RICICLARE PNEUMATICI? UN GIOCO DA BAMBINI!

A Tokyo, da settembre 2009 ha aperto i battenti il primo parco pubblico cittadino in cui arredi e attrazioni sono realizzati con pneumatici dismessi.

Accade sempre di più che riciclo e riutilizzo siano associati ad attività ludico-didattiche pensate per informare e formare i cittadini di domani. Del resto non è difficile immaginare come proprio dai bambini arrivino i risultati migliori in termini di apprendimento laddove, viceversa, gli adulti, a causa di nozioni e comportamenti acquisiti faticano a rimettere in discussione norme comportamentali e civiche date per scontate.
Né sarà sfuggito all’attenzione dei più come, negli ultimi anni, notizie futili quali sfilate di moda con vestiti ottenuti da materiali di scarto abbiamo guadagnato le prime pagine dei quotidiani, mentre la cosiddetta Trash Art si è via via affrancata dalle provocazioni dei ghetti sub-urbani di venti e più anni fa per assurgere alle celebrazioni dei vernissages. É con un pizzico di sfacciata ironia, per tanto, che gli amministratori della città diTokyo (oltre 8.000.000 di abitanti con una densità media che supera le 5.800 persone per Km2) devono aver pensato ad una precisa tipologia di rifiuto quando hanno deciso di realizzare un parco pubblico a tema: gli pneumatici.
Una tipologia di rifiuto piuttosto complicata da gestire e che presenta caratteristiche intrinseche tali da rendere impossibile il recupero delle sue componenti a meno di non ricorrere alla valorizzazione energetica, all’utilizzo del granulato nei manti stradali di nuova concezione o allo stoccaggio in discarica.
Invece, a Tokyo, per la prima volta nel mondo, si è data “dignità” ai pneumatici esausti destinandone una cospicua parte ad un’attività che altrove, da sempre riscontra il favore dei più piccoli: il gioco.
Chi, infatti, non ha mai utilizzato, in campagna, così come in periferia, vecchi copertoni abbandonati o pneumatici interi, per giochi o intrattenimenti ludici? Ebbene, mercè un po’ di fantasia, e qualche doveroso accorgimento per garantire la sicurezza e la salute dei piccoli portatori di interesse ed ecco nato il Tire Park, all’interno del Nishi Rokugo Koe, un tipico giardinetto pubblico di periferia.
Mettiamo subito le mani avanti, non si tratta della declinazione post-moderna del tipico giardino tradizionale giapponese con alberi modellati, pietre decorative, ponticelli, lanterne e profusione di ciliegi; in questo caso il contesto urbano e la tipicità dei materiali utilizzati ha imposto un disegno molto più ingenuo e pop nella sua ideazione.
Infatti su un letto di sabbia ecco spuntare sculture gigantesche che rimandano all’immaginario fantasy anime o di certo cinema d’antan (Godzilla e Anguilas dei vecchi film giapponesi; il robot Robby de “Il pianeta proibito”) e, tra queste, castelli, scivoli, tunnel, altalene, giostre, ponti sospesi e tutto l’armamentario tipico di un parco giochi.
Il tutto realizzato con oltre 3.000 pneumatici tolti alle discariche e “resuscitati” a vita nuova per la gioia di grandi e piccini. Certo, va detto che l’iniziativa dell’amministrazione di Tokyo, per quanto meritoria e gradevole dal punto di vista della comunicazione, non offre il vantaggio della risoluzione di un problema annoso, quello del riciclo di PFU, soprattutto commisurato al potenziale di produzione di una megalopoli che nel suo complesso arriva a contare oltre 26 milioni di abitanti!
Né, la possibile replica dell’allestimento influirà in termini apprezzabili sul quantitativo di PFU tolti alle discariche o ai cementifici; tuttavia si apprezza sicuramente il messaggio sotteso: giocare al riciclo per crescere nel rispetto dell’ambiente.
E in Italia? Ancora si attende il Decreto Legislativo che dovrebbe istituire una filiera nazionale di gestione dei PFU, malgrado da tempo siano note le disponibilità di Aziende ed Imprese. I pneumatici esausti, quando va bene finiscono come vettore ad alto gradiente termico negli altoforni per la produzione di cemento oppure nei trituratori per la preparazione di granulato da avviare a produzioni quali stampaggio di materiale isolante o particolari pavimentazioni. Quando va male, invece, si bruciano nei terreni incolti o si abbandonano lungo il corso dei fiumi (ma la natura impiega più di 100 anni per smaltirne uno e neanche tanto completamente…).
Così, mentre in Giappone si impara sin da piccoli il valore del riciclo e del riutilizzo, da noi si trasmettono altri valori: quello di arrangiarsi, quello di dilazionare le responsabilità nel tempo, quello della proroga e del “chi vivrà, vedrà” con buona pace dei nostri piccoli che veramente, un domani, potrebbero giocare fra i rifiuti.

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