Emissioni auto: ridurle non è così semplice né immediato

Una relazione della Corte dei conti UE rimarca che il perdurare della mancanza di prerequisiti fondamentali è l’ostacolo maggiore al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni auto.

Mentre si attende il via libera al nuovo Ecobonus 2024 così come dall’annuncio fatto dal Ministero delle imprese e del made in Italy nella seduta del Tavolo Automotive lo scorso 1° febbraio, con tutto ciò che ne conseguirà in termini di svecchiamento del vecchio parco auto circolante e riduzione delle emissioni auto, vale la pena recuperare una Relazione che la Corte dei Conti europea ha pubblicato sul finire di gennaio e che, sostanzialmente, ha l’effetto di una doccia fredda per quanti auspicano una soluzione rapida al problema delle emissioni dai veicoli a motore.

In pratica i revisori esterni dell’Unione hanno affermato che, nonostante obiettivi di riduzione ambiziosi per le nuove autovetture, questi non saranno comunque raggiungibili fintanto che continueranno a mancare prerequisiti importanti.

Il quadro stesso offerto dalla Corte non è dei più consolanti: nonostante i progressi fatti nella riduzione di gas climalteranti in molti settori, le emissioni di CO2 prodotte dai trasporti non hanno arrestato la loro corsa e ancora nel 2021 pesavano per il 23% sul totale delle emissioni di gas ad effetto serra dell’Ue e più della metà di esse era prodotto dalle auto.

È vero, ricordano dalla sede in Lussemburgo, che dal 2010 è attivo il regolamento sulle emissioni di CO₂ delle auto che ha fissato un valore-obiettivo UE, a livello di flotta, per le emissioni medie di CO₂ delle autovetture di nuova immatricolazione; ed è altrettanto vero che ogni costruttore è tenuto a dichiarare le emissioni di CO₂ di un veicolo sul certificato di conformità, pagando un’indennità se non raggiunge i valori-obiettivo specifici per le emissioni.

Tuttavia, è altrettanto vero che i costruttori di auto hanno “sfruttato aree grigie dei requisiti delle prove per ottenere valori di emissioni inferiori in laboratorio”, come dimostrano anche i fatti di cronaca relativi allo scandalo “Dieselgate”.

E infatti, dal 2017 è stato introdotto ed è divenuto obbligatorio un nuovo test di prova in laboratorio, che riflette meglio le condizioni di guida reali che però, alla prova dei fatti, ha solo ridotto (ma non azzerato) il divario tra le emissioni di laboratorio e quelle reali.

Nel frattempo, stante l’urgenza di affrontare di petto la questione del cambiamento climatico e dell’inquinamento atmosferico in generale, dall’Ue sono arrivati input sempre più ambiziosi in termini di riduzione delle emissioni auto sino all’azzeramento totale di queste al 2035 con lo stop ai motori endotermici.

Ma qui c’è ancora un ostacolo: la Corte sottolinea che le emissioni reali prodotte dalle auto a motori tradizionali (benzina e diesel) che, peraltro, costituiscono ancora quasi tre quarti delle immatricolazioni di veicoli nuovi, non sono diminuite.

Nell’ultimo decennio, per quanto riguarda il segmento diesel, queste sono rimaste pressoché costanti, mentre solo una leggera riduzione (-4,9%) si è avuta nel segmento a benzina.

Questo perché se la tecnologia a supporto dell’efficienza del motore ha fatto passi in avanti, un tale vantaggio è stato annullato progressivamente dall’aumento generale della massa dei veicoli (+10% in media) e dal conseguente aumento della potenza dei motori (in media +25 %).

Non a caso un recente studio pubblicato da Transport & Environment ha certificato che mediamente, la larghezza delle auto nuove immatricolate in Ue aumenta di 1 cm ogni due anni in ossequio ai desideri dei consumatori che chiedono più sicurezza e più comfort e, non a caso, prediligono sempre più modelli SUV.

E per quanto riguarda il segmento delle auto ibride, così spinto sulla scia del green?
Secondo la Corte dei Conti Ue le loro emissioni reali di CO₂ tendono a essere molto superiori a quelle registrate in laboratorio; benefici in termini di proporzioni tra l’uso del motore elettrico e di quello a combustione avverranno, ma solo a partire dal 2025 e fino all’anno prossimo, le ibride ricaricabili saranno considerate auto a basse emissioni con tutto il vantaggio dei costruttori non solo in termini di vendite, ma soprattutto in ragione dei cospicui risparmi in termini di indennità mancate per le emissioni in eccesso per il solo 2020.

Il motore elettrico puro sarà dunque la panacea?
Anche su questo fronte non sono mancati i rilievi dei revisori europei; infatti, nonostante un effettivo aumento delle vendite di BEV ci sia stato e prosegua tutt’ora, la strada per la riconversione del parco circolante è tutta in salita.

L’accesso alle materie prime per le batterie necessarie non è dei più agevoli; perdura la scarsa diffusione dei reti e punti di ricarica (il 70 % di tutte le stazioni di ricarica nell’UE è concentrato in Paesi Bassi, Francia e Germania) e il fattore prezzo continua ad essere un forte ostacolo per i consumatori che ritardano o rinunciano all’acquisto.

La rivoluzione verde dell’UE può compiersi solo se si riducono di molto i veicoli inquinanti, ma si tratta di una grande sfida”, ha affermato Pietro Russo, il Membro della Corte che ha diretto l’audit. “Una riduzione reale e tangibile delle emissioni di CO2 prodotte dalle auto non sarà realizzabile finché prevarranno i motori a combustione, ma allo stesso tempo elettrificare il parco auto dell’UE costituisce un’impresa impegnativa”.

Serve un cambio di marcia e una decisa accelerazione verso politiche in grado di ridurre, quando non eliminare del tutto, gli ostacoli alla transizione verde nella mobilità.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

 

 

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