ILLEGALITÀ AMBIENTALE IN AUMENTO

Tra gli eco-reati accertati anche il traffico e smaltimento illecito di rottami, olii esausti, batterie e veicoli fuori uso

Il “business ambiente” tira e fa sempre più gola. Ad essere attratti dal flusso di denaro che gira intorno al “sistema ambiente” non ci sono solo organizzazioni criminali, ma anche imprenditori senza scrupoli che, pur di incrementare i propri guadagni o ridurre le spese connesse alla corretta gestione dei rifiuti, non esitano a creare gravi danni all’ambiente. A scattare la fotografia dell’il- lecito in campo ambientale in Italia è il “Primo Rapporto sul contrasto all’illegalità ambientale”, a cura del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. È lunga la lista degli eco-reati. Accanto a fenomeni di inquinamento dei corsi d’acqua, del suolo e dell’aria, all’abusivismo edilizio, alla cementificazione selvaggia, al traffico di sostanze radioattive o nucleari, tra gli illeciti che pesano sul nostro patrimonio ambientale figura anche il traffico e lo smaltimento illecito dei rifiuti, rottami, olii esausti, batterie e veicoli fuori uso. L’illecito non risparmia così neanche il settore dell’auto- demolizione. Anzi, proprio grazie all’autodemolizione l’illecito “nostrano” salta oltre frontiera e sconfina all’estero, soprattutto nei Paesi dell’Est, ove, anziché essere smaltiti, i rifiuti vengono immessi sul mer- cato sotto veste di altri prodotti; Ma le forme e le tipologie di illeciti ambientali contenuti nel Rapporto sono molteplici; non solo, oltre che variegato e multi-settoriale, il crimine ambientale è anche sempre più frequente.

I numeri del Rapporto parlano chiaro e restituiscono l’immagine di un Paese quotidianamente alle prese con l’illegalità ambientale. “L’Italia è un paese in cui le forze dell’ordine rilevano un illecito ambientale ogni 43 minuti” ha detto lo stesso Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Stefania Prestigiacomo, nel corso della presentazione del Rapporto presso la sede del Ministero. Il Rapporto, che aderisce agli indirizzi comunitari ed in- ternazionali, volti a realizzare programmi e misure a tutela dell’ambiente, snocciola dati e informazioni relative all'”impatto ambientale” della criminalità nell’intero territorio nazionale. L’obiettivo? La prevenzione innanzitutto, ovvero “delineare un quadro delle criticità sistemiche ed endemiche”, ha detto il Ministro Prestigiacomo e dunque sviluppare le più idonee strategie di contrasto. Dati, numeri, grafici non solo raccontano l’avanzata del crimine nel “sistema ambiente”, ma anche il pugno di ferro delle forze dell’ordine nel contrastarlo. “Nel 2009 – ha spiegato il Ministro – sono stati effettua- ti oltre 12 mila controlli in cui sono state riscontrate attività il- lecite, con oltre 10 mila persone denunciate, 188 arresti e circa 2800 sequestri. Significa che ogni giorno dello scorso anno in media sono state accertate oltre 30 illegalità ambientali, ogni giorno denunciate 29 persone, effettuati 7 sequestri e che ogni 2 giorni una persona è stata arrestata”. Si tratta di numeri che sottolineano l’impegno e le capacità operative delle forze dell’ordine, di cui, ha detto il Ministro Prestigiacomo, “si sono rafforzate anche competenze, conoscenze, professionalità specifiche” e che “traducono l’impegno politico del governo sulla tolleranza zero in materia di illeciti ambientali in azioni concrete di repressione e prevenzione”. La stesura del Rapporto raccoglie infatti informazioni e azioni proprie delle Forze (articolazioni operative) di cui si avvale il Ministero dell’Ambiente, acquisite nel corso delle attività di contrasto ai fenomeni di illegalità ambientale nel biennio 2008 – 2009 da parte delle seguenti forze dell’ordine: Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente, Corpo Forestale dello Stato, Corpo delle Capitanerie di Porto, Guardia Costiera, Guardia di Finanza e Polizia di Stato. “Nel rapporto – ha rilevato ancora il Ministro – i dati del 2009 vengono paragonati a quelli del 2008. Dalla comparazione emerge una sostanziale stabilità del numero delle illegalità rilevate, che anche nel 2008 hanno superato le 12 mila, ma un incremento del 31% degli arresti, del 17 % dei sequestri e del 13% delle denunce. Ciò significa, credo, che si sono affinate le capacita investigative e la capacità dello stato di andare a fondo nella repressione delle illegalità, nelle individuazione di legami, intrecci, responsabilità. Ciò significa che nelle forze dell’ordine oltre all’impegno che non è si è mai attenuato, oltre al senso di sacrificio di cui tutti dobbiamo essere grati a questi uomini ed a queste donne che lavorano per noi, per la legalità del nostro paese, si sono rafforzate anche competenze, conoscenze, professionalità specifiche. Capacità operative qualificatissime che traducono l’impegno politico del governo sulla tolleranza zero in materia di illeciti ambientali in azioni concrete di repressione e prevenzione i cui risultati sono evidenti”. All’impegno nelle azioni di contrasto fa da contraltare il dilagare dei fenomeni criminosi ai danni dell’ambiente. “Le ecomafie – ha continuato la Prestigiacomo – rappresentano il fronte più preoccupante e complesso, perché se un’organizzazione criminale svolge il suo business in campo ambientale, i rifiuti tanto per fare l’esempio più comune e frequente, può farlo solo entrando in relazione con il sistema produttivo e con le istituzioni; con chi produce i rifiuti da smaltire e con chi dovrebbe controllarne e verificarne il corretto smaltimento. È una attività di tipo mafioso che contamina la parte sana della società creando un intreccio legalità/illegalità spesso difficile da dipanare, moltiplicando il numero dei soggetti coinvolti, anche estranei alle cosche, e provocando con criminale indifferenza enormi conseguenze sull’ambiente, le falde, i territori, gli ecosistemi. Non a caso i casi di inquinamento del suolo, cartina tornasole principale del racket dei rifiuti, rappresentano la fonte di reati più gravi che ha indotto quasi il 90% degli arresti effettuati nel 2009, ben 163 con 2759 denunce a fronte di 1652 controlli che hanno rivelato azioni illegali”. Se i dati e i numeri contenuti nel Rapporto registrano l’avanzata del problema e la sua diffusione, le storie e i casi citati nelle oltre 100 pagine del Dossier ne raccontano la gravità e la pericolosità per l’ambiente. Molti di questi casi riguardano anche il settore dell’auto- demolizione, o perché direttamente coinvolto, o perché indirettamente interessato. Traffico e smaltimento illecito di rottami, olii esausti, batterie e veicoli fuori uso sono, infatti, al centro di alcune operazioni messe a segno nel corso del 2009 dalle forze dell’ordine. Ne è un esempio l’operazione “Old Iron”, messa a segno dai Carabinieri del NOE di Caserta nel febbraio 2009, che racconta di un traffico illegale di “ferro vecchio” tra Napoli, Caserta e Terni. L’operazione ha, infatti, consentito di sgominare un sodalizio criminale che aveva organizzato un ingente traffico illecito di rifiuti speciali costituiti, prevalentemente, da veicoli fuori uso e rottami ferrosi. Cinque ordinanze di custodia cautelare e tre ordinanze di sequestro impianti è il bilancio dell’operazione. L’attività illecita traeva i propri guadagni dal risparmio delle spese necessarie per lo svolgimento, rigorosamente previsto per legge, delle fasi di recupero, bonifica, trasporto e smalti- mento dei rifiuti nei siti autorizzati. Le indagini hanno anche evidenziato che per gestire tali attività venivano utilizzati anche automezzi già sottoposti a sequestro penale in altre province italiane e che, non potendo ovviamente essere registrati con documentazione regolare, necessitavano di false attestazioni per il trasporto. Il traffico illecito di rifiuti speciali, quali batterie al piombo esauste risulta, invece, al centro dell’operazione “Piombo”. L’indagine, eseguita nel maggio del 2009 dai Carabinieri del NOE di Perugia ha consentito di individuare un’organizzazione dedita al traffico ed allo smaltimento illecito di rifiuti speciali pericolosi, capeggiata da un pregiudicato laziale che si avvaleva della collaborazione di tre cittadini stranieri, due di origine rumena ed uno di origine albanese, i quali provvedevano a ritirare presso numerose autofficine le batterie al piombo esauste, rilasciando ai rispettivi titolari copia dei formulari di identificazione rifiuto che da un successivo controllo sono risultati falsi, in quanto sia la ditta di trasporto che il sito di destinazione, effettivamente esistenti, erano risultati estranei ai fatti per non averli mai ricevuti. L’ulteriore sviluppo investigativo ha svelato tutta la fase del business, realizzato attraverso la cooperazione di produttori, trasportatore e gestori di centri di rottamazione e raccolta di rifiuti, i quali modulavano i flussi dei rifiuti pericolosi (batterie esauste al piombo) dalle autofficine e ricambisti del centro Italia (Umbria, Lazio, Marche, Abruzzo) verso centri di rottamazione e raccolta di rifiuti laziali della provincia di Roma e Latina, attraverso la sistematica falsificazione, oltre che dei F.I.R., anche dei registri di carico e scarico, di documentazione e fatture, dichiarandoli quali rottami ferrosi. Le batterie esauste venivano così prelevate da un falso incaricato C.O.B.A.T. Il traffico di rifiuti accertato, nel solo periodo di osservazione, ha prodotto un illecito profitto stimato in circa 500.000 euro per un totale di 8.000 tonnellate annue di batterie smaltite. Riguarda, invece, lo smaltimento illecito di pneumatici a fine ciclo su terreni demaniali la vasta operazione “Gomme a terra” condotta nell’ottobre dello scorso anno nelle Province di Modena e Reggio Emilia. L’inchiesta, partita con il ritrovamento di alcuni pneumatici a fine ciclo scaricati abusivamente in terreni demaniali in riva al torrente Tiepido, nel comune di Serramazzoni ed estesa a molti comuni del circondario, ha portato alla luce molteplici smaltimenti abusivi di gomme su terreni agricoli nei pressi di trafficate vie di comunicazione. Nella maggior parte dei casi, gli pneumatici smaltiti provenivano dai cosiddetti “muletti”, i carrelli elevatori utilizzati a livello industriale. E l’analisi dei residui sulle gomme ha consentito di stabilire che le aziende in cui erano stati usati erano quelle ceramiche. I numerosi indizi raccolti hanno consentito di risalire alle industrie di provenienza dei pneumatici, ai gommisti fornitori ed agli intermediari coinvolti nell’organizzazione di traffico illecito di gomme, rifiuti speciali che, osservando la normativa vigente, dovrebbero essere smaltiti con una documentazione di accompagnamento in discariche autorizzate. Gli elementi acquisiti ed i riscontri ottenuti attraverso i dati della telefonia hanno condotto a tre persone, due uomini ed una donna, domicìliati a Scandiano (RE), i quali ritiravano, con il coinvolgimento di alcune ditte compiacenti, i pneumatici usurati, utilizzando furgoni presi a noleggio e praticando prezzi fortemente concorrenziali sul mercato dello smaltimento. Le indagini vedono attualmente cinque soggetti indagati per organizzazione di traffico illecito di rifiuti. Seppur non strettamente riguardanti l’autodemolizione, le operazioni citate raccontano storie di traffici illeciti che spesso riguardano i rifiuti speciali. La criminalità ambientale ruota così attorno anche a veicoli fuori uso, batterie, pneumatici e olii esausti. Per questi non solo l’illecito è quotidianamente dietro l’angolo, ma c’è anche l’aggravante, perché pesa come un macigno sul “sistema ambiente”.


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