Auto elettriche: boom delle vendite in Europa a dicembre 2021

Per la prima volta superate le vendite dei diesel. Ma la transizione è più complessa nei Paesi a basso e medio reddito ove, secondo l’UNEP, vengono esportate le auto usate più inquinanti.

Mentre il mercato europeo dell’auto continua ad essere in affanno (i dati ACEA relativi al mese di dicembre parlano del sesto mese consecutivo di calo delle immatricolazioni), una notizia ha colpito analisti e commentatori; quella cioè, che, proprio nell’ultimo mese dell’anno, in Europa, le pur magre vendite di auto hanno visto le elettriche sorpassare i diesel.

Un commento sul sito dell’UNEP – programma ambientale delle Nazioni Unite (autorità globale che definisce l’agenda ambientale, promuove l’attuazione coerente della dimensione ambientale dello sviluppo sostenibile all’interno del sistema ONU e funge da autorevole sostenitore della globalizzazione ambiente), parla, a proposito di questo risultato, come di “una pietra miliare per l’ambiente”.

Inoltre, citando i dati di una elaborazione di Schmidt Automotive Research (agenzia di analisi con sede a Berlino e che offre tendenze e sviluppi incisivi esclusivi sull’industria automobilistica globale, all’industria stessa e ai portatori di interesse nel medio e lungo periodo) riporta come le nuove immatricolazione di autovetture BEV (Battery Electric Vehicles) in Europa occidentale, in dicembre, hanno superato, per la prima volta il diesel inclusi i modelli ibridi-diesel: 176.100 unità contro 161.000.

Significa che l’11,2% di tutte le auto nuove nella regione di mercato 18 sono state auto elettriche (erano il 6,7% nel 2020) e che, sempre a dicembre, un’auto nuova su cinque (20%) immatricolata in Europa occidentale era un BEV a emissioni zero.

Pur considerando che c’è una significativa disparità fra i vari mercati nazionali (Italia, Spagna e Grecia hanno “numeri” inferiori rispetto ai Paesi dell’Europa del Nord; si consideri, ad esempio, il caso della Norvegia dove l’80% di tutti i nuovi veicoli attualmente venduti è completamente elettrico), è chiaro che il Vecchio Continente sembra ben avviato sulla strada intrapresa verso la transizione all’elettrico per contribuire ad abbassare il livello di emissioni di gas ad effetto serra derivanti dai trasporti.

Ma occorre anche considerare che l’Europa non vive in una “bolla protetta” e che il problema delle emissioni stradali è globale.
A questo proposito, nel mese di ottobre 2020, l’UNEP aveva diramato il Rapporto: Veicoli usati e ambiente – Una panoramica globale dei veicoli leggeri usati: flusso, scala e regolamentazione che, primo in assoluto nel suo genere, offre i dettagli relativi agli impatti ambientali dell’esportazione di veicoli usati nei Paesi in via di sviluppo.

Ebbene, dal Rapporto è emerso che tra il 2015 e il 2018 da Europa, Giappone e USA sono stati esportati 14 milioni di auto, furgoni e minibus usati, l’80% dei quali in Paesi a basso e medio reddito con più della metà in Africa, contribuendo in modo significativo all’inquinamento atmosferico e ostacolando gli sforzi per mitigare gli effetti del cambiamento climatico.

Se, da un lato, quindi, l’Occidente sviluppato adotta politiche locali di decarbonizzazione nella mobilità, anche attraverso misure di incentivazione all’acquisto e di rottamazione delle vecchie auto più inquinanti, campagne di sensibilizzazione dei consumatori, implementazione delle infrastrutture di ricarica, così come attraverso un approccio diverso all’urbanistica, alla mobilità dolce, alla mobilità condivisa e alla promozione del trasporto pubblico locale; dall’altro, sposta, semplicemente, il problema altrove.

E se qui ci si interroga e si danno obiettivi a medio termine per lo stop alla produzione di veicoli a motore endotermico, altrove si continua tranquillamente ad utilizzare veicoli che funzionano con combustibili fossili.
Non solo, se le stime di diversi analisti danno il numero di veicoli in circolazione in diminuzione nei Paesi sviluppati del prossimo futuro, lo stesso non si può affermare per i Paesi a basso e medio reddito: in questo senso l’UNEP prevede che il numero di veicoli in questi Paesi aumenterà di 1 miliardo entro il 2050!

Secondo Rob de Jong, capo dell’Unità per la mobilità sostenibile dell’UNEP, mettendo in atto le giuste misure si potrà evitare l’aumento di veicoli a combustione interna nei Paesi a basso e medio reddito, ma come?

Una quota relativamente ampia delle emissioni climatiche di alcuni Paesi a medio e basso reddito (LMIC – Low and Middle Income Country) proviene dal settore dei trasporti, quindi l’introduzione della mobilità elettrica a emissioni zero sarà fondamentale per raggiungere gli obiettivi climatici nazionali”, ha spiegato Rob de Jong.
L’obiettivo è quello di promuovere lo sviluppo di catene di produzione locali legate alla mobilità elettrica, ad esempio: “la produzione e l’assemblaggio di motociclette elettriche a livello locale, può creare posti di lavoro ecologici”.

Un altro aspetto da tenere in considerazione è quello legato all’alto tasso di urbanizzazione tipico delle megalopoli presenti nei LMIC; secondo l’UNEP: “Passare ora a una mobilità a basse e senza emissioni può aiutare a prevenire il grave inquinamento atmosferico in molte megalopoli. Come hanno dimostrato le città di tutto il mondo, risolvere questo problema in un secondo momento è molto più difficile – e costoso – che prevenirlo in primo luogo”.

L’UNEP sta implementando un importante programma globale per supportare gli LMIC nell’adesione al passaggio globale alla mobilità elettrica a emissioni zero. In gran parte finanziato dal Global Environment Facility (GEF), il Programma di mobilità elettrica globale dell’UNEP sostiene più di 50 LMIC sviluppando politiche e standard, accedendo a finanziamenti e sviluppando l’industria locale. Fornisce inoltre supporto tecnico, crea piattaforme regionali con fornitori e finanziatori e implementa programmi di formazione regionali”.

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