IL DEPOSITO NON AUTORIZZATO È DISCARICA ABUSIVA

Anche nel caso di un singolo conferimento, quando l’azione comporta la trasformazione dell’area interessata in ricettacolo di rifiuti

La Legge sanziona chi realizza o gestisce una discarica non autorizzata e, la Suprema Corte di Cassazione (Cass., Sez. III, 4/11/1994, Zagni) ha dichiarato che “può integrare il reato di discarica abusiva anche un unico conferimento di ingenti quantità di rifiuti che faccia però assumere alla zona interessata l’inequivoca destinazione di ricettacolo di rifiuti con conseguente trasformazione del territorio”. Tale sottolineatura risulta evidente nella Sentenza del 6 giugno 2011 – n. 22305 relativa alla realizzazione di una discarica abusiva tramite un unico conferimento. In sostanza, i giudici hanno ritenuto che il caso in oggetto (l’accumulo nello stesso luogo costituente l’unico spiazzo non pavimentato di una più vasta area di circa 5.000 m2… di un groviglio di lamiere e di una quantità di pneumatici incendiati oggettivamente destinati all’abbandono), proprio perché incide nella trasformazione del terreno, è compatibile con la definizione di “discarica”, così come introdotta dall’art. 2, lett. g), del D. Lgs. n. 131/01/2003, n. 31. Per maggior informazione dei Lettori, pubblichiamo, di seguito, il testo della Sentenza succitata.

Repubblica Italiana In nome del Popolo Italiano LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE Terza Sezione Penale

Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALFREDO TERESI
Dott.ssa CLAUDIA SQUASSONI
Dott. ALDO FIALE
Dott. RENATO GRILLO Dott.ssa ELISABETTA ROSI

Ha pronunciato la seguente SENTENZA

Sul ricorso proposto da (omissis) Avverso la sentenza n. 690/2008 Corte di Appello di Reggio Calabria del 25/05/2010

Visti gli atti, la sentenza, il ricorso, udita in pubblica udienza del 15/02/2011 la relazione fatta dal Consigliere, Dott. ALDO FIALE, udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Gabriele Mazzotta che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Reggio Calabria, con Sentenza del 25/05/2010, confermava la Sentenza 31/01/2007 del Tribunale monocratico di Palmi, che aveva affermato la penale responsabilità di (omissis) in ordine al reato di cui:
• all’art. 51, 3° comma, D. Lgs. n. 22/1997 (perché – nella qualità di rappresentante legale della (omissis) – aveva realizzato, in mancanza della prescritta autorizzazione, una discarica di rifiuti speciali pericolosi e non, costituiti da lamiere aggrovigliate di autovetture e da pneumatici usurati e incendiati – acc. in agro di Gioia Tauro, loc. Villa Sant’angelo, il 15/02/2006) e lo aveva condannato alla pena (interamente condonata) di anni 1, mesi 2 di arresto ed euro 3000,00 di ammenda.

Avverso tale Sentenza ha proposto ricorso il difensore di (omissis), il quale, sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, ha eccepito:
• la inconfigurabilità del reato, in quanto, nella specie, non potrebbe configurarsi l’esistenza di “rifiuti” destinati all’abbandono, bensì di carrozzerie di veicoli smontati e distrutti, costituenti ormai solo “rottami ferrosi” pronti per la fonderia;
• la necessità – anche qualora i materiali rinvenuti dell’area potessero essere considerati rifiuti – di ricondurre la fattispecie alla condotta di “deposito temporaneo” descritta dall’art. 6, comma 1 – lett. m), del D. Lgs. n. 22/1997, trattandosi di raggruppamento, effettuato prima della raccolta, di rottami “prodotti dalla attività svolta dalla Società (omissis) nel medesimo luogo in cui tali rottami si trovavano”;
• la insussistenza delle condizioni che debbono necessariamente sussistere affinché possa configurarsi una “discarica” abusiva, ai sensi sia dell’art. 2 del D. Lgs. n. 36/2003, sia dell’art. 51, 3° comma, D. Lgs. n. 22/1997.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché articolato in fatto e manifestamente infondato.

L’art. 51, 3° comma, del D. Lgs. n. 22/1997 (con previsione trasfusa nell’art. 256, 3° comma, del D. Lgs. 3/04/2006, n. 152) sanziona penalmente “chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata” e la giurisprudenza di questa Corte Suprema, condivisa dal Collegio, ha evidenziato che può integrare il reato di discarica abusiva anche un unico conferimento di ingenti quantità di rifiuti che faccia assumere alla zona interessata l’inequivoca destinazione di ricettacolo di rifiuti, con conseguente trasformazione del territorio (Cass., Sez. III, 4/11/1994, Zagni).

Nella fattispecie in esame i giudici del merito hanno appunto accertato, in fatto – e ne hanno dato conto con motivazione razionale ed esauriente – la realizzazione di una discarica attraverso l’accumulo nello stesso luogo (costituente l’unico spiazzo non pavimentato di una più vasta area di circa 5.000 m2, sul quale non erano altresì depositate le carcasse di autovetture ridotte volumetricamente a cubi e destinate ad impianti di smaltimento e/o di recupero) di un groviglio di lamiere e di una quantità di pneumatici incendiati oggettivamente destinati all’abbandono (materiale sparso alla rinfusa sull’area in seguito ad un incendio), con trasformazione del sito, oggettivamente degradato dalla presenza di quei rifiuti, e tale accertamento è altresì, assolutamente compatibile con la definizione di “discarica” introdotta dall’art. 2, lett. g), del D. Lgs. n. 131/01/2003, n. 31.

Tutte le argomentazioni riferite in ricorso alla diversa attività di demolizione di autovetture, raccolta e stoccaggio di materiali ferrosi esulano dalla vicenda in esame, oggettivamente circoscritta al solo rinvenimento dei materiali sparsi anzidetti.

Tenuto conto della Sentenza 13/06/2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria della stessa segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00

P.Q.M.

La corte Suprema di Cassazione, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Roma, 15/02/2011

Depositata in Cancelleria il 6 giugno 2011.


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