BENE IL SETTORE, MA SERVE PIÙ SOSTEGNO

A chiederlo sono state le imprese italiane che, a Bruxelles, hanno presentato il Rapporto “Il riciclo ecoefficiente, performance e scenari economici, ambientali ed energetici”.

Più sostegno alle industrie del riciclo!
A chiederlo sono stati rappresentanti del settore italiano riuniti nel gruppo di lavoro “Recupero e Riciclo” nell’ambito del Kyoto Club, che, nella giornata di lunedì 1° marzo, hanno presentato al Parlamento Europeo il Rapporto: “Il riciclo ecoefficiente, performance e scenari economici, ambientali ed energetici”.
Il documento, a cura del Dott. Duccio Bianchi dell’Istituto di ricerche Ambiente Italia è stato promosso da CIAL, COBAT, COMIECO, COOU, CNA, COREPLA, FEDERAMBIENTE, FISE UNIRE, e MP AMBIENTE, che rappresentano i principali stakeholders, nonché artefici dello sviluppo del riciclo in Italia degli ultimi lustri.
Ad aprire i lavori della giornata è stato Carlo Montalbetti, Presidente Comieco che ha sottolineato come il sistema del riciclo e del recupero, tanto in Europa, quanto in Italia, ha evidenziato un ritmo di crescita superiore a settori produttivi tradizionali e ha altresì rimarcato la necessità di esplorare misure adottabili a livello UE per sostenere ed incentivare tale sistema industriale.
Successivamente, durante la giornata, l’Autore della ricerca ha presentato una sintesi della stessa che è servita da “innesco” del Forum a seguire, cui sono intervenuti Jakub Wejchert, rappresentante della Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea; Cesare Spreafico, Presidente EPRO (Associazione europea delle organizzazioni del recupero e riciclo della plastica); gli europarlamentari Vittorio Prodi e Salvatore Tatarella, membri della Commissione Ambiente, Salute Pubblica e Sicurezza alimentare del PE.
Presenti in sala anche rappresentanti di organizzazioni europee delle industrie cartarie, dell’alluminio e della plastica (CEPI, FEFCO, EAA, EuPC, EuPR, NOVAMONT). Durante il dibattito, i rappresentanti del mondo politico e delle istituzioni europee hanno sostanzialmente confermato l’ipotesi di forme incentivanti da destinare al settore, soprattutto in virtù dei benefici che questo porta nel processo di riduzione delle emissioni climalteranti.
Ulteriore attenzione è stata ribadita alla necessità di implementare l’efficienza del recupero e del riciclo a fronte dell’auspicabile riduzione del ricorso all’estrazione di materie prime di origine naturale. Una necessità, questa che se da un lato rappresenta un piccolo costo iniziale, dall’altro offre la possibilità di far fare all’Europa un notevole salto di qualità nella direzione del contenimento degli effetti del Global Warming e inoltre va nella direzione di un rilancio economico e occupazionale in chiave green.
L’esigenza di riorientare la base della società verso le logiche del recupero e del riciclo è stata ugualmente ribadita, così come la necessità di assicurare alle imprese la trasparenza e la semplificazione delle norme di riferimento e l’impegno istituzionale per un rafforzamento del mercato delle materie prime seconde. In questo senso sono state sottolineate positivamente le iniziative intraprese a seguito della recente crisi economica che ha, se non altro, portato all’attenzione pubblica, le possibilità di risparmio energetico insite nel recupero e nel riciclo dei materiali.
In generale, sia i rappresentanti della Commissione che i parlamentari hanno manifestato disponibilità a considerare meccanismi di premialità dei minori carichi ambientali derivanti dalla produzione di materie provenienti dai sistemi di riciclo e recupero.
L’importanza e l’attualità degli argomenti trattati ha suscitato l’interesse anche di Maria Gafo-Gomez, rappresentante della Direzione Generale Imprese e Industria della Commissione Europea che ha manifestato l’interesse della Direzione ad approfondire le tematiche e i dati contenuti nello studio.
Dal Rapporto è emerso che l’industria del riciclo è una vera e propria “industria nell’industria”, in quanto componente del sistema industriale ed economico nazionale, caratterizzata da una forte innovazione tecnologica e una salda dimensione di industria di servizi e di generazione di prodotti e di energia. Si può facilmente intuire come attraverso il recupero e il riciclo dei materiali, si contribuisce in maniera sostanziale all’eco-efficienza generale del sistema-Paese grazie alle importanti performance economiche, ambientali ed energetiche che caratterizzano tale comparto.
Sull’utilità e importanza del riciclo nessuno ha più dubbi: molto meno sappiamo del sistema industriale e del ruolo che gioca nella nostra economia. L’ecosostenibilità è ormai una condizione irrinunciabile per lo sviluppo industriale, che coinvolge tutti i comparti produttivi, da quelli più tradizionali a quelli più innovativi. Oggi però, nella risposta alla crisi economica globale, l’ambiente è visto non più solo come un “bene collettivo” da tutelare ponendo limiti che regolano gli impatti dei normali processi produttivi, ma anche come opportunità per una nuova fase dello sviluppo.
L’interesse si focalizza allora su quei settori che rappresentano una vera e propria riconversione in chiave ambientale di una parte significativa dell’economia e del sistema produttivo, andando ad investire anche l’organizzazione sociale e gli stili di vita dei cittadini: energie alternative, nuova mobilità, bioarchitettura, riciclo e recupero dei rifiuti.
In particolare, l’industria del riciclo in Italia nel 2007 è cresciuta a un ritmo pari al 17,2%, in netta controtendenza rispetto agli altri comparti, e tra il 2000 e il 2005 ha visto aumentare le imprese del 13% (sono circa 2.500 in totale) e gli occupati del 47% (nel 2005 erano circa 13.000).
Le attività di recupero e riciclo costituiscono oggi una risorsa fondamentale del sistema industriale, a livello italiano e internazionale. Negli ultimi anni si è assistito a un vero e proprio boom della commercializzazione delle materie prime secondarie e, grazie agli effetti della globalizzazione dei mercati, alla nascita di un flusso di esportazione di queste ultime verso i Paesi emergenti (Cina e India fra tutti).
La vitalità e le potenzialità del settore per l’economia italiana (ma anche per la qualità dell’ambiente) sono confermate dalle performance produttive: nel corso del 2007 sono state avviate a recupero e riciclo circa 52 milioni di tonnellate di rifiuti (una cifra pari al doppio della quantità di rifiuti urbani prodotti nel nostro Paese ogni anno), con evidenti vantaggi per l’ambiente derivanti dalla riduzione dell’uso di risorse (rinnovabili e non rinnovabili), dalla riduzione dei consumi energetici e idrici, e dalla riduzione delle emissioni atmosferiche legate direttamente o indirettamente ai cicli produttivi.
Basti pensare che per la produzione di acciaio, alluminio, piombo e carta, oltre il 50% degli input produttivi è costituito da scarti o rifiuti avviati a riciclo, mentre per alcuni tipi di vetro si può raggiungere anche il 95%.
Il traguardo da porsi per un ulteriore scatto in avanti di questo comparto, ed è forse questa la tesi più significativa sottesa alla ricerca e al libro, può quindi essere come possa essere valorizzato il contributo dell’industria del riciclo al raggiungimento degli obiettivi posti all’Italia di riduzione delle emissioni climalteranti, il fatidico “20-20-20” dell’Unione Europea, dal momento che la filiera di recupero e riciclo permette già oggi un minor consumo di energia per 15 milioni di TEP (tonnellata equivalente di petrolio), minori emissioni di CO2 per un totale di 55 milioni di tonnellate equivalenti. Una situazione molto interessante per chi ha a cuore il rispetto dei parametri di Kyoto, quindi, resa ancor più significativa dalla proiezione al 2020 fatta nello studio, in cui si prevede un ulteriore sviluppo dell’industria del riciclo e dei suoi volumi, con una crescita del 15% rispetto ai livelli attuali, che permetterebbe di raggiungere un doppio risultato:
ridurre i consumi energetici di 5 ulteriori milioni di tep, (tonnellate equivalenti di petrolio), pari al 32% dell’obiettivo nazionale di efficienza energetica al 2020;
ridurre le emissioni di CO2 di oltre 17 milioni di tonnellate, pari al 18% dell’obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni, sempre al 2020.
Tuttavia, a fronte di queste proiezioni lusinghiere sappiamo bene come il settore dell’Autodemolizione soffra di incertezze (normative, economiche, di rapporti spesso concorrenziali con gli stakeholders della filiera) che ne minano continuamente la sopravvivenza, mettendone in discussione o, in taluni casi, vanificandone la portata nella filiera.
Eppure, anche gli Autodemolitori, nel loro specifico, rappresentano un anello importante nella catena del riciclo di una particolare tipologia di rifiuto che riunisce in sé componenti preziose, tanto per l’industria del riciclo, quanto per quella del recupero: ferro, metalli non ferrosi, vetro, plastiche, gomme, senza contare le frazioni non diversamente riciclabili che, qualora fosse realizzata una tecnologia in grado di offrire le più ottimali garanzie di tutela della salute e dell’ambiente, potrebbero essere utilizzate come combustibile alternativo nei termovalorizzatori invece di finire in discarica.
Invece è proprio in questo segmento del settore industriale che si registrano anomalie: sforamento dei limiti di materiali in deposito; scarso sbocco dei materiali nel mercato; stratificazioni normative e interpretazioni sovrapposte delle stesse; impossibilità di accesso al credito, regimi autorizzativi diversi e farraginosi.
Eppure una parte del riciclo passa anche dai loro impianti.

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