Emissioni autoveicoli: la Commissione Ue invia all’Italia un parere motivato

Sotto la lente la mancata applicazione delle disposizioni nazionali in materia di sanzioni nei casi di dispositivi di manipolazione delle emissioni.

Proseguono gli strascichi del Dieselgate e questa volta è l’Italia a tornare sotto stretta osservazione da parte della Commissione Ue sul caso dell’applicazione di sistemi vietati di manipolazione delle emissioni delle auto e sulle mancate sanzioni che avrebbero dovute essere applicate in conseguenza.

Ogni mese la Commissione europea pubblica un “Pacchetto infrazioni” che contiene le azioni legali messe in campo contro gli Stati membri per il loro mancato rispetto degli obblighi previsti dal diritto dell’UE. Tali decisioni, che riguardano vari settori e aree politiche dell’UE, mirano a garantire la corretta applicazione del diritto dell’UE a vantaggio dei cittadini e delle imprese.

Ebbene, nell’ultimo pacchetto di dicembre diramato ieri (giovedì 2), la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato per non aver ottemperato all’obbligo di far rispettare le norme di omologazione delle emissioni basate sul Regolamento (CE) n. 715/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2007, sull’omologazione dei veicoli a motore per quanto riguarda le emissioni dei veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6) e sull’accesso ai servizi di riparazione e informazioni sulla manutenzione.

Tale regolamento impone agli Stati membri, tra l’altro, di stabilire e attuare norme sulle sanzioni per l’uso di impianti di manipolazione vietati che ostacolano l’efficienza dei sistemi di controllo delle emissioni e determinano emissioni più elevate.

La legislazione europea, ricorda la Commissione: “vieta i dispositivi di manipolazione come software, timer o finestre termiche che portano a maggiori emissioni di NOx al di fuori del ciclo di prova, a meno che non possano essere giustificati dalla necessità di proteggere il motore da danni o incidenti, o per il funzionamento sicuro di il veicolo”.

Il parere motivato giunge dopo una procedura di infrazione aperta contro il nostro Paese il 17 maggio 2017 allorquando, dopo lo scandalo Dieselgate, fu prodotta da Bruxelles una lettera di costituzione in mora ove si chiedeva all’Italia di rispondere alle preoccupazioni per l’insufficiente azione intrapresa in merito alle strategie di controllo delle emissioni impiegate dal gruppo Fiat Chrysler Automobiles (FCA).

All’inizio di tutto v’era stata, nel 2016, una richiesta del ministero dei Trasporti tedesco di mediare tra le autorità tedesche e italiane su un dissenso sulle emissioni di NOx riguardanti veicoli di un tipo omologato dall’Italia. Nel corso del processo di mediazione, la Commissione aveva valutato sia i risultati dei test sulle emissioni di NOx forniti dall’autorità di omologazione tedesca, sia informazioni tecniche fornite dall’Italia sulle strategie di controllo delle emissioni impiegate da FCA nel tipo di auto in questione.

In seguito, quattro anni fa la Commissione aveva formalmente chiesto all’Italia di rispondere alle sue preoccupazioni secondo cui il produttore di autoveicoli non aveva sufficientemente giustificato la necessità tecnica – e quindi la legalità – dell’impianto di manipolazione utilizzato, e di chiarire se l’Italia non avesse rispettato l’obbligo di adottare misure correttive in merito la tipologia FCA in questione e di comminare sanzioni alla casa automobilistica.

I produttori di automobili hanno trattato in modo lassista i test sulle emissioni – alcuni hanno persino violato la legge”, aveva dichiarato a suo tempo Elżbieta Bieńkowska, Commissaria responsabile per il mercato interno, l’industria, l’imprenditorialità e le PMI. “Lo scandalo delle emissioni ha dimostrato che la responsabilità di far rispettare la legge e punire coloro che violarlo non può più essere lasciato esclusivamente ai singoli Stati membri. Sebbene il Parlamento europeo e gli Stati membri abbiano recentemente compiuto buoni progressi sulla nostra proposta di revisione del sistema attuale, è giunto il momento di raggiungere un accordo definitivo. La salute e la fiducia dei cittadini sono in gioco e non abbiamo tempo da perdere”.

Ora, sebbene la Commissione ha riconosciuto che l’Italia ha disposto il ritiro obbligatorio dei veicoli in questione, ha riconosciuto anche che il nostro Paese non ha applicato le disposizioni nazionali in materia di sanzioni ai casi in cui sono stati installati dispositivi di manipolazione nei veicoli omologati in Italia.
A questo punto l’Italia ha due mesi di tempo per rispondere e adottare le misure necessarie; in caso contrario, da Bruxelles potrebbe arrivare la decisione, ben più pesante, di deferire il caso alla Corte di Giustizia dell’Ue.

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