ADQ per la qualità e l’economia circolare

Nata recentemente, ADQ è l’Associazione Nazionale Autodemolitori di Qualità che si impegna a rappresentare coloro che quotidianamente bonificano, riutilizzano e riciclano i veicoli a fine vita. A presentarcela il suo presidente, Ruggiero Delvecchio, che crede fortemente nell’economia circolare e soprattutto nel rispetto dell’ambiente.


foto ADQ

L’economia circolare fa bene all’ambiente, alla crescita dell’innovazione e allo sviluppo dell’occupazione. Ne è particolarmente convinto Ruggiero Delvecchio, presidente di ADQ, l’Associazione Nazionale Autodemolitori di Qualità che racchiude al suo interno le aziende del settore che credono fortemente nella responsabilità delle proprie scelte, nella professionalizzazione, nel rispetto della normativa e soprattutto dell’ambiente e della sostenibilità. Perché chi lavora “bene”, secondo Delvecchio, aiuta il Paese a crescere e a migliorarsi.

Abbiamo chiesto al Presidente di ADQ di presentarci la sua associazione e di spiegarci cosa significa oggi demolire un veicolo a 360°.

Presidente Delvecchio, perché è nata ADQ? E cosa significa essere autodemolitori di qualità?
Di associazioni di categoria nel nostro settore ce ne sono tante. ADQ ha scelto però di racchiudere insieme i demolitori di qualità. Può sembrare un concetto snobistico, ma in realtà sono numerosi gli autodemolitori che lavorano bene, che ogni giorno riutilizzano e riciclano nel rispetto delle regole per la gestione dei veicoli giunti a fine vita. ADQ cura gli interessi degli autodemolitori e non gli interessi “particolari”. La filiera cresce se viene difesa in tutti i suoi aspetti e i suoi valori, considerando tutti gli attori e senza sopraffarne nessuno. E’ pur vero che siamo nati in un contesto economico in crisi, ma nonostante questo molti colleghi, sebbene in difficoltà, continuano a lavorare bene rispettando a pieno gli standard di tutela dell’ambiente e delle risorse. ADQ collabora anche con altri settori e stakeholders come le università, ad esempio la Cattolica del Sacro Cuore di Milano con cui è partito un nuovo progetto. L’autodemolizione non deve chiudersi entro i confini della sua filiera, ma occorre collaborare con enti, istituzioni e al tempo stesso sensibilizzare la cittadinanza e l’opinione pubblica sull’importanza di una corretta autodemolizione.

Cosa significa oggi demolire, soltanto distruggere?
Probabilmente il settore dell’autodemolizione non è riuscito a spiegare nel tempo cosa è cambiato dagli anni Ottanta ad oggi. E’ vero, in quegli anni e nel decennio successivo, l’autodemolitore, meglio conosciuto come sfasciacarrozze, prendeva l’auto e la distruggeva, e al massimo rivendeva i pezzi di ricambio. Oggi no. E’ diventata un’impresa a tutto tondo che non solo mette in sicurezza, demolisce e bonifica l’auto, eliminando i rifiuti pericolosi – pochi lo sanno ma l’automobile è una vera e propria bomba ecologica che contiene molti dispositivi e sostanze a rischio come antigelo, olio, batteria, pericolosissimi per l’ambiente e per la salute dell’uomo – ma al contempo riutilizza, cioè recupera i materiali e ridà nuova vita a molti pezzi grazie ad impianti sempre più performanti, entrando a far parte a pieno titolo di quell’economia circolare di cui tanto si parla per la salvaguardia e la tutela dell’ambiente. In fondo, il demolitore compie “inconsciamente” questo servizio di riutilizzo sin dagli anni Cinquanta perché da sempre i pezzi dei veicoli demoliti vengono interamente avviati a recupero e ritornano a nuova vita come veri e propri ricambi originali: il fanale ritorna a fare il fanale, senza bisogno di nessun processo industriale, pronto per essere acquistato dal privato. Anche l’Unione Europa ha riconosciuto all’autodemolitore e all’intera filiera un ruolo fondamentale nel processo di riutilizzo e riciclo dei rifiuti.

Fino ad oggi l’immagine dell’autodemolitore ha rappresentato uno stereotipo negativo. Perché?
Come presidente di ADQ ho potuto prendere atto che, da nord a sud della nostra Penisola, sono tantissimi i centri di autodemolizioni all’avanguardia dove l’economia circolare, il rispetto dell’ambiente e della normativa rappresentano l’abc quotidiano. Purtroppo, come in ogni settore, c’è anche chi lavora meno bene, ma questo rientra nell’ambito della responsabilità personale. Devo dire che, in generale, il settore è molto cambiato. In venti anni è cresciuto anche grazie alle nuove generazioni e a un nuovo modo di pensare. Oggi è una categoria viva, aggiornata, che sa lavorare nel rispetto della normativa, e un’associazione come la nostra ha il compito di mettere in luce le tante best practises che ci circondano.

Quali sono gli obiettivi prossimi di ADQ?
Innanzitutto, dato che siamo nati da poco, farci conoscere a 360° da stakeholders, cittadini, istituzioni. L’autodemolizione deve uscire dal proprio guscio per far capire quanto sia importante questo mestiere nel mondo di oggi. Ma vogliamo anche aggiornare gli stessi demolitori su best practises, normative, comportamenti corretti, nuove tecnologie.

Parliamo allora di formazione: per chi e a quale livello?
Informare i colleghi e gli stakeholder, ma anche cittadini, istituzioni, tutti i componenti della filiera, è il compito quotidiano di ADQ. Non solo. Il nostro non è un lavoro facile, è rischioso, è altamente sofisticato, e soprattutto riguarda il settore dei rifiuti. Parliamo cioè di due importanti questioni: ambiente e salute, anche degli stessi dipendenti. Inoltre, il mercato dell’automobile cambia continuamente perché l’auto che avevamo dieci anni fa non esiste più, si è modificata radicalmente. Per questo ADQ si occupa anche di formazione specifica di settore, che deve essere continua e aggiornata perché riguarda quello che oggi i nostri dipendenti toccano con mano, ma che domani si sarà già trasformato.

Per concludere, dal punto di vista politico avete dei riscontri positivi?
Con le istituzioni collaboriamo da sempre. E’ doveroso. Negli ultimi anni quello che è mancato non è dipeso tanto da loro, quanto dal rapporto tra noi stessi demolitori: siamo stati poco uniti nelle battaglie che contavano.


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