ROTTAMI D’ORO, FACCE DI PIOMBO

Intervista ai protagonisti dell’operazione “Circe” che ha messo in luce un traffico illecito di vetture rottamate

Per secoli, studiosi, filosofi, alchimisti, sedicenti saggi o semplici creduloni affascinati dalla filosofia neoplatonica e dalle esotiche suggestioni dell’ermetismo di certi scritti, hanno rincorso il mito della trasmutazione dei metalli, ovvero quel procedimento alchemico che avrebbe permesso alla materia di assurgere, attraverso una serie di fasi successive, ad un più alto grado di purezza. Nel caso dei metalli: dal più plebeo e “terrestre” ferro, al ben più nobile e “divino” oro. Se l’avvento della chimica moderna ha interrotto bruscamente i sogni di tanti “filosofi naturalisti”, paradossalmente, oggi ha preso campo una pratica che ha poco di spirituale e tanto di razionale e, tuttavia, senza ricorrere all’aiuto di entità ultraterrene o poteri ctoni, permette di realizzare il sogno degli antici. Di fatto, oggi, mercé dinamiche criminose, è possibile convertire non già il vile metallo in oro, bensì – ed è una conquista insperata rispetto alle chimere dell’alchimia – gli stessi rifiuti in moneta sonante. Al di là di semplici battute, questo è quanto emerso in due indagini che, durante lo scorso autunno, hanno portato all’attenzione pubblica i risultati parziali di due operazioni partite dalla Magistratura partenopea e dai Comandi Provinciali della Guardia di Finanza e del Corpo Forestale dello Stato di Ancona.

La prima operazione, denominata “Dirty Pack” riguardava un traffico di rifiuti pericolosi provenienti dal meridione, smerciati come materia prima e portati come rottame e fluff negli stabilimenti del Nord Italia. La seconda operazione, in codice: “Circe” era incentrata su un’illecita esportazione di migliaia di autovetture documentalmente radiate per demolizione dal Pubblico Registro Automobilistico (PRA) e rivendute tal quali in Paesi dell’Est europeo. In diversi casi, inoltre, è stato accertato il percepimento illecito dell’eco-bonus per la rottamazione così come previsto dalla Legge Finanziaria 2007 al fine di ridurre il parco auto inquinanti. Per saperne di più e meglio rispondere alle esigenze e necessità di informazione, abbiamo contattato i titolari dell’Operazione “Circe” e hanno risposto alle nostre domande il Tenente Colonnello Paolo Papetti, Comandante Gruppo Guardia di Finanza Ancona e il Vice Questore Aggiunto del Corpo Forestale dello Stato, Comandante Nucleo Investigativo Polizia Ambientale Guardia Forestale, Ancona, Raffaele Velardocchia. Comandante Velardocchia, può ricostruire le fasi dell’indagine che ha portato alla scoperta delle dinamiche criminose imputate ad alcuni professionisti del settore automotive a livello nazionale? Per giungere alla prima fase, per intenderci, quella che ci ha permesso di stilare un quadro molto generale della situazione, siamo partiti da un semplice controllo di routine che è stato effettuato dal Comando Stazione Forestale di Ancona, competente per il territorio della Dorica, in merito all’abbandono di alcune auto presso un’agenzia spedizioniera ubicata nella periferia di Ancona. Il sospetto dei nostri agenti è sopravvenuto a seguito della constatazione che dette auto si presentavano in discrete condizioni e lo stesso spedizioniere, nel contempo, aveva fatto presente che le stesse erano pronte per essere esportate presso Paesi extra UE. A questo punto, dopo una serie di controlli abbiamo scoperto che il Porto di Ancona era intensamente utilizzato come base per l’esportazione di autovetture usate, accompagnate spesso dai certificati di radiazione per demolizione, verso Paesi terzi, principalmente Paesi dell’Est europeo come la Bulgaria ancora fuori dall’UE all’epoca dei fatti, si parla del 2005. In seguito sono emerse anche altre linee di traffico che utilizzavano altri porti italiani verso Paesi del Nord Africa. Dopo il riscontro dei fatti abbiamo promosso una approfondita attività di studio della legge e della giurisprudenza di riferimento e abbiamo riscontrato come diverse normative nazionali indicano espressamente che gli autoveicoli desti- nati alla radiazione per rottamazione sono da considerarsi rifiuti a tutti gli effetti e come tali vanno trattati. Ovviamente è vietata la commercializzazione e l’esportazione all’estero, come invece avveniva per un numero considerevole di autovetture. Tenga conto che, per quanto concerne il territorio di Ancona, assieme ai colleghi della Guardia di Finanza, stiamo verificando la posizione di oltre 5.000 autovetture e abbiamo il legittimo sospetto che buona parte di queste siano state solo virtualmente radiate per demolizione, ma in realtà siano state vendute a terzi. Comandante Papetti, può darci un’idea dell’entità di questo traffico e qual è stato il ruolo della Guardia di Finanza in questo caso? Intanto chiarisco che il Comando della Guardia di Finanza di Ancona è rientrato a pieno titolo nell’indagine, in quanto alcuni aspetti del traffico illegittimo presentavano problematiche di carattere doganale. Il Pubblico Ministero Paolo Gubinelli della Procura della Repubblica di Ancona ci ha coinvolto proprio alla luce delle competenze della Guardia di Finanza nello specifico settore doganale nella considerazione che fino al 2007 i Paesi destinatari del traffico erano al di fuori dell’Unione Europea e conseguentemente la documentazione per l’esportazione era costituita da bollette doganali. Per tornare alla sua domanda, confermo quanto già detto dal collega del NICAF, e cioè, che stiamo visionando e chiaramente al momento non possiamo con sicurezza precisare quante effettivamente siano state radiate per rottamazione e quante per esportazione.In questo momento, per noi risulta fondamentale attestare il quantitativo di quelle radiate per demolizione.Su questo aspetto, infatti, si inserisce un’altra direttrice dell’indagine, ovvero: chiarire se per queste autovetture da demolire, ma in realtà rivendute tal quali all’estero, sia stato percepito il cosiddetto eco-bonus per la rottamazione.Non siamo in grado al momento di conoscere i numeri effettivi del fenomeno, tuttavia abbiamo i riscontri documentali dei demolitori che hanno percepito l’eco-bonus e, per contro, la dimostrazione che alcune auto venivano esportate all’estero; nel momento in cui riusciremo ad incrociare questi dati potremmo giungere ad ulteriori conclusioni e dimostrare la sussistenza di un ulteriore reato. Anche questo filone dell’indagine sta procedendo con i suoi tempi, data l’immensa mole di documentazione da verifi care.È chiaro che prima di procedere con accuse bisogna veri-fi care tutti i riscontri.Certo è che nel caso peggiore si andrebbero ad imputare reati molto gravi, dalla truffa i danni dello stato sino al reato ai danni dell’ambiente.Su quest’ultimo aspetto la normativa è molto chiara.Per quanto riguarda la possibile truffa ai danni dello Stato abbiamo bisogno di tutti gli appositi riscontri documentali prima di procedere all’imputazione di accuse precise.Non nascondo che qualche riscontro lo abbiamo; infatti, con i colleghi della Forestale, al porto di Ancona, abbiamo colto in fl agrante una bisarca carica di autovetture destinate all’estero, autovetture radiate per demolizione. Comandante Papetti com’è stato possibile che al porto di Ancona giungesse questa mole di rifi uti da tante parti d’Italia, destinati ancor più ad un “riciclo” criminale?Tecnicamente è molto semplice, la radiazione per esportazione è una pratica prevista, quindi di bisarche cariche di auto radiate al fi ne dell’esportazione ce ne sono molte in circolazione e molte regolarmente passano dal porto. Noi stiamo accertando, dal punto di vista documentale, come sono state presentate alla Dogana le autovetture oggetto dell’indagine e dalla risultanza dei riscontri giungeremo alle conclusioni complessive. Però, torno a dire, si consideri che normalmente parecchie auto radiate per esportazione, soprattutto quelle ancora in buono stato, ma dai consumi troppo elevati o dagli standard di emissioni sorpassati, passano abitualmente dai porti italiani verso l’Europa dell’Est e il Nord Africa.Comandante Velardocchia, ha qualcosa da integrare su questo argomento?Per il Corpo che rappresento l’interesse nei confronti delle problematiche ambientali è il principale stimolo alle nostre indagini, però abbiamo anche il dovere di prevenire eventuali azioni verso il nostro Paese da parte della Corte di Giustizia Europea o della Commissione Ambiente, per questa surrettizia immissione sulle strade europee di auto-vetture altamente inquinanti che il cittadino italiano aveva provveduto ad avviare al percorso di demolizione. Quello che si è venuto a creare è un fenomeno di estrema gravità per tutta la società, perché nel momento in cui da un lato si cerca di convertire il parco auto circolante, dall’altro si reimmettono in circolazione veicoli obsoleti e non in regola con le normative su consumi ed emissioni.Sull’aspetto dei controlli va detto che questi sono estre-mamente accurati, altrimenti non ci saremmo accorti delle scorrettezze compiute, tuttavia va specificato che per quanto riguarda la movimentazione di autoveicoli radiati, molto spesso si viaggia in regime di auto-certifi cazione per cui, nel caso specifi co, abbiamo ipotizzato anche il reato di falso ideologico perché se all’atto del controllo lo spedizioniere presenta nella documentazione idonea all’esportazione il certifi cato di avvenuta radiazione per demolizione, ovvia-mente si assume le responsabilità di quanto non è conforme ai documenti dichiarati.Cerco di essere più specifi co: nei casi più eclatanti emersi nel corso dell’indagine, che sta ancora procedendo, peraltro, non si è assistito al cambiamento fraudolento dei codici CER, le autovetture non erano proprio state considerate come rifiuti.Alcuni audemolitori hanno provveduto ad effettuare delle fatture nei confronti di cittadini bulgari, relativamente alla vendita di “parti di autoveicolo”, cosa peraltro consentita previa bonifi ca e messa in sicurezza delle parti stesse. In realtà, riteniamo ideologicamente false queste fatture, perché i veicoli venivano esportati interi.Dai vostri comunicati stampa congiunti diramati nel mese di ottobre, risulta che l’operazione “Circe” ha interessato le regioni Marche, Lombardia, Veneto, Emi-lia-Romagna, Lazio, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Liguria ed Umbria. Già solo queste basterebbero a dare al fenomeno una dimensione molto ampia.C’è il rischio che dalle indagini emerga una vera e propria problematica nazionale?(Risponde il comandante Papetti)Bisogna considerare a chi spetta la competenza delle indagini.Per quanto emerso finora noi possiamo fare riferimento solo a quelle ditte ubicate nelle regioni che lei ha citato, che hanno utilizzato il porto di Ancona per il loro traffico.Per avocare la competenza alla Procura della Repubblica di Ancona, è chiaro che dobbiamo riferirci solo a quanti hanno utilizzato il porto di Ancona.Detto questo non si può escludere che lo stesso fenomeno si sia replicato in altre realtà.(fa un’integrazione il Comandante Velardocchia)Volevo aggiungere che ci troviamo di fronte ad una grave distorsione del mercato, oltre che ad un reato ambientale e fi scale, perché questo modo di lavorare di alcuni autodemolitori, chiaramente, mette in cattiva luce tutta la categoria, compresi quelli che operano secondo le regole. Non solo, trovandoci di fronte a ipotesi di reato che riguardano l’attività e i guadagni illeciti che ne derivano, rischiamo di veder comminata al nostro Paese una penale per violazione di norme contro la concorrenza.Date le problematiche in oggetto, confermo la grande prudenza e la grande cura con cui i nostri Corpi, congiuntamente, stanno portando avanti le indagini.Ci sono tante questioni in ballo; non ultima l’immagine dell’Italia. Credo che nessuno provi piacere se il proprio Paese, al- l’estero, viene considerato come una base da cui esportare carrette su quattro ruote verso Paesi un po’ più svantaggiati, da dove, peraltro, in virtù dell’allargamento dei confini UE, potrebbero ritornare sulle nostre strade. Cosa avverrebbe, domani, se un collega della Polizia, dopo aver fermato una vettura con targa bulgara o di altro Paese, scoprisse, dalla verifica del telaio che la stessa auto risulta demolita? Si dovrebbe procedere con il sequestro dell’auto oppure no? E come ci si dovrebbe comportare con il nuovo proprietario che magari è in buona fede e all’oscuro del traffico che l’ha portato al legittimo acquisto dell’auto usata? Comandante Papetti, chiaramente la fase preliminare delle indagini ha permesso di scoprire dinamiche poco virtuose nel settore dell’autodemolizione, ma è solo questa la categoria oggetto di verifica? Sicuramente ci sono delle organizzazioni che gestiscono questo traffico di auto, che, per sua natura presuppone una certa logistica che difficilmente si può riscontrare per ogni singolo autodemolitore. Con convinzione si può, inoltre ritenere che si tratti di un reato di tipo transnazionale in quanto vede coinvolto un gruppo criminale organizzato ed il reato viene commesso in Italia con una parte sostanziale della pianificazione, organizzazione, direzione e controllo in un altro Stato. Ricordo che l’indagine è tuttora in corso e che ci sono sviluppi sui quali è ancora presto per azzardare dichiarazioni. Sicuramente ci sono aspetti legati al comportamento di soggetti che si organizzano in totale evasione d’imposta e implementano un traffico criminale molto remunerativo. Il cittadino che si disfa correttamente della propria auto portandola al concessionario o al demolitore, che garanzia ha che da questo suo disfarsi non derivi un guadagno illecito o un traffico che torna doppia- mente al suo danno sotto forma di eco-bonus speso inutilmente a fronte della reimmissione sulla strada del veicolo obsoleto? (risponde il Comandante Papetti) Alla conferenza stampa dello scorso ottobre, quando si è dato conto dell’indagine in corso, abbiamo invitato anche le Associazioni dei Consumatori, proprio perché riteniamo che molti cittadini siano stati truffati avendo pagato per un servizio di demolizione non effettuato e, ancor di più, perché su questo servizio lo Stato ha erogato una somma intascata illegittimamente assieme al guadagno della vendita tal quale del veicolo all’estero. È chiaro che l’unica garanzia per il cittadino è la serietà dell’autodemolitore. Per fortuna ci sono molti autodemolitori che sono risultati estranei a questa vicenda e quindi si comportano seriamente nei confronti del cittadino e dello Stato. In molti casi abbiamo riscontrato il comportamento corretto degli operatori dell’autodemolizione, in altri, purtroppo, no, ma questo non deve portare alla demonizzazione di tutta la categoria. (Aggiunge il Comandante Velardocchia) Come Corpo Forestale, non siamo titolari di procedimenti autorizzativi, però, in sinergia con la Guardia di Finanza, una volta chiuse le indagini, informeremo le Province ove hanno sede legale le aziende coinvolte. Saranno le Province stesse, poi, che si regoleranno di conseguenza per le relative autorizzazioni ai sensi del D. Lgs. 152/2006. Il “delitto ambientale” che viene riconosciuto in caso di traffico illecito di rifiuti tramite esportazione costituisce un reale deterrente per coloro che si abbandonano a queste pratiche criminali? (risponde il Comandante Velardocchia) Secondo me, sì. Perché in questo caso non ci si trova a dover affrontare una sanzione amministrativa, bensì una di tipo penale. Il Codice Penale distingue i reati in “delitti” e “contravvenzioni”: i delitti sono sanzionati con la reclusione e le sanzioni pecuniarie. Reati come quello che si va ad ipotizzare in questo caso rientrano perfettamente nella casistica del “delitto ambientale” previsto dal nostro ordinamento e, in questo caso, chi contravviene, non solo rischia parecchio dal punto di vista penale, ma anche da quello delle sanzioni accessorie, come ad esempio: l’interdizione per l’esercizio di professione, di arte o mestiere (sanzione comminata non già dalla Provincia ma dal giudice penale). Questo vuol dire “chiudere bottega” a tutti gli effetti! Si rischiano anche sanzioni amministrative abbastanza pesanti dal punto di vista finanziario. Probabilmente saranno applicate anche queste a coloro che risulteranno colpevoli del reato di traffico illecito di rifiuti mediante esportazione. Bisogna dirlo chiaramente da subito: ci saranno sanzioni penali, per le quali la competenza spetta all’autorità giudiziaria e ci saranno sanzioni amministrative, per le quali stiamo già stilando i verbali per le relative notifiche. Ovviamente le parti in causa avranno tutta la possibilità di difendersi a livello amministrativo e credo che, nei prossimi mesi, in questo settore, ci sarà molto lavoro per gli avvocati.


Condividi con:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *