LA CASSAZIONE RIBADISCE LA DEFINIZIONE

Nel caso in esame: abbandono e deposito incontrollato di rifiuti pericolosi e non pericolosi sul suolo di un’area di competenza di una società

In base alle norme vigenti, va considerato “fuori uso” sia il veicolo di cui il proprietario si disfi o abbia l’obbligo di disfarsi, sia quel- lo destinato alla demolizione, ufficialmente privato delle targhe di immatricolazione, anche prima della materiale consegna a un centro di raccolta, sia quello che risulti in evidente stato di abbandono, anche se giacente in area privata. L’occasione per tornare sulla definizione di “veicolo fuori uso” è stata offerta alla Corte di Cassazione nel caso di un ricorso presentato dal legale rappresentante di una Società contro una precedente sentenza che gli contestava l’abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti pericolosi e non (costruiti da camion ed autovetture), su suolo di pertinenza della società stessa. Nella stessa Sentenza la Corte ha ribadito che “il reato di deposito incontrollato di rifiuti di cui all’art. 51 comma 2, del D. Lgs 5 febbraio 1997 n. 22, è ipotizzabile non soltanto in capo alle imprese o agli enti che effettuano una delle attività indicate al comma 1 del citato art. 51 (raccolta, tra- sporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti), ma a qualsiasi impresa, avente le caratteristiche di cui all’art. 2082 cod. civ., o ente, con personalità giuridica o operante di fatto, atteso che il precedente riferimento alla attività di gestione dei rifiuti originariamente previsto dal comma in questione risulta soppresso con Legge 9 dicembre 1998 n. 426”. Pubblichiamo, di seguito uno stralcio della Sentenza a maggior informazione dei Lettori.

Repubblica Italiana In nome del popolo italiano LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE Terza Sezione Penale Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati Dott. Pierluigi Onorato Dott. Alfredo Teresi Dott. Claudia Squassoni Dott. Guigla Immacolata Mulliri Dott. Giulio Sarno ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da (omissis) av- verso la sentenza n. 3057/2008 Corte d’Appello di Firenze, del 20/03/2009. Visti gli atti, la Sentenza, il Ricorso Udita in Pubblica Udienza del 13/04/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Giulio Sarno; Udito il Procuratore Generale in per- sona del Dott, Montagna Alfredo che ha concluso per inammissibilità del ricorso. (omissis) propone ricorso per Cassazione accerso la Sentenza in epigrafe con la quale la Corte d’Appello di Firenze ha confermato la condanna dell’imputato inflitta dal Tribunale di Arezzo, Sezione distaccata di Sansepolcro, per il reato di cui agli artt. 81 c.p., 192 co 1 e 256 co. 1 e 2 del D. Lgs. 152/2006 contestato per avere in più occasioni, nella qualità di legale rappresentante della (omissi), abbandonato e depositato incontrollatamente rifiuti pericolosi – camion completo di serbatoio carburante, batte- ria condensatore, oli, camion incidentato completo con rimorchio ferraglia, camion con motrice incendiata con motore, completi di liquidi con fuoriuscita di oli, camion incidentato con impianto di aria condizionata completa di filtri liquidi, e non pericolosi – quattro autovetture con targa in evidente stato di abbandono e sei cabine di camion, su suolo dell’area di pertinenza della società. Eccepisce in questa sede il ricorrente: violazione dell’ar t. 183 D. Lgs. 152/2006, in realazione all’art. 1 c.p., agli artt. 3, 13 del D. Lgs. n. 209/03, dell’art. 6 D. Lgs. 22/97, con riferimento all’art. 14 D. Lgs. 138/02 sul rilievo che gli automezzi rinvenuti nel piazzale dell’autocarrozzeria non possono essere considerati rifiuti potendosi considerare tali solo gli oggetti di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi mentre, nella specie, i mezzi, targati e con proprietari, erano destinati ad un prossimo futuro riutilizzo dopo le riparazioni necessarie. E si aggiunge anche che solo il decreto del ministero dell’Interno n. 22/1999 di- sciplina l’iter formale propedeutico per trasformare il veicolo da entità circolante a rifiuto. Violazione dell’ar t. 256 D. Lgs. 152/06 in relazione all’ar t. 192 co 1 e 2, all’ar t. 1 c.p. ed all’art. 255 con riferimento agli artt. 1, 3, 13 del D. Lgs. 209/03 sul rilievo che la disposizione in esame sanziona l’attività di gestione dei rifiuti non auto- rizzata e che si riferisce pertanto a quei soggetti che effettuano le attività di gestione in modo professionale e non può essere applicata quindi all’attività della carrozzeria. Si evidenzia inoltre che alla cote fiorentina sarebbe sfuggita anche la distinzione fra deposito temporaneo occasionale accidentale ed attività organizzata per il trattamento alla gestione di veicolo fuori uso o di altri rifiuti. Violazione dell’art. 184 del D. Lgs. 152/06 con riferimento all’ar t. 231 dovendosi escludere che nella specie si trattasse di rifiuti pericolosi. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato. In ordine al primo motivo occorre rilevare come, anche di recente, questa Sezione abbia affermato che in tema di rifiuti, la circostanza che un veicolo risul- ti ancora iscritto negli elenchi del PRA (Pubblico Registro Automobilistico) non ne esclude la natura di rifiuto speciale, nel caso in cui il suo stato di degrado lo renda inidoneo alla circolazione (Sez. 3 n. 20424 del 27/01/2009 Rv. 243504). Tale orientamento va ribadito nella specie non apparendo decisivi i rilievi del ricorrente. L’art. 3, comma 1 lett. B) del D. Lgs. 24 giugno 2003 n. 209, “attuazione della Direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso”, richiamato dall’ar t. 231 del D. Lgs 152/06, definisce, infatti “veicolo fuori uso, un veicolo… a fine vita che costituisce un rifiuto ai sensi dell’art. 6 del D. Lgs 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modifiche”. Il successivo comma 2 recita: “Un veicolo è classificato fuori uso ai sensi del comma 1, lettera b): a) con la consegna ad un centro autorizzato di raccolta, effettuata dal detentore direttamente o tramite soggetto autorizzato al trasporto di veicoli fuori uso o tramite il concessionario o il gestore dell’automercato o della succursale o della casa costruttrice che ritira un veicolo destinato alla demolizione nel rispetto delle disposizioni del presente decreto. È, comunque, considerato rifiuto e sottoposto al relativo regime, anche prima della consegna al centro di raccolta, il veicolo che sia stato ufficialmente privato delle targhe di immatricolazione, salvo il caso di esclusivo utilizzo in aree private di un veicolo per il quale è stata effettuata la cancellazione dal PRA a cura del proprietario ; b) nei casi previsti dalla presente disciplina in materia di veicoli a motore rinvenuti da organi pubblici e non reclama- ti; c) a seguito di specifico provvedimento dell’autorità amministrativa o giudiziaria; d) in ogni altro caso in cui il veicolo, ancorché giacente in area privata, risulta in evidente stato di abbandono”. Ora se è vero che alla lettera a) si precisa che è considerato rifiuto il veicolo ufficialmente privato delle targhe per il quale sia stata effettuata la cancellazione al PRA, appare ingiustificatamente riduttivo limitare a questo solo caso l’ipotesi in cui il veicolo fuori uso debba essere considerato rifiuto atteso che il D. Lgs. in questione persegue l’obiettivo di attuare la Direttiva 2000/53/CE che tale limitazione non opera. Ed invero all’art. 2 n. 2) la citata Direttiva prevede che debba intendersi per “veicolo fuori uso” un veicolo che costituisce un rifiuto ai senso dell’art. 1 lettera a), della Direttiva 75/442/CEE. Per tanto, tenuto conto di quanto sancito alla lettera d) del comma 2 dell’art. 3 D. Lgs. 309/03, deve essere considerato “fuori uso” sia il veicolo di cui il proprietario si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi, sia quello destinato alla demolizione, ufficialmente privato della targhe di immatricolazione, anche prima della materiale consegna a un centro di raccolta, sia quello che – come nella specie – risulti in evidente stato di abbandono, anche se giacente in area privata (sul punto, Sez. 3 n. 33789 del 23/06/2005 Rv. 232480). Di qui la considerazione della correttezza del ragionamento della Corte di merito che non ha ritenuto di doversi soffermare sulla mancata riconsegna delle targhe al PRA ritenendo evidentemente tale accertamento non decisivo e che piuttosto si è concentrata sulla individuazione degli elementi sintomatici dello stato e della volontà di abbandono degli automezzi. In questo senso appaiono logicamente valorizzate le condizioni in cui le motrici ed i veicoli si trovavano. È appena il caso di rilevare infine che la spiegazione fornita dal ricorrente che ha giustificato la presenza dei veicoli in funzione con la necessità di riparazione, in quanto correttamente e logicamente esclusa dalla Corte di merito, non può formare oggetto di esame in questa sede, essendo notoriamente preclusa nel giudizio di legittimità la verifica di merito delle conclusioni della sentenza impugnata. Quanto al secondo motivo questa Sezione ha precisato che il reato di deposito incontrollato di rifiuti di cui all’art. 51 comma 2, del D. Lgs 5 febbraio 1997 n. 22, è ipotizzabile non soltanto in capo alle imprese o agli enti che effettuano una delle attività indicate al comma 1 del citato art. 51 (raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti), ma a qualsiasi impresa, avente le caratteristiche di cui all’art. 2082 cod. civ., o ente, con personalità giuridica o operante di fatto, atteso che il precedente riferimento alla attività di gestione dei rifiuti originariamente previsto dal comma in questione risulta soppresso con Legge 9 dicembre 1998 n. 426 (Sez. 3, n. 9544 dell’11/02/2004 Rv. 227570). Tali considerazioni non possono che essere ribadite per l’art. 256 del D. Lgs. 152/06 che riproduce l’art. 51 co. 2 nella più recente formulazione. In ordine al terzo motivo, infine, correttamente si è fatto riferimento da parte dei giudici di appello alle componenti pericolose dei veicoli e si è evidenziato come i veicoli fuori uso abbiano come codice di riferimento CER 160106* (art. 184 co. 5). Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. PQM La Corte Suprema di Cassazione Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento della spese processuali. Così deciso in Roma, il 13/94/2010.


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