di veicoli elettrici fino al 25% in meno rispetto al target attuale (tenendo conto dell’impatto dei crediti per l’acciaio verde, dei carburanti alternativi e dei super crediti per le piccole BEV).


Per addivenire a questa congettura, T&E ha ipotizzato lo scenario peggiore, ossia quello in cui le case automobilistiche si dovessero concentrare maggiormente sui PHEV (inclusi i range extender, EREV) che raggiungeranno in media 46 gCO₂/km entro il 2035, coerentemente con un aggiornamento della correzione prevista nel 2027 del fattore di utilizzo dei PHEV (cioè, la percentuale di km percorsi in modalità elettrica rispetto al totale).

Calcoli effettuati in precedenza dalla Ong presumevano che fattori di utilizzo più deboli avrebbero portato a emissioni ufficiali di PHEV inferiori e quindi a vendite di PHEV più elevate.

T&E è conscia del fatto che la flessibilità proposta dalla Commissione Ue sugli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 è condizionata dall’utilizzo, da parte dei costruttori, di acciaio a basse emissioni di carbonio prodotto nell’Unione o dal “credito” derivante dall’impiego di carburanti elettronici e biocarburanti.

Tuttavia, secondo la Ong: “l’introduzione di crediti sui carburanti consentirebbe alle case automobilistiche di ridurre la vendita di veicoli elettrici a fronte di una ipotetica diminuzione delle emissioni che, di fatto, non si realizzerebbe”.
Non solo, sui biocarburanti pesa la scure della dipendenza europea dalle importazioni di oli da cucina usati e grassi animali, spesso esposte al rischio di frodi.

Decarbonizzazione delle flotte aziendali
Se, da un lato, la proposta europea di fissare obiettivi obbligatori a livello degli Stati membri per incentivare la diffusione dei veicoli a zero e a basse emissioni nelle flotte aziendali è stata accolta con favore, T&E, specifica, però, che: “questi obiettivi non sono sufficientemente ambiziosi per guidare una rapida diffusione dell’elettrico in un settore che dovrebbe trainare gli sforzi di decarbonizzazione in Europa”.

Se i veicoli elettrici ibridi plug-in sono conteggiati fra gli obiettivi di cui sopra, va considerato che questi ultimi – ricorda T&E – hanno emissioni di CO₂ molto più elevate di quanto sostengono le case automobilistiche.

Non solo, la loro diffusione nelle flotte aziendali, dove i conducenti con carte carburante hanno meno incentivi a ricaricare, è doppiamente problematica, senza contare che ai fini del target fissato dal Pacchetto, i veicoli elettrici delle flotte aziendali dovrebbero essere “made in Ue”, secondo requisiti che saranno definititi in seguito.

Infine, la mancanza nel Pacchetto di obiettivi di elettrificazione specifici per i veicoli commerciali pesanti rappresenta un’occasione mancata per supportare i produttori dell’UE nell’accelerare la produzione di camion a zero emissioni.

Veicoli elettrici di piccole dimensioni
La proposta della Commissione di introdurre un meccanismo di “super crediti” per le piccole auto elettriche a prezzi accessibili prodotte nell’Unione europea al fine di incentivare la maggior penetrazione nel mercato europeo di modelli elettrici più piccoli, secondo T&E, potrebbe rivelarsi una paradossale riduzione del numero totale di auto elettriche vendute.

Questo perché i “super crediti” consentirebbero a ogni piccola auto elettrica venduta di valere come 1,3 auto a zero emissioni nel conteggio degli obiettivi di CO₂ di un produttore, diminuendo di conseguenza il numero complessivo di veicoli elettrici che le case auto sarebbero tenute a commercializzare.

Rafforzamento dell’industria europea delle batterie
Secondo T&E la strategia Battery Booster non riesce a garantire nuovi finanziamenti a sostegno dell’industria europea delle batterie dal momento che si limita a riciclare i fondi già annunciati nell’ambito del Fondo per l’Innovazione.

L’elettrificazione delle flotte aziendali rappresenta la politica più semplice e attuabile per sostenere la transizione, ed è positivo vedere la Commissione muoversi in questa direzione”, ha dichiarato William Todts, Direttore esecutivo di T&E.
Ma dovremmo puntare ad una decarbonizzazione completa delle grandi flotte, quindi a una piena elettrificazione, specie in un contesto di mercato sostenuto da decine di miliardi di sgravi fiscali, finanziati con fondi pubblici”.
La Commissione ha optato per la complessità a scapito della chiarezza – ha proseguito – Ogni euro speso per gli ibridi plug-in è un euro sottratto agli investimenti nei veicoli elettrici, proprio mentre la Cina accelera. Aggrapparsi ai motori endotermici – ha concluso – non farà tornare grandi le case automobilistiche europee”.

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