No dell’Italia allo stop ai motori benzina e diesel al 2035: i rischi per l’economia e l’industria nazionale

Dal Coordinamento FREE le critiche all’opposizione italiana sullo stop al 2035 ai motori endotermici e i risvolti negativi sul comparto industriale italiano.

Una scelta retrograda e pericolosa”, non usa mezze parole Livio de Santoli, Presidente del Coordinamento FREE nel commentare la presa di posizione dell’Italia (ma anche della Germania, va detto), che ha di fatto bloccato il voto in Consiglio Ue circa la le decisioni della Commissione UE di rafforzare e accelerare la transizione ecologica anche nel settore automotive con l’obbligo di zero emissioni per le nuove auto immesse sul mercato Ue dal 2035.

Il voto del Consiglio sull’approvazione finale del Regolamento (già approvato in febbraio dal Parlamento Ue), e che imponeva il temuto (per molti) stop ai motori endotermici dal 2035 è stato di fatto rimandato a data da destinarsi scatenando reazioni comprensibilmente opposte.

Se, da un lato, il responsabile del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto aveva plaudito al risultato ottenuto commentando: “Il nuovo rinvio in sede Ue sulla decisione riguardante lo stop ai motori termici al 2035 tiene giustamente conto di una forte resistenza di alcuni Paesi europei, con l’Italia in prima fila, a un’impostazione del Regolamento troppo ideologica e poco concreta”, e rimarcando, poi: “…l’elettrico non può essere l’unica soluzione del futuro, tanto più se continuerà, come è oggi, ad essere una filiera per pochi. Puntare inoltre sui carburanti rinnovabili è una soluzione strategica e altrettanto pulita, che consente di raggiungere importanti risultati ambientali evitando pesanti ripercussioni negative in chiave occupazionale e produttiva”; dall’altra parte, tutte le Associazioni ambientaliste avevano rimarcato negativamente il passo indietro compiuto dall’Italia, sottolineando come salvaguardare economia e clima sia possibile; non solo, la mossa di rimandare il voto sullo stop ai motori endotermici possa rivelarsi un boomerang negativo per gli investimenti nel settore con ricadute sull’occupazione e per i consumatori.

L’ultima voce critica sulla questione è quella del Coordinamento FREECoordinamento Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica, la più grande Associazione del settore presente in Italia che ha lo scopo di promuovere lo sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica nel quadro di un modello sociale ed economico ambientalmente sostenibile, della decarbonizzazione dell’economia e del taglio delle emissioni climalteranti.

È evidente – ha dichiarato il Presidente de Santoli in un comunicato stampa – quanto negative potranno essere le ricadute di tale presa di posizione sul sistema industriale italiano riguardante una rivoluzione unanimemente riconosciuta da tutto il settore auto”, l’accenno è al fatto che le proiezioni degli analisti prevedono che entro il 2030 i veicoli elettrificati arriveranno a rappresentare oltre il 70% delle vendite in Europa e più del 40% negli USA; non solo, entro il 2026 il costo totale delle auto elettriche uguaglierà quello dei veicoli a combustione interna.

Il focus del problema, secondo il Coordinamento FREE, è squisitamente industriale ed economico: l’industria mondiale dell’auto s’è già da tempo incamminata sulla strada dell’elettrificazione ed ogni rallentamento di quella domestica rischia di marginalizzare la produzione Ue rispetto ai competitor extraeuropei: Cina e USA. Anche la voce componentistica, che rappresenta un asset strategico, ne avrebbe un danno.

Inoltre – ha proseguito de Santoli – la sostenibilità del sistema sociale non può avere un impatto negativo se implica la necessità di dare particolare sostegno al ruolo della formazione re-skill e up-skill delle imprese italiane senza guardare al passato. È una occasione troppo importante per il posizionamento dei futuri ambiti di specializzazione e del sistema occupazionale con investimenti che devono essere legati alle tecnologie di filiera innovativa”.

L’opportunità offerta dalla rivoluzione della mobilità green è ghiotta per le tasche e per l’ambiente, a patto che, secondo l’associazione: “sia accettata convintamente e governata in una ottica di strategia industriale, perché solo attraverso il ricompattamento del sistema produttivo del settore, oggi frammentato, e l’adozione di adeguate misure di sostegno al processo di innovazione tecnologica, l’Italia può riconquistare una leadership che oggi ha totalmente perso”.

La tecnologia corre avanti e, al di là delle norme e degli obiettivi Ue, potrebbe essere lo stesso mercato a pilotare le scelte; resta da capire se l’Italia vorrà continuare ad essere attrice protagonista di questa transizione o passiva spettatrice.

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