Mal di SUV: crescono le vendite nel mondo, ma anche le emissioni

L’Agenzia Internazionale per l’Energia ha diffuso una analisi a partire dai dati 2023 del mercato auto. I modelli SUV si vendono di più in tutto il mondo, ma non è necessariamente un bene se si considerano gli impatti in termini di emissioni, domanda di energia, consumi di carburante e domanda di materie prime critiche.

Sulle strade del mondo, è il caso di dirlo, dilaga il “mal di SUV”, favorito dall’appeal che i modelli sport utility vehicle possono vantare rispetto ad utilitarie e city car in termini di confort, spazio interno, sicurezza.

Più di un’auto su quattro fra quelle in circolazione nel mondo è un SUV, con la percentuale maggiore rappresentata da motori a combustione tradizionali.

L’altra faccia della medaglia, però, implica: maggior ingombro sulle strade, soprattutto quelle urbane, maggiori consumi, e maggiori emissioni e poco vale che appena il 5% dei SUV in circolazione sia elettrico, nonostante il segmento rappresenti una quota crescente delle vendite di auto elettriche.

A rimarcarlo, ancora una volta, è una recentissima analisi dell’Agenzia Internazionale per Energia – IEA che fornisce dati piuttosto sconfortanti e lancia un allarme per la corsa alla transizione elettrica nella mobilità.

Innanzi tutto, fanno sapere dall’IEA, il mercato dei SUV è in crescita costante, anche nei Paesi dall’economia emergente o in via di sviluppo, al punto che, lo scorso anno il segmento ha rappresentato il 48% delle vendite totali di auto.

Nei Paesi industrializzati dall’economia avanzata, sempre lo scorso anno, sono stati venduti circa 20 milioni di unità di tali veicoli, un numero che, per la prima volta ha portato a superare la quota di mercato del 50%.

E qui cade il problema, perché i SUV, generalmente, pesano 200-300 Kg in più rispetto ad un’automobile di medie dimensioni, hanno un ingombro maggiore (circa 0,3 m2) ed emettono circa il 20% in più di CO2, il principale gas cui è imputato il cosiddetto effetto-serra e il conseguente cambiamento climatico.

A questo punto, se la tendenza del mercato e dei produttori di automobili è quella di spingere verso questa tipologia di modelli, deve essere chiaro che ad un aumento della domanda specifica, aumenta, di conseguenza, la domanda di energia, di fabbisogno petrolifero e di elettricità e, per quanto riguarda i modelli elettrici, aumenta anche la domanda di materie prime critiche necessarie per la produzione delle batterie.

Nel corso degli ultimi due anni, scrivono dall’IEA: “il consumo globale di petrolio direttamente correlato ai SUV è aumentato complessivamente di oltre 600.000 barili al giorno, rappresentando più di un quarto della crescita annuale complessiva della domanda di petrolio”.

Cosa significa questo in termini di emissioni è presto detto: con oltre 360 milioni di SUV circolanti nel mondo lo scorso anno, le emissioni di CO2 relative sono state pari ad 1 miliardo di tonnellate; una differenza di circa 100 milioni di tonnellate in più rispetto al 2022.

Ma le maggiori emissioni che si possono imputare ai SUV non si limitano al solo scarico o alla produzione energetica; anche quelle indirette derivanti dai processi produttivi sono più elevate al punto che, facendo un confronto con le emissioni dei maggiori Paesi industrializzati, la flotta globale di SUV potrebbe essere considerata: “la quinta più grande emettitrice di CO2 al mondo , superando le emissioni del Giappone e di varie altre grandi economie”.

Ma, la transizione elettrica?
L’analisi offerta dall’IEA ricorda che nel 2023 erano disponibili, nel mondo, 500 modelli di auto elettriche di cui il 60% rientrava nella categoria SUV; un quadro in espansione se si considera l’andamento degli ultimi anni e la previsione, da parte dei costruttori, di investire ulteriormente in questa fetta di mercato.

In questo modo, rimarcano dall’IEA, si vanifica il miglioramento in termini emissivi e di consumo energetico ottenuti in altre parti del mondo.
Senza contare, come anticipato poco sopra, che veicoli sempre più grandi e più pesanti, se da un lato agiscono sul consumatore attraverso la leva della sicurezza, dall’altro si traducono in esigenza di parcheggi più grandi, strade più larghe e regole più stringenti per gli utenti deboli della strada (pedoni e ciclisti), a cui, peraltro, si fa gran menzione nelle strategie urbane di mobilità sostenibile.

Non è un caso, pertanto, che: “Paesi come Francia, Norvegia e Irlanda hanno stabilito o stanno esplorando quadri legislativi per contenere la domanda di SUV. Grandi città come Parigi e Lione stanno implementando tariffe di parcheggio più elevate rivolte specificamente ai SUV nelle aree urbane”.

Se il futuro dei trasporti è elettrico, quindi, non basterà elettrificare il segmento più appetibile per il mercato, ma occorreranno, concludono dall’IEA: “misure come il corretto dimensionamento dei pacchi batteria dei veicoli elettrici, l’adattamento degli standard di efficienza del carburante in base alle dimensioni dell’auto e gli investimenti in tecnologie innovative delle batterie con prestazioni e durata migliorate, nonché minori requisiti di domanda di materiali”.

In altre parole, dal momento che è ormai acclarato che in Natura “non ci sono pasti gratis”, forse occorrerebbe ridimensionare le aspettative di molti in considerazione degli effetti complessivi delle scelte di mercato.

Foto di da Pixabay

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