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I FILTRI ANTIPARTICOLATO: GIOIE E DOLORI - Notiziario Autodemolitori

I FILTRI ANTIPARTICOLATO: GIOIE E DOLORI

traffico auto

È noto come l’inquinamento atmosferico causato dal traffico veicolare nel suo complesso (pubblico, privato e commerciale), incida per il 35% del totale delle emissioni emesse dalle attività antropiche. Orbene, accanto a dinamiche di riduzione della mobilità, del parco auto circolante e della miglior performance ambientale degli automezzi in circolazione; da vari anni, la ricerca applicata alla progettazione di nuovi autoveicoli ha prodotto alcuni accorgimenti tecnici volti, sostanzialmente, all’abbattimento e al contenimento delle microfrazioni solide contenute nei gas di scarico. Tali accorgimenti, che, si spera, siano diffusi ed applicati sul maggior numero di nuovi modelli (allorché ne venga certificata l’effettiva efficacia), sono commercializzati con sigla FAP e DPF, ad indicare i due principali sistemi di filtraggio antiparticolato dei gas di scarico dei motori diesel.

Non si tratta di banali filtri, bensì di complessi ed ingegnosi sistemi installati sui motori diesel che, a differenza di quelli a benzina, presentano maggiormente la problematica delle emissioni di polveri sottili, le cosiddette PM 10, note per essere responsabili di molteplici patologie a carico dell’apparato respiratorio, cardiocircolatorio ed endocrino. Nel sistema FAP le emissioni sono filtrate, raccolte ed infine bruciate ad una temperatura di 450° C, ogni 300-500 Km, liberando il catalizzatore nel momento in cui l’auto supera una certa velocità. Nel sistema DPF, invece, il tutto avviene ad una temperatura di 650° C. Nello specifico, il filtro attivo antiparticolato (FAP) è il dispositivo introdotto a partire dal 2000 dal gruppo PSA Peugeot-Citroën per ridurre le emissioni di particolato dai gas di scarico dei motori diesel. Il particolato: facciamo chiarezza Il particolato emesso dalla combustione del carburante è composto da particelle di fuliggine (residui carboniosi prodotti durante la combustione) delle dimensioni di 20-30 micron (Ndr: unità di misura pari ad 1 millesimo di millimetro) che inglobano per reazione chimico-fisica le particelle più piccole di idrocarburi aromatici policiclici (PAH) e i composti dello zolfo incombusti. Sono proprio i residui incombusti di idrocarburi (HC), l’acido solforico (H2SO4) e l’acido solfidrico (H2SO3) che rendono particolarmente nocivo il particolato tanto per la salute umana, come si è detto poc’anzi, quanto per l’integrità dei manufatti edili artistici, particolarmente attaccati dalle cosiddette “piogge acide”, naturale conseguenza della reazione chimica che avviene nell’atmosfera fra il vapore acqueo e questi gas acidi. Come funziona il FAP La tecnologia FAP, adottata in primo luogo dal Gruppo Peugeot-Citroën e, successivamente, Volvo, Ford e Toyota, prevede la miscelazione al gasolio di un additivo catalizzatore: il biossido di cerio (CeO2, più noto col nome di “cerina”) allo stato liquido, al fine di facilitare la creazione di agglomerati di più grande dimensione tale che possano essere più facilmente captati dall’elemento filtrante. La cerina è contenuta in uno specifico serbatoio da 5 litri posto accanto a quello del gasolio e la miscelazione, tramite pompa elettrica, avviene in automatico e nella corretta percentuale ad ogni rifornimento di carburante (il segnale è fornito dal galleggiante del livello gasolio). Occorre tener presente, però, che la quantità minima per indurre la miscelazione di cerina prevede una immissione di almeno 7 litri di gasolio nel serbatoio. L’ossido di cerio è tossico e per evitare, per quanto possibile, l’inalazione e il contatto con l’organismo, viene fornito alle concessionarie in sacche di materiale plastico morbido da 1 litro o da 5 litri, dotate di innesto rapido al relativo serbatoio. Il tutto va effettuato con guanti monouso e mascherina a carboni attivi. L’aumento di temperatura necessaria alla combustione del particolato all’interno del FAP è ottenuto rendendo più caldi i gas di scarico che arrivano al filtro (nella marcia in città la temperatura dei gas di scarico è normalmente di appena 150°C). Tale processo viene indotto prolungando la combustione del gasolio ben oltre il punto morto superiore del pistone tramite una o due post-iniezioni. Inoltre, si può bypassare l’intercooler (scambiatore di calore per raffreddare l’aria compressa in arrivo dal turbo) così da ottenere aria più calda in camera di combustione. Tuttavia, tale processo provoca, evidentemente, un aumento del consumo di carburante (che in certi casi può addirittura raddoppiare) e un lieve calo delle prestazioni e tali controindicazioni non possono essere trascurate nel quadro complessivo dei costi di gestione del veicolo, soprattutto in considerazione della notevole frequenza media prevista per la rigenerazione del filtro antiparticolato. Questa è controllata dalla differenza di pressione registrata dai due sensori posti in entrata e in uscita del FAP: con l’intasarsi progressivo del filtro, il salto di pressione aumenta finché il modulo di gestione elettronico del filtro non legge il valore limite di “rigenerazione”. Essa dovrebbe avvenire, a secondo delle condizioni di uso del veicolo, ogni 300-1.000 Km (10-15 ore di funzionamento), durante i percorsi extraurbani a velocità media di almeno 90 Km/h per un tempo di circa 10-20 minuti. Tuttavia, le statistiche hanno rilevato casi di rigenerazione dopo una percorrenza di appena un centinaio di Km. Va detto, però, che le misurazioni, non sono state effettuate su tempi abbastanza lunghi e quindi non comprendono la fase di rigenerazione del filtro, come affermano i detrattori di questo sistema. In più, va tenuto in conto il fatto che la post combustione necessaria a riscaldare opportunamente FAP e DPF nella fase di rigenerazione, provoca inevitabilmente una progressiva diluizione dell’olio motore a causa della percentuale di gasolio iniettato in ritardo che, restando incombusto, cola lungo le pareti dei cilindri e si deposita nella coppa. La pars destruens della ricerca afferma che è un errore ritenere che il particolato venga totalmente eliminato con tale processo, dal momento che la quantità di polveri misurabile con gli attuali strumenti viene solo in parte ridotta. Una buona percentuale viene trasformata in nanoparticelle volatili ancora più piccole che sfuggono all’attuale normativa e quindi agli strumenti di monitoraggio, ma non, purtroppo, ai filtri biologici e sicuramente più sensibili dei nostri bronchi! Altri studi sperimentali, peraltro, hanno dimostrato che il sistema FAP ha una notevole efficacia nella cattura del particolato emesso dai motori diesel. In particolare, secondo le misurazioni effettuate dall’Istituto Sperimentale per i Combustibili, sembra che le polveri vengano abbattute di 7 volte in massa e di 10.000 volte in numero! Tuttavia, persiste un diffuso sospetto circa la reale efficacia dei filtri antiparticolato e autorevoli pareri medici si sono pronunciati criticamente sul fatto che l’ulteriore riduzione dimensionale delle micropolveri attuata risulta essere ancor più nociva per salute degli organismi in quanto le nanoparticelle volatili, più piccole del PM10, hanno possibilità maggiori di raggiungere i polmoni ed annidarsi al loro interno. In Germania anche il TÜV (ente privato preposto al controllo ed omologazione di autoveicoli ed accessori) si è schierato decisamente contro l’utilizzo dei filtri antiparticolato. In Italia, al contrario, ha suscitato scalpore e curiosità fra gli addetti ai lavori e la stampa specializzata in questioni ambientali il caso della Dukic Day Dream, azienda vicentina che da tempo sta lottando per conseguire l’ omologazione di un diverso sistema di riduzione delle polveri. L’azienda veneta ha progettato, realizzato e brevettato il TreDCarVan, dispositivo che, attraverso un sistema elettromagnetico, permette la riduzione della massa di particolato emessa dai motori diesel, agendo “a monte”, prima del processo di combustione. Nel processo interno al sistema, un campo elettromagnetico stimola le particelle di gasolio che raggiungono uno stato di eccitazione prima di entrare nel motore, facilitando, infine, una miglior combustione all’interno della camera da scoppio. Ma il sistema non ha ancora ottenuto la necessaria omologazione, benché del caso si siano occupate anche alcune forze politiche. Perché in Italia il sistema Fap non attecchisce? E cosa dice la norma a tal proposito? Ad oggi il comportamento dell’Italia non è in linea con gli altri Paesi dell’Unione Europea (la qual cosa sta diventando una spiacevole routine, soprattutto nel settore ambientale). Negli Stati membri dell’UE, le politiche e le leggi per l’ambiente sono decise esclusivamente a livello di Governo centrale ed applicate in modo univoco su tutto il territorio nazionale. In Italia, le singole Regioni ed i Comuni possono legiferare autonomamente in materia ambientale, in particolare, per ciò che riguarda le limitazioni alla circolazione dei veicoli a motore, al fine di ridurre le emissioni nocive. Questa grande anomalia ha portato ad una situazione di assoluta confusione e difformità comportamentale oltre che di non perfetta aderenza rispetto a precise Direttive Comunitarie. Ne è prova il fatto che, pur avendo recepito in tempo tutte le direttive emanate in materia di riduzione del particolato atmosferico, il Bel Paese non si è ancora adeguato ai parametri fissati dall’UE, né ha messo a punto un apposito Piano di Risanamento della qualità dell’aria, tuttora languente presso gli uffici del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Tanto per fare un esempio, poche settimane or sono il corrispondente RAI da Berlino spiegava che da quest’anno in Germania sarà limitata la circolazione in città per i veicoli Euro 1. In Italia, invece, per un eccesso di “prudenza”, si bloccano le vetture diesel nuove, appena immatricolate Euro 4! Ma la qualità dell’aria non migliora di un punto La tecnologia FAP, adottata in Francia sin dal 2000, col passare del tempo ha preso campo timidamente anche in Italia, ad esempio, la Provincia autonoma di Bolzano (2003) e la Regione Emilia Romagna (2004), hanno deliberato a favore delle automobili dotate di una qualche tecnologia di abbattimento del PM10, concedendo deroghe alle targhe alterne. Oggi molte Amministrazioni locali concedono deroghe al blocco del traffico alle automobili dotate di filtri come il FAP o che comunque, garantiscano un abbattimento del PM10: ultimi ad inserire la deroga sono stati i Comuni di Torino, Frosinone, Trento e Terni. Ma è ancora troppo poco… Nelle nostre città gran parte delle polveri sottili rilevate dalle centraline derivano dagli impianti di riscaldamento a gasolio e dai mezzi di trasporto pubblici. Sul piano legislativo, etico, giuridico e normativo europeo non è accettabile che un Sindaco di una qualsiasi città italiana, vanifichi precisi regolamenti, stabiliti a livello europeo e vieti la libera circolazione di veicoli nuovi, comunque prodotti nel pieno rispetto delle Direttive europee attualmente in vigore. Infatti la Direttiva 2003/76/CE-B (Euro 4) stabilisce dei limiti di emissione allo scarico ma non prescrive un metodo unico per ottenere gli stessi, né l’adozione obbligatoria di filtri allo scarico per le vetture diesel. Nel caso dei motori diesel Euro 4 i limiti previsti dalla suddetta Direttiva sono identici a prescindere dalla presenza o meno del filtro antiparticolato. Tanto è vero che, fino a circa un anno fa, non vi era alcuna possibilità di identificare, dalla carta di circolazione, una vettura dotata di filtro antiparticolato rispetto ad un’altra che ne fosse priva. Gli automobilisti italiani e i vigili urbani se ne sono accorti a seguito dei primi provvedimenti che discriminavano la circolazione in alcuni centri urbani. I primi non potevano dimostrare che potevano circolare, ma anche i secondi non disponevano della prova contraria. A questo punto le Case costruttrici hanno sollecitato il Ministero dei Trasporti a fare chiarezza e ad introdurre le necessarie distinzioni sulle carte di circolazione. Nel frattempo, per le vetture già in circolazione dotate di filtro antiparticolato “non segnalato” alcune Case hanno fornito ai clienti apposita dichiarazione con cui apportare, tramite Ispettorati della Motorizzazione, l’aggiornamento sulla carta di circolazione. Attualmente, sulla carta di circolazione delle vetture diesel Euro 4 di prima immatricolazione dotate di filtro antiparticolato, viene riportata, dopo il codice della Direttiva 2003/76 CE-B a cui risponde la vettura, anche la dicitura “Euro 4 con disp. Antiparticolato”. A seguito delle recenti ordinanze comunali, in particolare nelle città di Roma e Milano, in tema di limitazione della circolazione nelle aree urbane, e delle immediate proteste delle associazioni dei consumatori, è tornato di grande attualità il Decreto interministeriale, già allo studio dalla metà del 2006, atto a disciplinare le modalità di omologazione dei dispositivi antiparticolato in “retrofit”, vale a dire montati post-vendita su veicoli diesel già circolanti che ne sono sprovvisti in origine. Vista l’urgenza, tale Decreto è stato sottoscritto il 1° febbraio 2010 ed autorizza i vari Centri Prove Autoveicoli (CPA), in attesa della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del citato Decreto, ad accettare eventuali domande di omologazione dei sistemi antiparticolato o effettuare verifiche e prove. Eventuali richieste riguardanti sistemi già omologati da altri Stati membri dell’Unione Europea, saranno esaminate a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del Decreto in questione. Vi è da precisare che in commercio già esistono filtri antiparticolato in after market adattabili alle vetture più diffuse. Tali dispositivi non trattengono il particolato per bruciarlo, ma lo convertono chimicamente con una efficienza del 50%. I Fap possono essere, come dimostrato, una risposta a molti problemi, essi però non coprono tutto il parco auto, ma solo una piccola parte. Poi, come detto in precedenza e come è stato rilevato da alcuni studi, possono comunque contribuire alla diffusione di nanoparticelle ugualmente dannose per la salute. Il dato di fatto è che le norme non sono chiare, l’Italia non è in linea con gli altri Paesi dell’Unione Europea e la questione FAP continua a rimanere in un limbo che sembra essere infinito… finché non ci saranno azioni in qualunque direzioni. l’Italia sarà sempre più dietro… come un FAP!

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