Prelievo carburate e bonifica delle bombole del gas, quali autorizzazioni?

La messa in sicurezza dei veicoli fuori uso

Premessa Il punto 5 dell’allegato I del D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209 (Attuazione della direttiva 2000/53/Ce relativa ai veicoli fuori uso) prevede le seguenti operazioni necessarie per effettuare la messa in sicurezza dei veicoli fuori uso: a) la rimozione degli accumulatori e la neutralizzazione delle soluzioni acide eventualmente fuoriuscite nonché le modalità di stoccaggio che da effettuare in appositi contenitori stagni dotati di bacini di contenimento; b) la rimozione dei serbatoi di gas compresso ed estrazione, stoccaggio e combustione dei gas ivi contenuti nel rispetto della normativa vigente per gli stessi combustibili; c) la rimozione o neutralizzazione dei componenti che possono esplodere, quali airbag; d) il prelievo del carburante e avvio a riuso; e) la rimozione, con raccolta e deposito in appositi contenitori di olio motore, di olio della trasmissione, di olio del cambio, di olio del circuito idraulico, di antigelo, di liquido refrigerante, di liquido dei freni, di fluidi refrigeranti dei sistemi di condizionamento e di altri liquidi e fluidi contenuti nel veicolo fuori uso; f) la rimozione del filtro-olio che deve essere privato dell’olio, previa scolatura; l’olio prelevato deve essere stoccato con gli oli lubrificanti; il filtro deve essere depositato in apposito contenitore, salvo che il filtro stesso non faccia parte di un motore destinato al reimpiego; g) la rimozione e stoccaggio dei condensatori contenenti PCB; h) la rimozione di tutti i componenti identificati come contenenti mercurio.

Finalità del presente intervento Tra le attività effettuate all’interno di un centro di raccolta, la messa in sicurezza rappresenta una delle fasi più delicate in quanto la separazione ed il prelievo delle varie componenti critiche potrebbero essere, se non effettuate nel pieno rispetto della normativa di settore, causa di inconvenienti ambientali ed arrecare pericolo alla salute degli addetti e alle popolazioni limitrofe. Il presente contributo intende analizzare la necessità o meno di acquisire ulteriori e specifiche autorizzazioni a corredo del provvedimento generale con il quale è stata legittimata la gestione del centro veicoli fuori uso (art. 208 del D.Lgs.152/2006). Per facilitare tale analisi è stato ritenuto opportuno raggruppare le operazioni sopra descritte secondo un criterio di omogeneità come segue: – Rimozione del carburante e bonifica dei serbatoi di gas; – Rimozione degli accumulatori e degli oli e filtri olio; – Rimozione dei airbag; – Rimozione dei condensatori contenenti PCB; e dei componenti contenenti mercurio. In questo primo intervento esamineremo le problematiche connesse alla rimozione delle bombole contenti gas (GPL o metano), alla bonifica e all’utilizzo del gas prelevato: le restanti operazioni collegate alla messa in sicurezza sanno affrontate in un secondo momento. Rimozione dei carburanti e bonifica dei serbatoi di gas Innanzi tutto occorre effettuare una distinzione tra i termini ” messa in sicurezza” e “bonifica” di un serbatoio di carburante. La messa in sicurezza consiste nella sequenza delle operazioni volte a rendere il serbatoio sicuro, ovvero privo di residui di carburante tali da generare miscele potenzialmente infiammabili e/o esplosive. La bonifica in una ulteriore azione consistente nella rimozione di melme (grasso e sporco) normalmente contenute all’interno dei serbatoi mediante utilizzo di acqua con aggiunta di detergenti o solventi organici. Le melme che si formano nei serbatoi di GPL possono generare, anche dopo la messa in sicurezza, gas residui che potrebbero risultare pericolosi pertanto, benché la normativa di settore non lo richiede, si ritiene opportuno ai fini della sicurezza sui luoghi di lavoro effettuare anche la bonifica completa dei serbatoi. In relazione al tipo di carburante utilizzato si possono distinguere le seguenti tecniche operative: Benzina e gasolio I carburanti, costituiti da benzina o gasolio, qualora presente all’interno del serbatoio del veicolo fuori uso, devono essere rimossi ed avviati immediatamente al riuso interno senza stoccaggio intermedio in quanto richiederebbe l’attivazione di pratiche burocratiche e prescrizioni tecniche di difficile attuazione. Durante la fase di prelievo dovranno essere osservate le più elementari norme di sicurezza sul lavoro: vietare l’uso di apparecchiature che provocano scintille o fiamme libere. Qualora si intenda effettuare lo stoccaggio le cui quantità superano 0,5 mc l’attività rientra nella normativa prevista dal D.M. 16/02/1982 (1) ed il titolare dell’azienda ha l’obbligo, ai sensi dell’articolo 4 del D.Lgs. 626/94, di predisporre o integrare il documento inerente la valutazione del rischio ed attivare le relative misure prescritte dal decreto ministeriale 10/03/98. GPL e metano I contenitori di combustibili gassosi (GPL e metano) eventualmente presenti nei veicoli, data l’elevata pericolosità di esplosioni nel caso di frantumazione unitamente alla carcassa, devono essere asportati. In genere la messa in sicurezza delle bombole contenenti residui di GPL (Gas di Petrolio Liquefatto) viene effettuata con l’ausilio di apposite apparecchiature che consentono di effettuare in sicurezza: il travaso del GPL e lo stoccaggio in altri contenitori per il successivo riutilizzo in impianti termici. La completa operazione di messa in sicurezza della bombola si realizza inviando i cosi detti “gas di coda” alla combustione tramite una torcia; la combustione diretta (senza effettuare alcuna fase di stoccaggio) inviando il gas in depressione ad una torcia. Nel caso invece in cui il combustibile è costituito da metano, le bombole vengo- no riutilizzate e il carburante inviato di- rettamente alla torcia come combustibile; in tal caso non è consentito effettuare lo stoccaggio del metano. Normative di riferimento degli impianti per la bonifica bombole Per la messa in sicurezza delle bombole contenenti GPL o metano è necessario che i centri di raccolta dei veicoli fuori uso si dotino di un impianto, tra l’altro, certificato e rispondente alla direttiva ATEX 94/9/CE e alla direttive macchine. Qualora il GPL viene travasato in bombole mobili lo stoccaggio sino a 75 Kg (circa 150 litri) non è necessario acquisire il certificato di prevenzione incendi (CPI): sarà comunque indispensabile dotarsi di un estintore. Nel caso in cui invece il GPL viene travasato in contenitori fissi con capacità superiore 0,3 mc , si ricade nella normativa di cui al D.M. 14 maggio 2004 ed occorre acquisire il certificato di prevenzione incendi (CPI) ed ulteriori requisiti che nel presente intervento vengono tralasciati per economicità. La necessità o meno di acquisire l’autorizzazione alle emissione in atmosfera per l’operazione di combustione del GPL o del metano attraverso la torcia costituisce un argomento di attualità tanto che è “aperto” un confronto tra le Autorità competenti; tale confronto che, tra l’altro non trova un riscontro unanime, risulta abbastanza lacunoso nelle motivazioni addotte a sostegno di una o dell’altra tesi. Di seguito intendiamo dare un nostro modesto contributo che sicuramente non costituirà il toccasana della problematica ma rappresenta una logica (secondo noi!) lettura della norma che potrà essere smentita con analoghe e contrapposte argomentazione. Gli impianti di termici e impianti di combustione L’articolo 269 del D.Lgs. 152/2006 (punto 14 lettera c) stabilisce che gli” impianti di combustione alimentati a metano o GPL, di potenza termica inferiore a 3 MW non sono soggetti ad autorizzazione alle emissioni in atmosfera”. Una superficiale lettura della norma potrebbe portare alla conseguenza: l’impianto di adibito alla messa in si- curezza delle bombole che recupera il GPL o metano e che alimenta una torcia avente una potenza termica inferiore a 3 MW (le schede tecniche degli impianti tecnologici esaminati dichiarano una potenza termica nominale pari a 60.000 Kcal/h circa 70 KW) è escluso dal rilascio dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera. Una più attenta riflessione in merito ci porta ad una conclusione diversa per le motivazioni che vengono appresso. Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 152/ 2006 sono stati abrogati i seguenti provvedimenti in materia di emissioni in atmosfera: DPR 203/1988 (norma madre in materia di inquinamento dell’aria prodotto dagli impianti industriali); Dm 8 maggio 1989 (disciplina per impianti di combustione con potenza termica entro i 50MW); Dm 12 luglio 1990 (linee guida per il contenimento delle emissioni inquinanti) disciplina per impianti di combustione con potenza termica entro i 50MW); DPCM 21 luglio 1989 (impianti con emissioni a ridotto inquinamento, procedure semplificate); DPR 25 luglio 1991 (impianti con emissioni a ridotto inquinamento, procedure semplificate). Inoltre la lettera ff) dell’articolo 268 del D.Lgs. 152/2006, definisce: “Impianto di combustione: qualsiasi dispositivo tecnico in cui sono ossidati combustibili al fine di utilizzare il calore così prodotto”. Il fine ultimo dell’impianto di combustione, così come sopra definito, è quello di utilizzare, anche in edifici ad uso non residenziale, il calore prodotto per la climatizzazione di ambienti o il riscaldamento di acqua per usi igienici e sanitari. Se non si ricade nella definizione di impianto di combustione perché il calore prodotto non viene utilizzato, con che tipo di impianto abbiamo a che fare? L’impianto in questione non costituirà forse una forma di smaltimento di rifiuti? Si intravede un argomento interessante. Inquadramento giuridico Il carburante (GPL o metano), destinato ad essere combusto, con o senza recupero energetico, risponde pienamente alla definizione di rifiuto. Si potrebbe obiettare che l’articolo 185 del D.Lgs. 152/2006 esclude dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi in atmosfera in grado di causare inquinamento atmosferico. Al riguardo la Corte Suprema di Cassazione con sentenza Sez. III penale n. 2337 pubblicata il 9 ottobre 2007 ritiene che le attività produttive possono dare origine a “rifiuti” allo stato gassoso, cioè a sostanze che debbono essere stoccate e quindi trattate in vista delle opportune forme di smaltimento. Interessante un passo della sentenza anzidetta: ” In altri termini ed a titolo di esempio, a parere della Corte un accumulo di bombole da riscaldamento che ancora contengono gas e siano destinate ad essere smaltite possono certamente considerarsi come contenitori di un “rifiuto” ancorché allo stato gassoso”. Sempre con riferimento alla citata sentenza la Corte di Cassazione formula la seguente conclusione:”Tutto ciò premes- so, la Corte ritiene di poter affermare il seguente principio: gli effluenti gassosi destinati ad essere immessi nell’atmosfera, direttamente o previa combustione, al termine di attività produttive non costituiscono “rifiuto”; ad essi si applica la disciplina specificamente prevista dalla Parte quinta del decreto legislativo n. 152 del 2006, che ha escluso quella anteriormente contenuta nel DPR 24 maggio 1988, n. 203. Possono costituire “rifiuto” le sostanze gassose qualora ai fini dello smaltimento siano immesse, da sole o insieme ad altra sostanza, in contenitori, oppure quelli effluenti gassosi che vengono stoccati e quindi smaltiti a mezzo di impianto “indipendente” rispetto a quello ove sono stati generati nel corso di attività produttiva”. Alle sostanze gassose rientranti in quest’ultima definizione si applicherà la normativa specifica che regolamenta la gestione dei “rifiuti”, tenuto conto che “la normativa sia nazionale che comunitaria in tema di inquinamento atmosferico completa e non assorbe quella sui rifiuti” ( Cass Pen. Sez III 19 marzo 1999, n. 494). Inoltre, in relazione della natura gassosa del carburante, tale impianto non ricade nella disciplina di cui al D.Lgs. 133/2005 che si applica all’incenerimento e al coingenerimento dei rifiuti di natura solida e liquida. Il codice CER da attribuire al gas (GPL e/o metano) risulta: “160505 – gas in contenitori a pressione,diversi da quelli di cui alla voce 160504” Pertanto l’impianto di combustione, con potenza termica inferiore a 3MW, è assoggettato al normativa di cui al- l’articolo 208 del D.Lgs. 152/2006, in quanto effettua: un’operazione di smaltimento, qualora il calore prodotto dalla combustione non viene recuperato; un’operazione di recupero, qualora il calore prodotto viene recuperato come fonte energetica. Conclusioni Un impianto destinato alla messa in sicurezza delle bombole contenenti GPL o metano che effettua la combustione dei gas contenuti nelle bombole con o senza recupero del calore prodotto rientra nella definizione di impianto di gestione (smaltimento o recupero) dei rifiuti e come tale per essere installato e gestito necessita di autorizzazione ai sensi dell’articolo 208 del D.Lgs.152/ 2006. In sintesi: a) Impianti di smaltimento L’impianto sprovvisto della tec- nologia per il recupero del calore prodotto dalla combustione del gas effettua, in relazione all’allegato B della IV parte del D.Lgs. 152/2006, un’operazione di smaltimento de- finita come D10 – Incenerimento a terra e come tale, autorizzabile ai sensi dell’articolo 208 del citato decreto legislativo. b) Impianto di recupero L’impianto fornito di apparecchiatura tecnologica per il recupero del ca- lore prodotto dalla combustione del gas effettua, in relazione all’allegato C della IV parte del D.Lgs.152/2006, un’operazione di recupero definita come R1 – Utilizzazione principale come combustibile o come altro mezzo per produrre energia. In tal caso trattasi di impianto di com- bustione, così come sopra definito in precedenza, si prescinde dalle prescrizioni relative alle emissioni in atmosfera. Tenuto conto che il punto 11 dell’arti- colo 208 del D.Lgs.152/2006 prevede che l’autorizzazione alla realizzazione e gestione dell’impianto deve individuare le condizioni e prescrizioni perché lo smaltimento avvengano senza recare pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti e metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente, in sede di rilascio del- l’autorizzazione l’Autorità competente acquisirà la documentazione tecnica dell’impianto tecnologico, verificherà la rispondenza ai requisiti della norma- tiva sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, stabilirà, per i soli impianti che non provvedono al recupero del calore, i limiti quali – quantitativi delle emissioni in atmosfera in relazione alle disposizioni del D.Lgs. 152/2006. Infine, per l’esercizio di tale attività i centri di raccolta veicoli fuori uso sono tenuti (sia che trattasi di impianto di smaltimento che di recupero) ad adempiere a tutte le incombenze pre- viste per la gestione dei rifiuti (registro carico e scarico, MUD, comunicazioni semestrali, ecc…). Il D.M. 16/02/1988 stabilisce i locali, le attività, i depositi, gli impianti e le industrie pericolose i cui progetti sono soggetti all’esame e parere preventivo dei comandi provinciali dei vigili del fuoco ed il cui esercizio è soggetto a visita e controllo ai fini del rilascio del “Certificato di prevenzione incendi” nonché a successive e periodiche visi- te. I responsabili delle attività soggette alle visite ed ai controlli di prevenzione incendi di cui al presente decreto hanno l’obbligo di richiedere il rinnovo del “Certificato di prevenzione incendi” quando vi sono modifiche di lavorazione o di struttura, nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi, e ogniqualvolta vengano a mu- tare le condizioni di sicurezza precedentemente accertate, indipendentemente dalla data di scadenza dei certificati già rilasciati. Agli stabilimenti ed impianti che comprendono, come parti integranti del proprio ciclo produttivo, più attività singolarmente soggette al controllo da parte dei comandi provinciali dei vigili del fuoco, dovrà essere rilasciato un unico “Certificato di prevenzione incendi” relativo a tutto il complesso e con scadenza triennale.

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