Rifiuti speciali; diminuita la produzione nazionale nel 2020 (-4,5%)

Dalla XXI edizione del Rapporto Rifiuti Speciali dell’ISPRA i dati relativi al trattamento dei veicoli fuori uso che, nel 2020 ha subito un decremento del 5,8% sul 2019.

Presentato ieri a Roma, nel corso di un Convegno trasmesso in streaming presso il Senato della Repubblica il Rapporto Rifiuti Speciali 2022 (XXI edizione) a cura dell’Ispra.

Il Rapporto, che presenta i dati nazionali relativi all’anno 2020 sulla produzione e gestione dei rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi, a livello nazionale e regionale, e per la gestione anche a livello provinciale; e sull’import/export, è frutto di una complessa attività di raccolta, analisi ed elaborazione di dati da parte del Centro Nazionale dei Rifiuti e dell’Economia Circolare dell’ISPRA, con il contributo delle Agenzie regionali e provinciali per la Protezione dell’Ambiente.

Il Rapporto intende fornire un quadro di informazioni oggettivo, puntuale e sempre aggiornato di supporto al legislatore per orientare politiche e interventi adeguati, per monitorarne l’efficacia, introducendo, se necessario, eventuali misure correttive.

Ebbene, in estrema sintesi, la “fotografia” scattata dall’Ispra e riferita all’anno della pandemia mostra un calo del –4,5% rispetto al 2019 (quasi 7 milioni di tonnellate in meno) per quanto concerne la produzione di rifiuti speciali, dovuto all’arresto e al rallentamento delle attività produttive durante e dopo il lockdown.

Nonostante il calo significativo nel 2020 (-5,2%, oltre 3,5 milioni di tonnellate) il settore delle costruzioni si conferma quello che produce più rifiuti speciali (45,1% del totale), seguito dalle attività di gestione dei rifiuti e di risanamento ambientale (26,3%) e dalle attività manifatturiere (18,2% circa 26,7 milioni di tonnellate).
A diminuire di più sono i rifiuti non pericolosi (-4,6%), che rappresentano il 93,3% del totale di quelli speciali, mentre quelli pericolosi sono diminuiti di circa 300.000 tonnellate (-3%).

La produzione dei rifiuti speciali si concentra al Nord, dove il tessuto industriale è più sviluppato (56,9% del totale), soprattutto in Lombardia (21,6% di quelli prodotti a livello nazionale) e Veneto (11%). Qui è anche localizzata la metà dei 10.472 impianti, un quinto nella sola Lombardia (2106).

Grazie ai dati elaborati dall’Ispra in oltre 20 anni di lavoro – ha dichiarato Stefano Laporta presidente dell’Ispra ed Snpa – l’Istituto ha potuto fornire al MITE tutte le informazioni necessarie alla redazione delle due riforme collegate PNRR che disegnano la strategia per lo sviluppo dell’economia circolare dell’Italia nei prossimi 6 anni: la Strategia nazionale per l’economia circolare e il Programma nazionale di gestione dei rifiuti (PNGR). Il gap impiantistico tra Nord e Sud, descritto dal Rapporto, potrà essere in parte colmato dalle oltre 4000 proposte di progetti presentate per i Bandi PNRR della missione sull’economia circolare, di cui quasi la metà arrivate dal Mezzogiorno”.

Veicoli fuori uso: i dati del Rapporto
Per quanto concerne l’analisi delle informazioni riguardanti il trattamento dei veicoli fuori uso il Rapporto evidenzia che, tra il 2019 e il 2020, il numero degli impianti di autodemolizione operativi è passato da 1.462 a 1.417, dei quali 626 sono situati al Nord (44% del totale), 212 al Centro (15%) e 579 al Sud (41%).

In totale, negli impianti censiti sono state trattate oltre 1,2 milioni di tonnellate di veicoli, che però sono oltre 75.000 in meno del 2019 (con una contrazione del 5,8%).


Dall’analisi dei dati relativi alla ripartizione per macroarea geografica dei quantitativi di veicoli trattati emerge che al Centro s’è manifestata la diminuzione maggiore (-8% rispetto al 2019), mentre al Nord e al Sud i cali rilevati sono risultati più contenuti, rispettivamente del 5% e del 6%.
Tuttavia le regioni del Nord risultano essere quelle in cui vengono gestite le quantità più significative di veicoli (quasi 576.000 tonnellate), mentre 215.000 tonnellate sono trattate al Centro e 426.000 al Sud.


Sempre nel 2020 sono stati censiti 87 impianti che non effettuano operazioni di messa in sicurezza ma solo di trattamento (demolizione e smontaggio) per la promozione del riciclaggio; questi hanno ricevuto quasi 85.000 tonnellate di veicoli bonificati o componenti di veicoli.

Infine, per quanto concerne l’ultimo anello della catena della gestione ELV, ovvero, gli impianti di frantumazione (28 impianti operativi nel 2020, di cui 16 al Nord, 7 al Centro e 5 al Sud), dal Rapporto si conferma che questi non sono diffusi in maniera capillare sul territorio, ma appaiono concentrati in alcuni contesti territoriali in vicinanza degli impianti industriali di recupero del rottame ferroso e nelle zone in cui il tessuto industriale è più strutturato.

Relativamente alle diverse operazioni di gestione dei veicoli fuori il Rapporto rimarca che, nel complesso, la filiera raggiunge una percentuale di reimpiego e riciclaggio pari all’84,7% del peso medio del veicolo (quindi leggermente al di sotto del target dell’85% previsto per il 2015) e anche il recupero totale si attesta all’84,7%; con un gap notevole rispetto all’obiettivo fissato dalla norma al 95% . È evidente, ancora una volta che l’assenza di forme di recupero energetico continua a compromettere la possibilità del conseguimento del target complessivo di recupero.

Il Rapporto sottolinea ancora, se mai ce ne fosse bisogno, che il fluff prodotto dagli impianti di frantumazione (oltre 183 mila tonnellate). viene avviato quasi totalmente a smaltimento, mentre considerato l’elevato potere calorifico se ne potrebbe ricavare un efficace recupero energetico.

Dall’analisi dell’andamento delle percentuali di reimpiego, riciclaggio e recupero, a partire dal 2006, anno in cui ISPRA ha effettuato il primo monitoraggio – si legge nel Rapporto a chiusura del capitolo dedicato ai veicoli fuori uso – emerge che, dopo l’iniziale miglioramento dovuto forse ad una risposta positiva dell’intera filiera alla nuova legislazione e ai target europei, nonché ad una fase di adattamento rispetto al metodo di dichiarazione delle informazioni, negli anni successivi si assiste ad una sostanziale stabilità. Le carenze strutturali registrate si sono, dunque, perpetuate negli anni e nessun progresso si è registrato, in particolare per il recupero energetico che viene diffusamente utilizzato negli altri Stati Membri”.

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