DIMOSTRARE LA BUONA FEDE PER EVITARE LA CONFISCA DEL MEZZO

Trasporto non autorizzato di rifiuti e terzo proprietario del mezzo

Già più volte la Corte di Cassazione ha sottolineato che, in tema di gestione dei rifiuti: “…in caso di trasporto non autorizzato, il terzo proprietario del mezzo adoperato per il trasporto, estraneo alla commissione del reato, per evitare la confisca ed ottenere la restituzione del mezzo deve provare la sua buona fede, ovvero di non essere stato a conoscenza dell’uso illecito o che tale uso non era collegabile ad un proprio comportamento negligente”. “Incombe, quindi, sul terzo proprietario che chiede la restituzione del bene, la dimostrazione rigorosa del presupposto della sua buona fede, che giustifica la mancata confisca”. L’occasione per ribadire il concetto è stata offerta da un’ennesima Sentenza che riportiamo di seguito a maggior approfondimento dei Lettori.

Repubblica Italiana In nome del popolo italiano LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE Terza Sezione Penale Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Dott. Pierluigi Onorato Dott. Alfredo Teresi Dott. Alfredo Maria Lombardi Dott. Luigi Marini Dott. Santi Gazzara ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto dall’Avv. (omissis), difensore di fiducia di (omissis) avverso l’ordinanza in data 19/10/2009 del Tribunale di Macerata, con la quale è stato rigettato l’appello avverso il diniego di restituzione di un automezzo. Udita la Relazione fatta dal Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi; Visti gli atti, la Ordinanza denunziaa ed il Ricorso, Udito il P. M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Giuseppe Volpe, che ha concluso per inammissibilità del ricorso; CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO Con l’impugnata ordinanza il Tribunale di Macerata ha rigettato l’appello proposto da (omissis) avverso il provvedimento del G.I.P. del medesimo Tribunale in data 3/09/2009, che aveva respinto la richiesta di revoca del sequestro di un automezzo; sequestro disposto in relazione al reato di cui all’art. 256 del D. Lgs. n. 152/2006. IlTribunale della libertà ha osservato che risulta incontestabile il fumus del reato oggetto di indagine, in quanto l’indagato, (omissis), è stato sorpreso alla guida dell’autocarro mentre trasportava rifiuti costituiti da rottami ferrosi e non ferrosi. L’ordinanza ha altresì affermato che nella specie sussistono le esigenze cautelari connesse al pericolo che l’automezzo venga ulteriormente impiegato per la commissione di analoghe condotte illecite, non risultando, tra l’altro, che lo stesso sia stato adoperato contro la volontà del proprietario; che, inoltre, l’affermazione dell’appellante, secondo la quale egli avrebbe ignorato l’uso che l’indagato intendeva fare del mezzo di trasporto, costituisce una mera asserzione, inidonea a far venire meno l’obbligo di confisca dell’autocarro. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore del (omissis), che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione. Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione delle norme che disciplinano l’onere della prova. Si deduce, in sintesi, che l’affermazione del Tribunale della libertà, secondo la quale il (omissis) non è riuscito a provare la sua buona fede, è errata, in quanto fondata su un’illegitt ma inversione dell’onere della prova, essendo stato posto a carico del terso proprietario l’onere di provare che egli non era consapevole dell’uso che sarebbe stato fatto del mezzo di trasporto. Si deduce inoltre che nel caso in esame non si versa un’ipotesi certa di confisca obbligatoria, essendo la misura di sicurezza patrimoniale legata all’accertamento che il terzo proprietario fosse consapevole dell’uso illecito dell’automezzo. Si contesta, infine, la sussistenza del pericolo di reiterazione del reato, essendosi trattato di un episodio del tutto occasionale. Con il successivo ed ultimo mezzo di annullamento si denunciano vizi di motivazione dell’ordinanza. Si deduce genericamente sul punto che la motivazione del provvedimento risulta in contrasto con gli atti processuali cui fa riferimento. Il ricorso non è fondato. È stato reiteratamente affermato da questa Suprema Corte, in tema di gestione dei rifiuti, che in caso di trasporto non autorizzato, il terzo proprietario del mezzo adoperato per il trasporto, estraneo alla commissione del reato, per evitare la confisca ed ottenere la restituzione del mezzo deve provare la sua buona fede, ovvero di non essere stato a conoscenza dell’uso illecito o che tale uso non era collegabile ad un proprio comportamento negligente. (Cfr. Sez. III, 2 luglio 2008 n. 26529,Torre,RV240551: conf.Sez.III12dicembre2008n. 46012, Castellano, RV 241771; sez. III, 3 agosto 2004 n. 33281, Datola RV 229010). Incombe, quindi, sul terzo proprietario che chiede la restituzione del bene, la dimostrazione rigorosa del presupposto della sua buona fede, che giustifica la mancata confisca. È agevole, poi, osservare, che nel caso in esame non si versa in ipotesi di inversione dell’onere della prova, non consentita in materia penale, in quanto la dimostrazione richiesta al terzo proprietario non riguarda l’accertamento della responsabilità penale. Peraltro, l’accertamento della consapevolezza dell’uso illecito del mezzo di trasporto, che deve essere provata dalla pubblica accusa, comporterebbe la corresponsabilità del proprietario nella commissione del reato. È, invece, onere del proprietario, anche se estraneo al reato, fornire la prova necessaria a contrastare l’obbligo previsto dalla legge di confisca dei mezzi utilizzati per il trasporto illecito di rifiuti. Va anche osservato che, nel caso in esame, il rigetto della richiesta di restituzione dell’autocarro è stata altresì fondata sul pericolo di reiterazione della commissione del reato, esigenza cautelare con riferimento alla quale la cesura del ricorrente è del tutto generica. Il secondo motivo del ricorso è inammissibile, non essendo consentita, ai sensi dell’art. 325 cpp, l’impugnazione dei provvedimenti in materia di misure cautelari reali per vizi di motivazione, che peraltro sono denunciati con formulazione assolutamente generica. Il ricorso, peraltro, deve essere rigettato. Ai sensi dell’art. 616 cpp segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. PQM La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al paga- mento delle spese processuali. Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 29/04/2010


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