QUANDO SONO RIFIUTI E QUANDO MATERIA PRIMA SECONDARIA

La Corte di Cassazione fa il doveroso distinguo

I materiali ferrosi rientrano nella qualifica di materia prima seconda- ria solo quando provengono da un centro autorizzato di gestione di trattamento dei rifiuti e presentano caratteristiche rispondenti a quelle elencate dai Decreti Ministeriali per il recupero agevolato. In caso contrario, dopo le modifiche introdotte con D. Lgs. N. 4/2008, i materiali ferrosi rientrano nel campo della disciplina sui rifiuti. A precisarlo, ribadendo peraltro un concetto più volte espresso, è stata la III Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione che con Sentenza n. 22013 del 9 giugno 2010, ha respinto un ricorso avverso ad una condanna precedentemente comminata dal Tribunale di Padova.

Per maggior informazione dei Lettori, pubblichiamo il testo della Sentenza. Repubblica Italiana In nome del popolo italiano LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE Terza Sezione Penale Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Pierluigi Onorato Dott.AlfredoTeresi Dott. Claudia Squassoni Dott. Guicla Immacolata Mulliri Dott. Giulio Sarno ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: (omissis) avverso la Sentenza n. 900/2008 Tribunale di Padova, del 24/02/2009 (omissis) Motivi della decisione Con sentenza 24 febbraio 2009, il Tribunale di Padova ha ritenuto (omissis) responsabili del reato previsto dall’art. 256 c. 2 lett.a, c.4 D. Lgs. 152/2006 (per avere, quali legali rappresentanti di una ditta, omesso di osservare le prescrizioni della autorizzazione per la messa in riserva e recupero dei rifiuti speciali) e ha condannato ciascuno alla pena di euro cinquemila di ammenda. A sostegno della conclusione, il Giudice ha rilevato come, dalla deposizione di un teste e dalla documentazione fotografica, risultasse che vi erano due cumuli di rottami ferrosi frammisti a materie prime secondarie e la situazione rendeva impossibile la verifica della allocazione del materiale nelle aree prestabilite e la individuazione dei siti destinati ai rifiuti in arrivo, allo stoccaggio, alla messa in sicurezza. Per l’annullamento della sentenza, gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e vio-azione di legge, in particolare rilevando:
– che la procedura rappresenta una abnormità per non essere stato revocato il decreto penale di condanna;
– che il teste ha riferito del sopralluogo del 7 marzo 2007 (data non inserita nel capo di imputazione) e, quindi, di una condotta diversa da quella contestata ed il Pubblico Ministero non ha provveduto a sensi dell’art. 517 cpp.: nelle epoche indicate nel capo di imputazione non è stata accertata alcuna violazione; – che il Giudice non ha tenuto conto che il materiale ferroso era stato selezionato e, pertanto, doveva qualificarsi materia prima secondaria; – che è immotivata la quantificazione della pena per la quale non è stata effettuata la diminuente del c. 4 dell’art. n. 256 del D. Lgs. Citato. Le cesure degli atti di ricorso non sono meritevoli di accogli- mento. La mancata revoca espressa del decreto penale, prima di pro- cedere al giudizio conseguente alla opposizione, non è causa di nullità del procedimento, in quanto la revoca è un antecedente indefettibile del giudizio e si verifica ope legis, per il solo fatto della sua celebrazione, e non ope iudicis (ex plurimis: Cass. Sez. 5 Sentenza 38966/2005). Inoltre, per la violazione dell’art. 424 c. 3 cpp, non è prevista una sanzione processuale per cui non è ravvisabile alcuna nullità per il principio di tassatività enucleato dall’art. 177 cpp. Relativamente alla seconda cesura, si osserva come il presente procedimento origini da accertamenti dei funzionari dell’Arpav che hanno rilevato varie irregolarità nella gestione dei rifiuti che non rispettava le prescrizioni dell’atto autorizzatorio. Nel capo di imputazione, il Pubblico Ministero aveva formulato l’accusa in modo chiaro, preciso, puntuale che ben focalizzava la condotta antigiuridica della quale gli imputati erano chiamati a rispondere. Il rilievo che la contestazione faceva riferimento ai sopralluoghi del 8, 13, 14 aprile 2007 (e non a quello antecedente del 7 marzo 2007 in relazione al quale ha riferito un teste al dibattimento) non ha impedito agli imputati di comprendere l’addebito e di esplicare una completa e fattiva azione difensiva su ogni elemento dell’accusa. La circostanza, accessoria rispetto al nucleo della contestazione, che l’accertamento del reato sia avvenuto anche in data 7 marzo 2007 è emersa in esito ad una testimonianza assunta nel contraddittorio dibattimentale; la nuova emergenza non ha posto agli imputati di fronte ad una contestazione “a sorpresa” e non ha interferito negativamente sulla loro pregressa linea difensiva. Il fatto ritenuto in sentenza non si è trasformato in modo radicale rispetto allo originario contenuto dell’imputazione per cui non è riscontrabile alcuna violazione dell’art. 521 cpp. Nel merito, gli imputati non negano che l’autorizzazione imponesse loro di collocare in aree distinte le materie prime secondarie ed i rifiuti, ma sostengono che il materiale ferroso, in esito alla selezione, aveva perso la qualifica di rifiuto. La tesi difensiva non tiene conto che, secondo l’originario testo dell’art. 183 c. 1 lett. U del D. Lgs. 152/2006 (vigente all’epoca del commesso reato), i rottami ferrosi erano considerati materie prime secondarie per attività di siderurgia quando la loro utilizzazione fosse certa e fossero rispondenti a specifiche Ceca,Aisi,Caef o altre specifiche nazionali o internazionali. Attualmente, dopo le modifiche introdotte con il D. Lgs. N. 4/2008, i materiali ferrosi rientrano nel campo della disciplina dei rifiuti salvo che gli stessi provengano da un centro autorizzato di gestione e di trattamento dei rifiuti, presentino caratteristiche rispondenti a quelle elencate dai Decreti Miniseriali per il recupero agevolato dei rifiuti assumendo, in tale caso la qualifica di materia prima secondaria. Nel caso in esame, manca la prova che i rottami ferrosi corrispondessero alle caratteristiche su specificate. Per quanto concerne la pena, la motivazione (che fa generico riferimento ai parametri indicati dall’art. 133 cp) è sufficiente dal momento che il Giudice ha optato per la sola ammenda inflitta in misura non affittiva. Non era necessaria l’indicazione della diminuzione di pena operata per il c. 4 dell’art. n. 256 del D. Lgs 152/2006 perché il decremento non è lasciato alla discrezione del Giudice, ma determinato dalla legge nella misura della metà; questo in rilievo consente di individuare la pena fissata dal Tribunale pur in mancanza di una precisazione in tale senso.


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