Cinture di sicurezza: in cinquant’anni salvate milioni di vite

L’UNECE ha celebrato lo storico dispositivo di sicurezza introdotto per la prima volta in Europa all’inizio degli anni ‘70 e obbligatorio, in Italia, dal 1988.

 

Da cinquant’anni, almeno in una parte del mondo, le cinture di sicurezza si confermano come il miglior dispositivo a protezione dei passeggeri e dei conducenti di automezzi in caso di incidenti.
Mezzo secolo di storia di sicurezza sulle strade, la cui applicazione ha contribuito a salvare milioni di vite in tutto il mondo.

È questo il senso delle celebrazioni che, ad inizio giugno, l’UNECECommissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite che ha una lunga storia di promozione della sicurezza stradale sfruttando le competenze tecniche pertinenti attraverso vari gruppi e gruppi di lavoro, come il Forum globale per la sicurezza del traffico stradale (WP.1) e il Forum mondiale per l’armonizzazione dei regolamenti sui veicoli (WP.29), ha voluto tributare in occasione dell’anniversario della diffusione dell’uso obbligatorio delle cinture di sicurezza introdotto per la prima volta in Europa all’inizio degli anni ‘70.

Una introduzione non certo immediata, considerando che alcuni Paesi come Francia, Spagna, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Germania vararono legislazioni ad hoc già tra il 1973 e il 1976, mentre altri si adeguarono con più “calma” (la Svizzera, nel 1981; il Regno Unito, nel 1983; la Federazione Russa, nel 1987; l’Italia, nel 1988; e la Cina, nel 1993).

E tuttavia, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’uso delle cinture di sicurezza da parte degli occupanti dei veicoli sui sedili anteriori riduce del 45-50% il rischio di lesioni mortali e del 25% il rischio di morte e lesioni gravi tra gli occupanti dei sedili posteriori.

Guardando agli ultimi anni, le sempre più stringenti norme attinenti la sicurezza stradale e degli autoveicoli hanno portato i Paesi occidentali ad una riduzione significativa delle vittime stradali: nella sola regione UNECE, ad esempio, , il numero totale di vittime della strada è diminuito del 25% tra il 2000 e il 2010 e del 15% nel periodo 2010-2019. In particolare, questo calo è stato più significativo tra gli occupanti delle auto.

Non solo, secondo l’ITF Road Safety Annual Report 2022, nel decennio 2010-2019 si è osservato un netto calo del numero di morti per incidenti stradali tra occupanti di automobili nei paesi sviluppati, in particolare in Grecia (-63%), Norvegia (-54%) e Corea ( -51%). Altri 13 paesi (Svizzera, Spagna, Argentina, Lussemburgo, Irlanda, Danimarca, Portogallo, Lituania, Svezia, Australia, Belgio e Slovenia) hanno registrato riduzioni superiori al 30%.

Tuttavia, questi dati si riferiscono, evidentemente, ad una sola parte del mondo, mentre ancora troppi Paesi in via di sviluppo mancano di norme adeguate che rendano obbligatorio l’uso delle cinture di sicurezza per conducenti e passeggerei; a questo proposito, scrive l’UNECE, secondo l’ultima edizione del Global Status Report dell’OMS sulla sicurezza stradale: solo 105 Paesi hanno leggi sulle cinture di sicurezza allineate con le migliori pratiche.

Ne consegue, pertanto, che circa 1,35 milioni di persone muoiono ancora ogni anno sulle strade, il 93% delle quali proprio nei Paesi in via di sviluppo.

L’obbligo di indossare le cinture di sicurezza, così come i caschi per le due ruote, e il crescente impegno politico per la sicurezza stradale, hanno giocato un ruolo decisivo nella riduzione delle vittime della strada in tutta Europa dagli anni ‘70 in poi”, ha ricordato Jean Todt, Inviato speciale dell’ONU per la sicurezza stradale.

Ora dobbiamo lavorare con i governi e tutte le parti interessate del settore per garantire che le persone nei Paesi in via di sviluppo godano dello stesso livello di sicurezza di quelle dei paesi sviluppati – ha concluso – Ciò significa adottare e far rispettare le leggi sulle cinture di sicurezza in linea con gli standard internazionali e fornire l’accesso ai veicoli, sia nuovi che usati, con cinture di sicurezza adeguatamente montate”.

Si ricorda che l’unico requisito ampiamente riconosciuto a livello internazionale per l’uso delle cinture di sicurezza nei veicoli è il Regolamento ONU n. 16 ai sensi dell’Accordo del 1958.
Attualmente ci sono 52 parti contraenti dell’Accordo del 1958 in tutto il mondo, compresi i Paesi africani e asiatici, che applicano il Regolamento ONU n. 16 come legge nazionale, mentre altri Paesi stanno applicando il Regolamento succitato con alcune modifiche. 

Tale Regolamento definisce i requisiti a cui deve rispondere una cintura di sicurezza efficace, nonché i test per la sua certificazione per tenere al sicuro tutti i tipi di occupanti: adulti, anziani e bambini.  

La cintura di sicurezza deve riportare il marchio di omologazione sulla linguetta della fibbia (E maiuscola in un cerchio, seguita da un numero che rappresenta il Paese la cui autorità di certificazione ha concesso l’omologazione; il tutto seguito da ulteriori codici alfanumerici che rappresentano le specifiche dell’omologazione, il numero di omologazione e il numero di serie di produzione).

Il Regolamento UN n. 16 prevede inoltre che le cinture di sicurezza omologate debbano essere sottoposte a test severi per resistere all’invecchiamento e per funzionare insieme ad altri sistemi di sicurezza (ad es. airbag, pretensionatori e limitatori di carico) come parte della completa resistenza agli urti del veicolo.

Foto di Gaia Ridolfini 

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