centri di autodemolizione: …l’imperativo è adeguarsi!

Per gli autodemolitori è tempo di cambiare nella direzione di un sempre maggiore rispetto dell’ambiente. Con il D.Lgs. 209/2003 sulla Nuova disciplina per la gestione dei veicoli fuori uso infatti, l’Italia ha recepito la Direttiva Europea 2000 53/CE, introducendo tutta una serie di novità nel processo di fine vita dei veicoli, che vanno dal raggiungimento di percentuali prefissate di reimpiego e riciclaggio dei materiali di scarto (almeno l’85% del peso medio per veicolo entro il 1° gennaio 2006) alle caratteristiche impiantistiche e la messa in sicurezza dei centri di raccolta, alle fasi di trattamento e smaltimento dei rifiuti pericolosi e non.

Una normativa articolata e complessa che richiama necessariamente il mondo dell’autodemolizione a una sorta di “rinnovo”: per ottenere o mantenere le autorizzazioni all’esercizio degli impianti infatti, gli autodemolitori devono adeguarsi ad alcune prescrizioni tecniche e, come spesso avviene nelle fasi di transizione, non senza un po’ di iniziale confusione e qualche difficoltà. Non è un caso dunque, che all’interno di un ciclo di corsi organizzati da Arpa Marche e Regione Marche per addetti ai lavori, un seminario sia stato dedicato proprio ai Rifiuti dei centri di Autodemolizione. “È il settore che negli ultimi anni ha vissuto la maggiore trasformazione qualitativa – ha introdotto i lavori Isarema Cioni, Dirigente Servizio Ciclo dei Rifiuti e Aree Naturali Protette della Regione Marche – Sono allo studio una serie di bandi per sostenere l’adeguamento dei centri di autodemolizione e per mettere in rete tutti i dati sui flussi di rifiuti prodotti che, essendo considerati speciali, viaggiano da un posto all’altro, diventando meno rintracciabili”. “È urgente e necessaria la creazione di un catasto telematico per questo tipo di rifiuti – ha confermato Ferdinando De Rosa, Direttore tecnico Scientifico dell’ARPAM – Il parco- auto italiano attuale è assai lontano dai recenti parametri europei e presto andrà svecchiato: se pensate che da noi ci sono 6 vetture ogni 10 abitanti, la dimensione del problema autodemolizione è notevole”. Pressoché all’unanimità, gli intervenuti hanno riconosciuto che per i gestori degli impianti di autodemolizione in Italia le cose non sono mai state semplici: normative non sempre chiare e continui cambiamenti in corso si sono succeduti confusamente, finché il D.Lgs. 209/2003 è arrivato a mettere definitivamente un po’ d’ordine. Il decreto infatti, a partire dalla definizione di veicolo fuori uso, punta ad adottare le misure per prevenire la produzione di rifiuti derivanti dai veicoli e, in particolare, per ridurre e controllare le sostanze pericolose presenti negli stessi, disciplinando chiaramente le fasi di raccolta, trattamento, reimpiego e recupero di tutti i materiali di scarto. “Nella sola provincia di Ancona dei 17 impianti autorizzati prima del D.Lgs. 209/2003, 12 hanno già presentato progetto di adeguamento, 1 non rientrava nel campo di applicazione e 4 non si sono adeguati” ha spiegato Leonardo Sorichetti dell’Area Ecologia della Provincia di Ancona, al termine di una breve rassegna normativa delle leggi in materia di gestione di rifiuti dal lontano DPR del 1981 al Decreto Ronchi del 1997. Un excursus normativo, a cui il Comandante del NOE di Ancona, Giuseppe di Venere ha aggiunto anche il DPCM 22/12/2004 relativo alla dichiarazione MUD 2005, che definendo i MUD aggiuntivi relativi ai veicoli fuori uso, chiama per la prima volta anche la categoria degli autodemolitori -pena sanzioni penali e amministrative- alla compilazione della modulistica di dichiarazione ambientale, entro il prossimo 30 aprile. Ma cosa prescrive nei dettagli il D.Lgs. 209/2003? A spiegarlo hanno pensato Massimo Mariani, Responsabile del Catasto Regionale Rifiuti e Paola Conti del Servizio Rifiuti-Suolo, entrambi del Dipartimento Provinciale ARPAM di Pesaro e Urbino, che hanno analizzato rispettivamente le Tipologie di rifiuto prodotte dalla demolizione e i relativi rischi connessi, e le Caratteristiche impiantistiche che devono accompagnare le fasi di raccolta, trattamento, reimpiego e recupero dei rifiuti. Naturalmente, non poteva mancare la voce dei più diretti interessati: in luogo del Presidente Luigi Bianchi, trattenuto lontano da altri impegni, è intervenuto infatti Roberto Capocasa, uno dei consiglieri nazionali dell’ADA (Associazione Nazionale Demolitori Autoveicoli), che in rappresentanza di circa 600 dei 1500 autodemolitori regolarmente autorizzati nel 2003 (fonte censimento ADA) ha portato all’attenzione dei presenti le problematiche e le pesanti difficoltà che la categoria sta attraversando, anche in ragione di quest’ultima normativa. “Oltre ad essere estremamente difficoltoso, lo smontaggio di alcune componenti dei veicoli ha dei costi elevatissimi che non sono affatto controbilanciati dall’esistenza di un mercato per i materiali recuperati – ha spiegato Capocasa – Su di noi gravano costi insostenibili, mentre all’ultimo detentore del veicolo non si può richiedere alcun contributo, né i produttori assumono impegni in merito, malgrado la Direttiva europea 2000/53 abbia attribuito a loro la responsabilità economica. Per non parlare poi della burocrazia! Lo scenario non è roseo: a fronte di quanti si impegnano per adeguarsi, molti potrebbero non farcela. Per questo chiediamo con forza alle istituzioni l’apertura di nuovi tavoli di confronto, perché il decreto trovi attuazione concreta, in nome di quella salvaguardia ambientale che ci sta tanto a cuore”. Anno 2003 1.423.729 Veicoli avviati a demolizione (Fonte ACI Annuario statistico 2004) 29.900 Tonnellate di pneumatici derivati dai veicoli avviati a demolizione (fonte ADA) 18.500 Tonnellate di vetri (fonte ADA) 17.100 Tonnellate di plastiche (fonte ADA)

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