PRIMAVERA DI FUOCO

In Italia la benzina è fra le più care d’Europa e la situazione dovrebbe peggiorare ancora

Il prezzo della benzina, nell’ultimo mese è sempre più al centro di discussioni e polemiche. I consumatori vedono il prezzo del carburante salire continuamente e, mentre frugano nel portafogli, cercano invano di scoprire il colpevole dei continui rincari. La spesa sempre maggiore è responsabilità delle Compagnie petrolifere o delle tasse statali? E, soprattutto, come si può risolvere il problema del continuo aumento dei prezzi? Molte Compagnie hanno aumentato i prezzi di benzina e gasolio in Europa e l’Italia sta pagando salatamente questi rialzi. Vediamo, insieme, la classifica dei 27 Paesi europei, secondo le rilevazioni del Portale Europeo dell’Energia. Il diesel italiano è in assoluto fra i più cari del continente. Il costo medio per la Peni- sola è calcolato a 1,22 euro al litro, ed è superato solo da Grecia (1,25), Danimarca (1,24) e Germania (1,23). Calcolando però solo il prezzo al netto delle imposte, l’Italia, con 60 centesimi è superata solo da Grecia (64), Portogallo (61), e Finlandia, (61).

Per quanto riguarda la benzina, il costo medio italiano calcolato dal Portale europeo è pari a 1,39 euro al litro, e non è fra i più alti in assoluto (superato da Belgio, Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia e Portogallo). Il costo al netto delle imposte, però, pari a 60 centesimi, è in assoluto il più alto dietro solo alla Danimarca (61). Tutte le Compagnie, tranne Erg, hanno portato la verde sopra 1,43 euro al litro e sale anche il costo del diesel, portando il costo del carburante ai picchi toccati nell’estate del 2008. Tra l’altro, questo succede mentre sui mercati i futures del petrolio scendono sotto gli 82 dollari al barile, zavorrati fra le altre cose, dal rafforzamento del dollaro (che guadagna sull’euro soprattutto a causa della crisi greca). Il prezzo dei carburanti in Italia resta fra i più alti d’Europa. La nuova ondata di rincari è partita con il ritocco al rialzo di Agip ed è proseguita con i rincari decisi di Api/ Ip, Esso, Shell, Tamoil e Total (almeno queste erano le ultime stime prima della pubblicazione dell’articolo). Per la verde, rincari fra 5 e 6 centesimi, con il risultato che se si esclude Erg, il cui prezzo è pari a 1,428 euro, tutte le altre Compagnie sono salite sopra quota 1,43 con il picco rappresentato Tamoil e Q8 (1,44). Il gasolio ha subito incrementi più diversificati, dai 2 agli 8 centesimi, e i prezzi vanno da 1,269 applicato da Erg e Shell a 1,287 di Q8. Su questo problema era già intervenuto l’allora Ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, il quale aveva spiegato che il taglio delle accise “non è un percorso possibile”e aveva aggiunto che ai primi di maggio sarebbe stato definito il Piano discusso la settimana prima con i petrolieri: “Crediamo che la benzina riuscirà a ridurre lo stacco con la Ue sul costo industriale.. Ho incontrato il garante dell’Antitrust per alcuni aspetti che devono essere definiti”. Il Protocollo presentato nei giorni scorsi (Proposte in materia di ristrutturazione della rete di distribuzione carburanti) prevede, fra i punti più importanti, l’introduzione del prezzo settimanale, che le Compagnie una volta fissato potranno solo diminuire, non aumentare fino all’ottava successiva. In vista, anche una riorganizzazione della rete. Il problema è che si tratta di misure non certo immediate, si parla di un anno circa per la loro effettiva applicazione. Nel frattempo, Federconsumatori cal- cola che i rincari comportano una ricaduta sugli automobilisti pari a 254 euro l’anno e ipotizza che al proseguire del trend attuale, tale somma potrebbe anche raddoppiare! La corsa al rialzo non sembra dunque arrestarsi ed il Governo, sollecitato continuamente dai consumatori, ha annunciato di avere allo studio un’ampia riforma di settore che potrebbe però essere anticipata nell’immediato da interventi fiscali per la sterilizzazione dell’IVA. Sul tema era inter- venuto anche il Sottosegretario al Ministero per lo Sviluppo economico, Stefano Saglia, che ospite in aprile alla trasmissione Omnibus life in onda su La7, ha spiegato che “la sterilizzazione dell’IVA sarebbe una risposta immediata come del resto il Presidente del Consiglio ha chiesto al nostro Ministero”. In altre parole, questo significherebbe per Saglia che “Lo Stato non è interessato all’au- mento del prezzo della benzina”. L’interesse primario è quello di dare sollievo agli automobilisti grazie a misure istantanee. Ma per togliere quei 3-4 centesimi al litro di troppo e per allineare i prezzi italiani con quelli europei, servirà un triennio. “Nel 2013 – ha detto Saglia – potremmo farcela ma la differenza dei prezzi è determinata soprattutto dall’organizzazione della rete, sulla quale bisogna lavorare insieme con le Regioni. L’obiettivo finale è quello di raggiungere un allineamento definitivo con gli altri Paesi”. Tra le ipotesi all’esame del Ministero c’è quella di introdurre prezzi settimanali, anziché quotidiani, oltre a quella di una misura fiscale. Sull’IVA si era già intervenuti in passato, nel ’99 prima e nel 2008, poi, sempre con meccanismi abbastanza complessi. Nel caso più recente il Governo Prodi varò un Decreto per sterilizzare l’effetto degli aumenti del petrolio sul prezzo dei carburanti. La norma, emanata in base alla Finanziaria 2008, prevedeva uno sconto fi- scale di 2 centesimi per ogni litro di benzina o gasolio, con la conseguente restituzione agli automobilisti di una somma pari a circa 162 milioni di euro. La Finanziaria di quell’anno prevedeva infatti la possibilità di emanare, ogni tre mesi, un provvedimento che, attraverso un meccanismo sulle me- die delle quotazioni del greggio, riducesse l’impatto del caro-carburanti assorbendo con l’accisa (l’imposta sulla fabbricazione e vendita di prodotti di consumo) il miglior gettito Iva derivante dal rialzo della materia prima. Incalzato dalle domande, il Direttore Generale dell’Unione Petrolifera, Piero De Simone, ha rilevato come nonostante i 24.000 impianti e gli ingenti costi del sistema distributivo italiano, l’Italia abbia un venduto inferiore rispetto ad altri Paesi europei. Ma, schermendosi, ha poi dichiarato che:”se il consumatore è attento può risparmiare già oggi tra i 5 e i 7 centesimi, perché il ventaglio dei prezzi è molto ampio. Per ridurre i costi bisogna mettere mano a un discorso strutturale”. Secondo De Simone “non è vero che c’è speculazione perché l’ordine di grandezza dei profitti delle compagnie su un litro di benzina è di 1-2 centesimi e lo spazio di manovra per farsi concorrenza tra aziende è il 10% del prezzo finale perché le altre voci sono fisse. Piuttosto, il sistema petrolifero – ha concluso – ha perso abbondantemente oltre un miliardo di euro”. È sceso in campo contro il caro-benzina anche il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, secondo cui “la cosa più importante da fare è aumentare il self-service, in particolare l’iperself, perché gli impegni che sono stati assunti da Eni con noi hanno dato ottimi risultati fino a 10 centesimi in meno sul servito: significa essere veramente in linea con l’Europa”. Il Presidente UP(Unione Petrolifera), Pasquale De Vita, ha insistito invece sul fatto che chi cerca la benzina meno cara la può trovare:”Ci sono migliaia di impianti che vendono la benzina a livello dei prezzi europei. Self-service, sconti, iniziative di promozione – ha sottolineato, aggiungendo che – siamo di fronte ad un’aggressione totale, anche da parte di giornali e mass media, perché sembra che sotto Pasqua ci sia stata una grande speculazione sulla benzina. In realtà negli ultimi 15 giorni i prezzi sono rimasti fermi». All’attacco, ovviamente, i consumatori che comunque apprezzano l’ipotesi della sterilizzazione dell’IVA ventilata dal Sottosegretario Saglia. Per Federconsumatori “le ricadute per gli automobilisti a causa dei continui rincari ammontano a ben 288 euro tra costi diretti ed indiretti. Facendo lo stesso conteggio su base annua, l’ammontare dei rincari per costi diretti e indiretti, raggiunge un totale di 469 euro in più per ogni automobilista”. Il problema, sottolinea l’Associazione, e che “ad oggi i carburanti vengono venduti a 1,44 euro al litro, lo stesso prezzo a cui si attestavano nel maggio 2008, periodo in cui però il costo del petrolio si trovava oltre i 120 dollari al barile”. Il Codacons calcola che sulle partenze del primo maggio, ad esempio, “i rincari dei prezzi di benzina e gasolio si tradurranno in una maggiore spesa a carico degli automobilisti pari complessivamente ad almeno 20 milioni di euro”. E secondo i calcoli dell’Adoc (Associazione per la Difesa e l’Orientamento dei Consuma- tori) per un pieno occorrono in media 11 euro in più dello scorso anno. L’Adoc, denunciata la situazione, ha provato a tracciare alcune possibili via d’uscita. Un primo provvedimento utile potrebbe essere quello di mettere mano al sistema delle accise che gravano sul prezzo del carburante. Sul prezzo pagato alla pompa dai consumatori, fa notare l’Adoc, le accise pesano per la bellezza di 0,30 euro al litro, cioè per il 20% del totale. Una quota assai considerevole, dunque, nella quale rientrano anche accise molto datate e che, al momento, risultano essere davvero anacronistiche, come l’accisa introdotta nel 1935 per la guerra di Abissinia (pari a 1,90 lire), quella del 1956 per la crisi di Suez (14 lire al litro) e quella per il disastro del Vajont del 1963 (ulteriori dieci lire); (NdR: per maggiori informazioni medasi il box a corredo dell’articolo). Il secondo pilastro della strategia ipotizzata da Adoc è l’aumento del numero di distributori. Incrementando i punti vendita e, permettendo loro di vendere anche prodotti diversi da quelli petroliferi, così da diversificare il business e godere di ulteriori entrate rispetto a quelle della vendita di carburante, si riuscirebbe a creare uno spazio utile per ridurre il prezzo praticato agli automobilisti. Fa riflettere come prima della scorsa Pasqua, a ridosso dell’abituale week end di esodo da parte di milioni di famiglie, siano stati applicati incrementi di prezzo che non corrispondono ad un aumento dei costi petroliferi, bensì ad una previsione sui livelli di mercato che il barile di petrolio potrebbe raggiungere fra tre mesi. Infatti sono stati presi come riferimento i valori dei cosiddetti future del mercato petrolifero. Questi valori esprimono la previsione di un futuro aumento di prezzo, in relazione al quale le Compagnie possono acquistare al costo di oggi “scommettendo” che fra tre mesi esse potranno realizzare un guadagno differenziale. Ovviamente il valore del future non coincide con quello attuale. Oggi il costo del barile corrisponde ad un aumento del 31% della media dei prezzi 2009, cioè 61,66 dollari al barile. Questo è il prezzo di acquisto attuale, sul quale sarebbe stato più giusto fissare i prezzi ai distributori e quindi al pubblico. È proprio da queste considerazioni che sono nate molte polemiche circa presunte speculazioni sui carburanti; l’UP, dati alla mano, ha sottolineato come non occorra correlare il prezzo della benzina a quello del greggio, ma occorre, invece, tenere conto del prezzo industriale del carburante che nel primo trimestre di quest’anno è cresciuto. In ogni caso, è difficile che l’Adusbef (Associazione Difesa Consumatori ed Utenti Bancari, Finanziari ed Assicurativi), la Federconsumatori e tutte le altre Associazioni che si battono per prezzi dei carburanti più trasparenti modificheranno il proprio orientamento. I Consumatori, tra l’altro, chiedono l’istituzione di una apposita Autorità di controllo che accerti costantemente la congruità della formazione dei prezzi rispetto a tutti i parametri in gioco. Rimane poi aperta, oramai da diversi mesi, la questione relativa alla possibilità di mettere a punto una completa liberalizzazione delle rete distributiva aprendo il mercato della vendita dei carburanti anche ai centri commerciali della Grande Distribuzione Organizzata. In questo modo secondo le Associazioni dei Consumatori il pieno costerebbe di meno, così come l’aumento delle pompe in modalità “self service” garantirebbe allo stesso modo più scelta e più risparmio, come già sottolineato in precedenza. C’è da dire, peraltro, che le alternative in questo momento non sono cosi affidabili e migliorative per l’impatto ambientale; ci riferiamo, ovviamente ai carburanti non tradizionali di origine agricola e targati “bio”. Una ricerca commissionata dall’Unione Europea ha messo in evidenza il pericolo che i biocombustibili possano immettere nell’atmosfera concentrazioni di gas serra quattro volte superiori a quelle generate dalla combustione di petrolio e gas. Questa notizia è poco rassicurante per il futuro del Pianeta e dell’Ue che ha scommesso di raggiungere, entro il 2020, la soglia del 10% di carburanti ottenuti da fonti rinnovabili per il trasporto su gomma. Questa ricerca è stata resa nota ed ufficiale dall’Ue solo da poco, dopo essere stata al centro di un piccolo giallo. Infatti il rapporto era pronto già dallo scorso dicembre, ma è stata l’Agenzia Reuters, dopo aver chiesto una copia dell’allegato, a renderlo visionabile invocando il diritto-dovere di informare i cittadini sulle notizie in esso contenute. Detto, questo, la situazione rimane comunque tesa e, per quello che riguarda il nostro Paese, siamo in attesa delle misure a breve termine promesse dal Governo con la speranza che il prezzo della benzina torni ad essere stabile ed accessibile a tutti, in modo tale da non rendere difficile ulteriormente la mobilità di persone e di merci.


Condividi con:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *