Qualità dell’aria: ultimo avvertimento dall’UE per l’Italia

Livelli di particolato atmosferico ancora troppo alti: il Belpaese ha due mesi di tempo per adottare misure contro le PM10 a tutela della salute pubblica prima che scatti il deferimento alla Corte di Giustizia Ue.

emissioni PM 10

Mentre il mese di aprile volge alla sua naturale conclusione, quest’oggi, la Commissione Europea ha diramato la comunicazione circa le decisioni sui casi di infrazione assunte nell’ultimo mese; il cosiddetto “Pacchetto infrazioni” con il quale Bruxelles ha dato avvio ad altrettanti azioni legali nei confronti degli Stati membri che non hanno adempiuto agli obblighi previsti dal diritto dell’UE.

Per l’Italia si torna a parlare delle gravi problematiche connesse al perdurare di livelli elevati di polveri sottili che rappresentano un rischio notevole per la salute pubblica andando ad inficiare la qualità dell’aria. Il PM10, infatti, può provocare asma, patologie cardiovascolari e cancro ai polmoni, causando un numero di morti premature che supera il numero annuale dei decessi causati da incidenti stradali.

Le stime dell’Agenzia Europea dell’Ambiente indicano che ogni anno, in Italia, l’inquinamento da polveri sottili è responsabile di più di 66.000 decessi prematuri, un triste traguardo che mette lo Stivale al primo posto nella classifica fra gli Stati membri più colpiti in termini di mortalità connessa al particolato atmosferico. Una produzione di PM10, quella nostrana causata principalmente da attività connesse al consumo di energia elettrica e al riscaldamento, ai trasporti di merci e di persone, all’industria e all’agricoltura.

La comunicazione odierna della Commissione è l’ultimo avvertimento per quanto concerne 30 zone di qualità dell’aria in tutto il territorio italiano in cui dal 1° gennaio 2005, data dell’entrata in vigore dei valori limite giornalieri di polveri sottili in sospensione (PM10), si sono registrati dei superamenti. Giova qui ricordare che già una precedente Sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (19 dicembre 2012, C—68/11) aveva ritenuto l’Italia responsabile della violazione della legislazione UE sulla qualità dell’aria in riferimento agli anni 2006 e 2007.

Per quanto riguarda il valore limite giornaliero, le 30 zone interessate sono situate nelle seguenti regioni: Lombardia, Veneto, Piemonte, Toscana, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Campania, Marche, Molise, Puglia, Lazio e Sicilia. L’avvertimento si riferisce inoltre ai superamenti del valore limite annuale in 9 zone: Venezia-Treviso, Vicenza, Milano, Brescia, due zone della Pianura padana lombarda, Torino e Valle del Sacco (Lazio).

Secondo la normativa comunitaria in materia (Direttiva 2008/50/CE), in caso di superamento dei valori limite (fissati, per quanto riguarda la concentrazione annua in 40 μg/m3; per quanto concerne quella giornaliera in 50 μg/m3, da non superare più di 35 volte per anno civile), gli Stati membri sono tenuti ad adottare e attuare piani per la qualità dell’aria che stabiliscano misure atte a porvi rimedio nel più breve tempo possibile, ma evidentemente, quelle legislative e amministrative finora adottate dall’Italia non sono bastate a risolvere il problema.

Non che il resto dei 27 se la passi meglio, infatti la Commissione ha avviato procedure di infrazione per livelli eccessivi di particolato PM10 anche nei confronti di altri Stati membri: Belgio, Bulgaria, Francia, Germania, Grecia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria) e in due di questi casi (Bulgaria e Polonia) è stata adita la Corte di giustizia dell’Unione europea. La Commissione ha inoltre intrapreso un’azione legale riguardante il superamento dei livelli di diossido di azoto (NO2) nei confronti di 12 Stati membri, attualmente oggetto di procedure d’infrazione, ovverossia: Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Spagna e Ungheria.

La decisione odierna fa seguito a un’ulteriore lettera di costituzione in mora inviata all’Italia nel giugno 2016 e, a questo punto, se l’Italia non dovesse attivarsi in merito entro due mesi, la Commissione potrà deferire il caso alla Corte di giustizia dell’UE. 

A questo punto non resta che augurarsi che quanti hanno la responsabilità di porre rimedio a questa situazione si attivino quanto prima, senza dimenticare il ruolo dei singoli cittadini che possono attuare o meno comportamenti virtuosi.



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