Il biocarburante del futuro potrebbe venire dalla Macaùba

La società energetica Acelen Renewables ha presentato, alla COP28, un progetto di transizione energetica globale a partire dalla Macaúba, una pianta originaria del Brasile ad alto potenziale energetico.

La transizione energetica è divenuta protagonista nell’economia internazionale, proponendo soluzioni a beneficio dell’ambiente. Come accade alla società energetica Acelen Renewables con sede ad Abu Dhabi negli Emirati Arabi, di recente creazione, con un progetto che prevede un investimento di oltre 2,5 miliardi di dollari per produrre carburanti sostenibili (carburante per aviazione sostenibile – SAF e diesel rinnovabile), utilizzando un impianto nativo in Brasile.

Acelen Renewables è una filiale di Acelen, la holding energetica di Mubadala Capital, una società di gestione patrimoniale globale. La società intende raggiungere il mercato globale, scommettendo su una soluzione innovativa in grado di garantire l’approvvigionamento su larga scala di materie prime rinnovabili che assicurino efficienza, produttività e riducano l’impatto ambientale.

Il progetto presentato alla COP28, si potrebbe definire unico, dal seme al carburante, grazie alla formazione di un ecosistema di partner strategici già contrattualizzati per lo sviluppo agricolo, la costruzione di bioraffinerie, la certificazione e la commercializzazione dei carburanti.

A Luiz de Mendonça, direttore generale di Acelen Renewables, abbiamo chiesto di spiegarne i particolari.

Quale processo di estrazione è stato adottato per ottenere il biocarburante dalla pianta Macaúba?

«La Macauba (NdR: acrocomia aculeata) è una pianta originaria del Brasile ricca di olio vegetale. È quella che viene definita come una pianta ad alto rendimento e può produrre da 5 a 7 volte più olio per ettaro all’anno rispetto, ad esempio, alla soia. L’olio estratto dai frutti di Macauba è pienamente adatto per l’uso nella produzione di biocarburanti come il diesel rinnovabile (HVO – Hydrotreatment Vegetale Oil) e il carburante sostenibile per l’aviazione (SAF). Macauba ha il potenziale per diventare la principale materia prima per la produzione di biocarburanti su scala globale. L’impianto brasiliano offre un altro notevole vantaggio nell’ottimizzazione dell’utilizzo dell’acqua e dei nutrienti, consentendo il recupero delle aree degradate. L’olio vegetale rappresenta tra il 20% e il 30% di tutto quanto viene estratto dal frutto della macaúba e può essere utilizzato per il consumo umano o per la produzione di combustibili avanzati. Il residuo di questo processo è una proteina di crusca, che può essere utilizzata sia per il consumo umano sia per la produzione di mangimi per animali. Nulla va perduto nella produzione della macaúba. Oltre ai frutti, ogni ettaro produce 10 tonnellate di biomassa all’anno, che possono essere utilizzate nella produzione di bioelettricità, biometano e biocarburanti di seconda generazione».

In che modo il progetto intende implementare l’agricoltura?

«Essendo una specie autoctona perenne, Macauba offre una varietà di servizi ambientali, come la conservazione o addirittura il ripristino della biodiversità, poiché le aree degradate saranno sostituite dalle foreste di Macauba. Con la coltivazione di Macauba si manterrà la copertura vegetale, preservando il suolo e la sua biodiversità, che, a sua volta, contribuirà al recupero delle fonti d’acqua e fornirà una fonte di cibo per uccelli e altri animali autoctoni. La coltivazione di Macauba seguirà le migliori pratiche agricole e ambientali, promuovendo la cattura del carbonio e riducendo le emissioni di CO2 durante l’intero processo, dalla produzione di sementi alla produzione di carburante. Sebbene Macauba abbia un elevato potenziale produttivo, attualmente non esistono tecniche agronomiche definite focalizzate sulla produttività su larga scala. Per risolvere questo problema, Acelen ha avviato un programma di ricerca, sviluppo e innovazione incentrato sulla coltivazione di Macauba. Il progetto coprirà 200.000 ettari di foreste attraverso partenariati pubblico-privati, promuovendo l’agricoltura familiare e catturando 355 tonnellate/ha di CO2. Il progetto Seed to Fuel mira a creare 90.000 posti di lavoro nelle regioni povere del Brasile, con un potenziale di 17 miliardi di dollari per le economie locali. Circa il 20% dell’olio di macaúba che verrà utilizzato nella produzione di SAF e diesel dovrà provenire da agricoltori familiari, distribuendo reddito e opportunità nelle campagne».

La produzione annuale di biocarburante garantisce indipendenza a quanti veicoli?
«Acelen intende produrre sia Sustainable Aviation Fuel (SAF) sia Renewable Diesel con un occhio rivolto al mercato estero, dove sono già approvati per la commercializzazione e il consumo. La previsione della raffineria è che, in dieci anni, genererà 20mila barili di olio vegetale (di macaúba, in particolare) al giorno, circa un miliardo di litri all’anno, pari alla fornitura annua di 1,1 milioni di veicoli».

Quali sono i vantaggi dell’utilizzo di questa pianta in termini di risparmio idrico e di consumo del suolo?
«La palma africana, comunemente conosciuta come palma da olio, prospera esclusivamente nelle regioni umide caratterizzate dalle foreste equatoriali, dall’Amazzonia e principalmente dal sud-est asiatico. Queste aree ricevono almeno 2.000 millimetri di pioggia ben distribuita durante tutto l’anno. Al contrario, la palma macaúba prospera in regioni che sopportano periodi prolungati di siccità con una piovosità massima annua di 1.500 millimetri. Di dimensioni moderate, la palma macaúba, conosciuta anche come macaubeira, raggiunge altezze fino a 20 metri. La sua chioma non è densamente popolata, consentendo a molta luce di raggiungere il suolo. Questa caratteristica ne facilita la coltivazione in due sistemi diversi: agroforestale, in cui la macaúba è consociata ad altre colture di importanza regionale, come la macaúba con fagioli o caffè, e silvopastorale, che implica l’integrazione armoniosa di macaúba, pascoli e bestiame. Al contrario, la palma da olio, sebbene di dimensioni simili, ha una chioma più fitta che proietta una grande ombra, rendendola incompatibile con la semina consortile con altre colture».

Di Francesco Fravolini

Foto di copertina: Ewan da Pixabay

 

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