Possibilità di vendita della parte anteriore del telaio unitamente alle parti interne derivanti da veicolo fuori uso

Facciamo il punto sulle norme di riferimento.

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Molti Centri di raccolta, i cosiddetti autodemolitori, a livello nazionale, procedono alla esportazione di parte di un veicolo fuori uso, previa messa in sicurezza e privazione delle parti pericolose, in particolare effettuano la vendita dell’ “intera parte anteriore del veicolo fuori uso evitando lo smontaggio delle singole parti rendendo più pratico il trasporto ed ottimizzando i tempi di manodopera“.

Per capire se tale operazione è corretta, bisogna analizzare previamente sia il D. lgs 209/2003 che il D. Lgs. 152/2006, nonché il D.M. 5 febbraio 1998 per la recuperabilità di un rifiuto.

La prima norma detta nello specifico le attività da eseguire e tutte le operazioni necessarie per l’attività di demolizione, mentre la seconda norma detta prescrizioni , sui generis, per evitare forme di inquinamento, di contaminazione, nell’ambito dell’adozione di tutte le tutele necessarie per la salute e la sicurezza dell’ambiente e dell’uomo. Nello specifico si è recentemente pronunciata la Suprema Corte, la quale cita: “Ancora la Corte precisa che le parti di autoveicoli risultanti dalle operazioni di messa in sicurezza di cui al d.lgs. 24 giugno 2003, n. 209, provenienti dai centri di raccolta autorizzati di cui al d.lgs. 209/2003, cit., costituiscono rifiuti trattabili per il recupero in regime semplificato ai sensi del d.m. 05/02/1998, suballegato 1-5. A norma dell’art. 184-ter, comma 1, d.lgs. 152/2006, un rifiuto cessa di essere tale quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero e soddisfi i criteri e le condizioni in esso previsti. L’art. 184-ter, comma 4, d.lgs. 152/2006, richiama espressamente anche il d.lgs. 209/2003. Ne consegue che le parti di autoveicoli recuperate a seguito di messa in sicurezza, da parte di soggetto autorizzato e con il concorso delle condizioni di cui all’art. 184-ter, d.lgs. 152/2006, cit., cessano di essere rifiuti“. (Cass. Pen., Sez. III, n. 37847 del 16/09/2014)

Nel dettaglio il D. Lgs. 209 recita : “L’attività di demolizione si compone delle seguenti fasi:
a) smontaggio dei componenti del veicolo fuori uso od altre operazioni equivalenti, volte a ridurre gli eventuali effetti nocivi sull’ambiente;
b) rimozione, separazione e deposito dei materiali e dei componenti pericolosi in modo selettivo, cosi’ da non contaminare i successivi residui della frantumazione provenienti dal veicolo fuori uso;
c) eventuale smontaggio e deposito dei pezzi di ricambio commercializzabili, nonché dei materiali e dei componenti recuperabili, in modo da non compromettere le successive possibilità di reimpiego, di riciclaggio e di recupero“.

Non sussistono altre prescrizioni attinenti, nello specifico, la scocca del veicolo, previamente oggetto di smontaggio delle sue parti , con l’adozione di tutte le misure idonee per la corretta gestione del veicolo fuori uso.

Tuttavia, per una più precisa valutazione, se non altro ancorata ad un riferimento certo, occorre procedere con l’interpretazione letterale del testo normativo.
Il trattamento del veicolo fuori uso in ingresso all’impianto di demolizione: fase definita dettagliata dall’art. 3 D. Lgs. 209/03 meglio specificato nei successivi sei punti , può ritenersi adempiuto con l’effettuazione di dette operazioni o con alcune di esse e comunque almeno con l’esecuzione di una delle stesse… per es. le attività di messa in sicurezza. A tal fine, quindi, la parte del veicolo messo in sicurezza e tagliato non presenta problemi per quanto riguarda l’avvenuto trattamento. Occorre poi procedere e porre in essere l’effettiva attività di demolizione del veicolo scopo, quest’ultimo, del conferimento nel centro di raccolta del veicolo fuori uso. In sostanza occorre valutare se e quando la demolizione possa ritenersi adempiuta conformemente al disposto normativo. (Ciò ai fini di poter considerare le parti recuperate merci e non più rifiuti).

Bisogna poi considerare il disposto dell’art. 6 – Attività di demolizione dell’Allegato I, D. Lgs. 209/93. Lettera a) smontaggio dei componenti o… altre operazioni equivalenti… b)rimozione, separazione e deposito… dei componenti pericolosi in modo selettivo... c) eventuale smontaggio e deposito dei pezzi di ricambio commercializzabili… in modo da non compromettere le successive possibilità di reimpiego...

Le previsioni di cui alla lettera a), b), c) sono precisate quali fasi nelle quali si sostanzia la demolizione. Se dette fasi devono essere considerate congiuntamente (cioè tutte) occorre che necessariamente che i componenti siano smontati cerniti e/o depositati in modo da poter essere reimpiegati commercializzandoli quali merci. Se si ritiene che sia sufficiente anche una sola operazione di quelle indicate, per esempio il disposto della lett. c) anche per effetto dell’aggettivo eventuale (probabile) smontaggio… nel senso che è certamente possibile conservare una parte di veicolo (per es. metà veicolo) per un successivo utilizzo. Mentre per il deposito dei pezzi di ricambio commercializzabili, sembrerebbe che occorra, una volta deciso di procedere all’utilizzo dei componenti, effettuare fisicamente lo smontaggio e il deposito dei ricambi commercializzabili. Inoltre parrebbe che la ratio della previsione normativa dell’allegato citato sia appunto quella di smontaggio e altra operazione equivalente. In sintesi un concreto intervento volto a ricavare – estrarre – pezzi di ricambio commercializzabili.
Da ciò, il taglio in due parti di un veicolo, potrebbe essere considerato da parte di un organo di controllo, un’operazione non del tutto conclusiva della fase di demolizione e, pertanto, non sufficiente a “trasformare” il veicolo fuori uso da rifiuto a merce quali i pezzi di ricambio singolarmente e autonomamente considerati.

Pertanto, da una interpretazione interpretazione letterale e restrittiva del disposto normativo e in via prudenziale, la cessione di una parte di un veicolo quale l’intera porzione anteriore anziché le singole parti che la compongono già smontate quali pezzi di ricambio commercializzabili, appare un operazione – se non espressamente vietata dalla norma – non prevista.

Proprio per tale mancanza di previsione normativa un dettagliato quesito da sottoporre all’organo competente in materia di autorizzazioni – Provincia competente – potrebbe in ipotesi di conferma sulla possibilità di eseguire tale operazione commerciale, quanto meno porre il richiedente in una condizione di maggior tutela difensiva in caso di contestazione.

Si rende però necessario affrontare altre parti della norma, nel loro complesso, dalle quali emerge che lo scopo fondamentale della stessa è quello di ridurre al minimo l’impatto dei veicoli fuori uso sull’ambiente, al fine di contribuire alla protezione, alla conservazione ed al miglioramento della qualità dell’ambiente. Altra parte sancisce che gli scopi della rottamazione di un veicolo, al fine dell’adozione di tutti i principi di precauzione e dell’azione preventiva in materia di gestione dei rifiuti, hanno i seguenti obiettivi:
a) le misure volte, in via prioritaria, a prevenire la produzione di rifiuti derivanti dai veicoli e, in particolare, le misure per ridurre e per controllare le sostanze pericolose presenti negli stessi veicoli, da adottare fin dalla fase di progettazione, per prevenire il rilascio nell’ambiente di sostanze pericolose, per facilitare il reimpiego, il riciclaggio e il recupero energetico e per limitare il successivo smaltimento di rifiuti pericolosi;
b) le prescrizioni da osservare nella progettazione e nella produzione dei veicoli nuovi per incoraggiare e per favorire il recupero dei veicoli fuori uso e dei relativi componenti e materiali, compreso lo sviluppo del mercato dei materiali di demolizione recuperati, privilegiando il reimpiego e il riciclaggio, in modo da ridurre il volume dei rifiuti da smaltire;
c) le altre azioni necessarie per favorire il reimpiego, il riciclaggio e il recupero di tutte le componenti metalliche e non metalliche derivanti dal veicolo fuori uso e, in particolare, di tutte le materie plastiche;
d) le misure volte a migliorare la qualità ambientale e l’efficienza delle attività di tutti gli operatori economici coinvolti nel ciclo di vita del veicolo, dalla progettazione dello stesso alla gestione finale del veicolo fuori uso, per garantire che il riciclaggio, il recupero e lo smaltimento del veicolo medesimo avvenga senza pericolo per l’ambiente ed in modo economicamente sostenibile.

Sembrerebbe, pertanto, che non sussistano divieti espressi. Ma la norma attribuisce anche: e) le responsabilità degli operatori economici. In questo caso ci si chiede se l’aver utilizzato la parte anteriore del veicolo per limitare i costi di mano d’opera e per limitare gli eventuali danni alle parti poste al suo interno risponda o meno a tali principi sopra enunciati. In particolare la parte del veicolo oggetto di esportazione riposta anche, inciso, un numero di telaio, laddove non è possibile ne il suo riutilizzo ne all’interno dello stato italiano ne in altri stati, ne la sua cancellazione tramite ” limatura ” della componente metallica.

Concludendo, a cautela delle operazioni di cui al D. Lgs. 209, si consiglia di non utilizzare l’intera parte anteriore del veicolo fuori uso evitando lo smontaggio delle singole parti rendendo più pratico il trasporto ed ottimizzando i tempi di manodopera, in quanto operazione non rispondente ai principi generali di precauzione di cui alla norma stessa, nonché al testo unico ambientale, sebbene più sopra sia stato precisato che non sussistono limiti precisi di legge in tal senso.

Si riporta l’estratto di una Sentenza di un Tribunale, dell’anno 2013, ove non si riportano gli estremi per ragioni di riservatezza: “…disponeva il sequestro preventivo di parti posteriori di ciclomotori e motocicli, meglio individuati…in relazione al reato di cui agli artt. 110 c.p. e 259, comma 1, del D.L.vo 152/2006, per avere, in concorso, effettuato una spedizione di rifiuti e…facente parte di una esportazione verso il Senegal…operazioni di esportazione di componenti usati e bonificati di ciclomotori… non erano state operazioni di trattamenti previste dal D. Lgs. 209 del 2003, … per l’oggetto della spedizione relativa non già a mere componenti di ciclomotori ma a vere e proprie parti, oli e batteria, a fronte delle risultanze delle bollette doganali di esportazione … mentre la vendita a società estera non muta certo la natura delle merci, per le quali resta operante la disciplina contemplata dal Regolamento CEE n. 259/93, oggi sostituito dal Regolamento CEE n. 1013/06, la cui violazione…. Consente di ritenere integrato il reato in esame…“.

Si precisa, comunque, che il vero oggetto della esportazione erano parti di ciclomotori non bonificati, contenenti oli ed altre parti pericolose, quindi al di fuori di quanto richiesto in questa sede.

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