L’ARIA CHE RESPIRIAMO FA MALE!

Recenti studi epidemiologici sugli effetti dell’inquinamento atmosferico affermano che la situazione sembra non migliorar

Negli ultimi anni in Italia e non solo, sono stati condotti numerosi studi epidemiologici sugli effetti dell’inquinamento atmosferico e il problema è di interesse per i differenti livelli istituzionali coinvolti. Nel 2007 il Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM), organismo di coordinamento tra il Ministero del Lavoro, quello della Salute e delle Politiche Sociali e le Regioni, aveva già promosso il Progetto EpiAir “Inquinamento Atmosferico e Salute: Sorveglianza Epidemiologica ed Interventi di Prevenzione”, con l’obiettivo generale di definire i requisiti e le procedure di un sistema di sorveglianza epidemiologica dei danni da inquinamento atmosferico urbano in Italia (gran parte del quale è causato dalle emissioni dei veicoli a motore. Si consideri che in Italia, il rapporto auto persone è pari a 60/100 contro una media europea di 46; siamo il Paese a più alto tasso di motorizzazione dopo gli USA e consumiamo circa 40 miliardi di litri di carburante per la sola movimentazione degli automezzi.

Recentemente, la prestigiosa Rivista Epidemiologia e Prevenzione ha pubblicato uno studio curato da tre ricercatori dell’Unità di epidemiologia ambientale polmonare dell’istituto di Fisiologia Clinica del Cnr di Pisa, dal titolo:”Inquinamento atmosferico e salute umana” e dedicato agli effetti patologici del traffico e del riscaldamento in città. Le premesse e le basi del Progetto EpiAir, necessarie a capire i risultati dell’indagine, sono state quelle di analizzate le informazioni disponibili sugli effetti sanitari causati dell’inquinamento atmosferico in Europa ed in Italia e sono stati individuati i punti critici e le potenzialità per l’avvio del progetto di sorveglianza epidemiologica. Il Progetto di ricerca EpiAir ha soprattutto fornito elementi innovativi rispetto alle conoscenze già acquisite e ha creato le basi per avviare in Italia un programma di sorveglian- za dell’impatto sanitario dell’inquinamento atmosferico, fondato sull’utilizzo di indicatori ambientali e sanitari affidabili e standardizza- ti, che in futuro sarà estremamente utile non solo a promuovere lo sviluppo di politiche di prevenzione, ma anche a valutare l’efficacia degli interventi preventivi intrapresi, a breve e a lungo termine. Nel contesto europeo, l’attivazione di un sistema di sorveglianza consolidato sugli effetti sanitari degli inquinanti atmosferici è una novità e garantisce la possibilità di effettuare valutazioni successive e di verificare se gli effetti sulla salute scientificamente accertati e documentati subiscono delle modifiche nel tempo. Infatti, sebbene in Europa siano stati condotti numerosi studi di questo tipo in varie città europee, nessun Paese si è mai dotato di un programma di monitoraggio organico in questo settore. La situazione italiana è caratterizzata da uno dei più alti tassi di motorizzazione del mondo. Le ultime stime riportate recentemente dai quotidiani italiani parlano di +4,92% di aumento del nostro parco circolante negli ultimi cinque anni. Un record inaudito non tanto per l’incremento percentuale (che comunque non si può ignorare perché sia- mo passati dalle 34.636.594 auto del 2005 alle 36.339.405 del 2009) ma perché in Italia siamo già ampiamente oltre la soglia di guardia con la più alta concentrazione di macchine in Europa grazie all’incredibile rapporto di 60 vetture ogni 100 abitanti. L’aumento delle macchine sulle strade è inarrestabile e preoccupante: da noi oggi circolano più di 36 milioni di auto, appena 10 anni fa erano solo 30 milioni e nel 1986 si fermavano a quota 24 milioni. Analogamente ad altri Paesi europei, l’Italia è inoltre soggetta a frequenti superamenti degli standard di qualità dell’aria, per contra- stare i quali sarebbero necessari interventi in campo ambientale e sanitario a livello nazionale e locale. È ormai indubbio che il traffico stradale concorra alle emissioni complessive di gas serra e che questi ultimi siano responsabili di cambiamenti climatici su scala planetaria. Infatti, le fonti emissive che danno origine all’inquinamento convenzionale sono le stesse che producono le emissioni di gas serra. Esiste una stretta interdipendenza tra l’esigenza di ridurre l’inquinamento da traffico veicolare per preservare la salute dei cittadini e la necessità di abbattere le emissioni responsabili dei cambiamenti climatici. Le politiche e i provvedimenti volti al cambiamento delle modalità di trasporto di merci e persone hanno delle ricadute anche sulle emissioni di gas serra. Per tanto, non è improbabile che in un prossimo futuro, i cittadini vengano chiamati a ridurre l’utilizzo del veicolo privato, non solo per ridurre l’inquinamento atmosferico convenzionale, ma anche per contenere questi gas. Potremmo ritornare ad essere prevalente- mente pendolari, a usare con assiduità le biciclette e sistemi di mobilità urbana condivisa (car sharing) o, perché no, a camminare molto di più nel caso in cui sia possibile. Per quanto riguarda i dati di rilevazione degli inquinanti nelle 10 città italiane (Torino, Milano, Mestre-Venezia, Bologna, Firenze, Pisa, Roma, Taranto, Palermo, Cagliari) considerate nello Studio e i loro effetti sulla salute, si può affermare che le stime di rischio globali della situazione italiana siano in linea con quelle internazionali. Di particolare interesse, è il dato secondo cui nelle città del Sud, come per esempio Palermo, gli effetti sulla salute dell’inquina- mento atmosferico sono più marcati. Una spiegazione è che quanto più la temperatura è mite, tanto più la gente tende a vivere con le finestre aperte o a vivere all’esterno, esponendosi maggiormente alle sostanze inquinanti. Più complessa, e ancora da verificare, l’ipotesi che imputa questo fenomeno all’effetto delle radiazioni solari sull’inquinante: la trasformazione chimica che avviene in condizioni di temperature elevate e con aumento della radiazione solare potrebbe rendere gli inquinanti più pericolosi. Senza dimenticare che, indipendentemente dalla distinzione geografica Nord-Sud, alcune città godono di condizioni atmosferiche complessivamente più favorevoli (come Ro- ma) rispetto ad altre (ad esempio i centri urbani della Pianura Padana). I dati raccolti nel corso dell’indagine so- no riferibili in gran parte alle emissioni del traffico veicolare, ma solo una frazione di questi inquinanti deriva direttamente dalle emissioni (inquinanti primari), mentre una buona parte si forma come risultato di re- azioni chimiche con altri inquinanti o gas atmosferici (inquinanti secondari). Una volta che hanno avuto luogo queste trasformazioni, è difficile determinare quale sia l’origine specifica dell’inquinante osservato, tuttavia è ben facile osservarne gli effetti, non solo sulle persone, ma anche su edifici e manufatti, come nel recente caso del distacco lapideo sul Colosseo. Ad esempio, nel caso delle polveri, una certa quantità è il risultato delle emissioni dirette, ma oltre la metà è particolato secondario derivante dalle trasformazioni chimiche in atmosfera. L’inquinamento atmosferico, in particolare, quello legato alle polveri sottili nei grandi centri urbani, rappresenta un importante fattore di rischio per la salute umana. I suoi effetti sono ormai documentati da numerosi studi clinici, tossicologici ed epidemiologici ed evidenze crescenti attribuiscono percentuali non trascurabili di morbosità e mortalità per neoplasie, malattie cardiovascolari e respiratorie all’esposizione a inquinanti presenti nell’ambiente di vita. Studi epidemiologici hanno, inoltre, dimostrato che abbattere l’inquina- mento atmosferico migliora la salute della popolazione. Tra i principali obiettivi del progetto EpiAir, spicca l’individuazione di gruppi di popolazione particolarmente vulnerabili ai danni dell’inquinamento atmosferico. Gli inquinanti considerati (PM10, NO2 e ozono) sono tutti indicatori dell’inquinamento complessivo e sono correlati tra loro. Dallo studio è emerso che gli effetti a breve termine di queste sostanze rappresentano un danno aggiuntivo per la salute in termini di aumento della mortalità e della morbosità. Gli aumenti dei livelli dei 3 inquinanti nell’atmosfera si riflettono quasi subito nell’incremento dei ricoveri per malattie cardiache, inoltre, tutti causano un picco dei ricoveri per malattie respiratorie, ma l’associazione più forte è risultata quella tra NO2 e ricoveri per asma, con un aumento complessivo del 7,62%. Lo studio evidenzia che gli effetti dell’inquinamento peggiorano con l’età e sono più evidenti negli individui con oltre 75 anni. In futuro, l’obiettivo è quello di determinare se vi siano o meno profili di malattie croniche che conferiscono maggiore rischio. Tra i bambini, sono soprattutto quelli asmatici i più suscettibili: tra 2 e 5 giorni dall’aumento di concentrazione del biossido di azoto si registra un incremento dei ricoveri dell’8,8%. L’Organizzazione Mondiale della Sanità considera l’incremento della morbosità cardio-respiratoria e l’incremento di mortalità generale come effetti sanitari accertati dell’inquinamento atmosferico, ancora documentabili persino nei paesi sviluppati dotati di sistemi di controllo della qualità dell’aria. La comunità clinica ha fornito importanti contributi alla diffusione e condivisione di queste evidenze scientifiche. Si ritiene che le polveri sospese in atmosfera, per le loro caratteristiche fisiche e tossicologiche, siano l’inquinante più importante dal punto di vista dell’impatto sanitario e biologico. Le polveri di diametro inferiore a 10 micron (mm), definite PM10, sono quelle di prevalente interesse sanitario, in quanto capaci di superare la laringe e depositarsi nelle vie aeree. Il PM10, d’altra parte, include diverse componenti. Le polveri più grandi (coarse) hanno un diametro aereodinamico >2.5mm e sono spesso di origine naturale (suolo). Le polveri fini (diametro <2.5mm) originano da diversi processi di combustione (veicoli, industrie, produzione energia elettrica) e vengono considerate come la frazione più rilevante del PM10 dal punto di vista tossicologico. Le polveri ultrafini (diametro <0.1 mm), anche esse provenienti dai processi di combustione, hanno un tempo molto breve di residenza in atmosfera perché tendono ad aggregarsi o a coagulare. Gli effetti sanitari delle polveri ultrafini sono oggetto di attenta ricerca scientifica. L’NO2 controllato regolarmente in Italia, è un valido indicatore dell’inquinamento da traffico auto-veicolare e, in ricerche con- dotte in Europa e in Italia, si è dimostrato associato a riduzioni della funzionalità respiratoria ed ad incrementi della frequenza di sintomi respiratori, della mortalità totale, e della mortalità per malattie cardiache e respiratorie. La concentrazione di O3 (ozono) nei bassi strati atmosferici (troposfera) è in continua crescita, come conseguenza del riscaldamento globale della terra e dei livelli ambientali di ossidi di azoto e composti organici volatili che, attraverso complesse reazioni fotochimiche, ne provocano la formazione. A causa delle sue proprietà ossidanti, l’O3 è oggi ritenuto responsabile di danni all’apparato respiratorio (stimolazione di processi infiammatori e induzione di iperattività bronchiale), in particolare nei soggetti asmatici o affetti da bronchite cronca ostruttiva. Aumenti della concentrazione di O3 nel periodo caldo dell’anno sono stati associati anche ad incrementi della motalità per malattie respiratorie e cardiache. Oltre al discorso salute il contesto italiano è caratterizzato da un diffuso difetto di attenzione sul tema dell’inquinamento e da uno sforzo, spesso poco incisivo, delle principali città italiane per l’adozione di interventi lo- cali in grado di ridurre l’inquinamento. Le principali strategie di riduzione delle pressioni generate dai trasporti riguardano aspetti come: – il miglioramento della mobilità urbana e metropolitana;
– il potenziamento del sistema ferroviario, delle metropolitane e delle metro tramvie;
– il miglioramento della mobilità dei pendolari;
– il rinnovamento del parco veicolare (passeggeri e merci);
– la razionalizzazione del trasporto merci;
– l’incentivazione dello sviluppo delle nuove tecnologie veicolari e l’utilizzo di fonti energetiche a basso impatto ambientale. Il censimento delle politiche di mobilità ha evidenziato un quadro contraddittorio in termini di mobilità sostenibile. A fronte di una gran varietà di provvedimenti a livello locale, si registra un numero sempre maggiore di veicoli circolanti nelle città (con tassi di motorizzazione molto più alti rispetto alla media europea) e si rilevano notevoli difficoltà nell’attuazione delle stesse misure (anche a causa dell’assenza di un approccio integrato), la scarsa certezza nelle regole di applicazione e la carenza di meccanismi efficaci di controllo. In sintesi, le indicazioni che emergono da questi studi sono le seguenti:
– Gli studi epidemiologici hanno chiaramente mostrato che l’inquinamento atmosferico ha effetti avversi sulla salute della popolazione in tutto il mondo. – Gli effetti a breve termine non si limita- no alla semplice anticipazione di eventi che sarebbero comunque accaduti, ma rappresentano un danno aggiuntivo per la salute in termini di aumento della mortalità e della morbosità. – Gli effetti a lungo termine, anche se di impatto non immediato, sono altrettanto importanti di quelli a breve termine.
– Sono possibili interventi di riduzione dell’inquinamento atmosferico capaci di prevenire danni alla salute pubblica.
– Nuove e più approfondite ricerche sono necessarie per valutare gli effetti a lungo termine di tali esposizioni, per comprendere il meccanismo con cui gli inquinanti sono nocivi per i soggetti esposti e per comprendere il reale rapporto costo-efficacia di misure preventive per migliorare la qualità dell’aria. È già in attuazione un nuovo studio per un quinquennio di lavoro che va dal 2006 al 2010 dove si prevede di:
– coinvolgere un maggior numero di città, passando dalle attuali 10 a 15 misurare anche il PM2,5, oltre al PM10, e prendere in considerazione anche la composizione di queste polveri, valutando se ci sono differenze nelle varie città italiane; – lavorare anche sui ricorsi al pronto soccorso in modo da valutare soprattutto gli esiti di emergenza; – ricorrere anche agli archivi di dati sulle prescrizioni farmaceutiche per caratterizzare meglio le persone dal punto di vista del profilo sanitario, integrando basi di dati differenti; – descrivere dettagliatamente i sottogruppi appartenenti alla categoria degli anziani, in modo da distinguere i soggetti sani da quelli affetti da qualche patologia. L’aria che respiriamo fa sempre più male, dunque e sempre più di frequente accade che sia anche il nostro Pianeta a manifesta- re segni di insofferenza e intolleranza e ad incominciare a ribellarsi. Siamo, forse, ancora in tempo per miglio- rare la qualità della vita ma gli studi da soli non bastano. Occorre essere concreti e avere il coraggio di realizzare quelle politiche di sostenibilità urbana che sono oggetto di citazione continua nei proclami politici e degli amministratori locali, eppure non trovano terreno fertile per sbocciare e crescere.


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