LA RICETTA DI ASSOFERMET

Per garantire un futuro alle imprese, occorre adeguarsi alle nuove dinamiche del mercato, essere predisposti alla flessibilità e saper conciliare profitti con il rispetto del territorio: parola di Romano Pezzotti, Presidente Assofermet – rottami ferrosi

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Nel variegato mondo che gira attorno al recupero/riciclo dei veicoli a fine vita, uno spazio privilegiato spetta a quanti operano nel commercio, nella distribuzione, nella prelavorazione di prodotti siderurgici e nella commercializzazione di rottami ferrosi. Molti di questi professionisti sono raccolti nella sigla Assofermet che copre l’intero comparto: dagli acciai, ai metalli non ferrosi; dai rottami ferrosi, alla distribuzione della ferramenta. Nata a Roma l’8 febbraio 1948, raggruppa oltre 800 imprese e 30.000 addetti sull’intero territorio nazionale con 20 sezioni merceologiche e organismi territoriali, offrendosi come punto d’incontro di un’imprenditoria dinamica e capace di far fronte alle evoluzioni dei mercati. Nel contesto nazionale, Assofermet rottami, copre un giro d’affari pari ad oltre 5 miliardi di euro, mentre le aziende associate recuperano e trattano l’80% del rottame ferroso consumato ogni anno dalla siderurgia e metallurgia italiana assicurando un servizio di raccolta e recupero dei materiali ferrosi nella valorizzazione dell’infinita riciclabilità del prodotto. Un privilegiato punto di vista, quindi, che consente ai vertici dell’Associazione di valutare bene problematiche e prospettive del mercato. Per saperne di più abbiamo intervistato il Presidente di Assofermet – Rottami, Romano Pezzotti, che ha risposto alle nostre domande offrendo interessanti spunti di riflessione.

Dott. Pezzotti, qual è il quadro relativo al mercato dei rottami metallici in Italia? Il mercato del rottame dopo l’alta volatilità del periodo di crisi, da sei mesi ha ritrovato una stabilità su livelli di prezzo molto alti, l’equilibrio è sostenuto da una buona domanda da parte dell’industria siderurgica che gradualmente sta aumentando le produzioni di acciaio. Per il 2011 si prevede una produzione di acciaio di circa 30 milioni di tonnellate.

Come ha reagito il comparto al picco negativo del 2008 ed alla successiva crisi finanziaria tutt’ora in atto? Il settore del recupero e riciclo del rottame che ho l’onore di rappresentare, ha dovuto convivere con un lungo periodo di incertezza della domanda dettata da un drastico calo della produzione di acciaio e una riduzione del gettito di rottame a causa di un generalizzato calo delle produzioni da parte del comparto meccanico e manifatturiero. Ma proprio lo spirito intraprendente del nostro settore ha innescato una continua ricerca di nuove opportunità e possibilità per trovare il profitto e traghettare le aziende fuori dai morsi della crisi. Ne cito solo due molto importanti: la prima è derivante dall’alta volatilità dei prezzi durata circa tre anni, che ha permesso agli operatori con maggiore predisposizione al rischio di comprare rottame nelle fasi di debolezza del mercato e successivamente di venderlo nelle fasi di maggiore domanda realizzando un’ ottima marginalità; la seconda si è generata “come si dice di necessità virtù” durante i lunghi periodi di scarsa domanda di rottame da parte del settore siderurgico italiano e ha convinto gli operatori più lungimiranti e favoriti dal punto di vista logistico a intraprendere la via dell’export di rottame verso i paesi emergenti che si proponevano e si propongono sul nostro mercato con una buona domanda di rottame accompagnata da quotazioni interessanti.

Il nuovo Regolamento 333/2011 del Consiglio Europeo recante i criteri che determinano quando alcuni tipi i rottami metallici cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, porterà dei vantaggi al mercato dei rottami? In teoria il 333 dovrebbe regolamentare il trattamento dei rifiuti di rottami ferrosi e alluminio con maggiore semplificazione e meno burocrazia, ma nella pratica sarà tutto da verificare considerando le interferenze e le interpretazioni delle istituzioni periferiche.

Non si rischia, però, di vanificare la tracciabilità dei rifiuti proposta dal SISTRI? La tracciabilità dei rifiuti è in atto e funziona dal 1998 con un sistema cartaceo/informatico e non penso proprio che venga vanificata dal Regolamento 333; ritengo invece che viste le difficoltà di implementazione del SISTRI dovremmo fare tutti insieme una profonda riflessione su questo sistema che personalmente ho sempre condiviso nella sua filosofia di massima, ma dopo le deludenti esperienze di utilizzo lo ritengo di difficile applicazione se non con gravi rallentamenti alla logistica delle nostre aziende e il conseguente appesantimento dei costi.

Il commercio dei rottami metallici, negli ultimi anni, sembra prendere vie diverse da quelle nazionali, così come accade per altre tipologie di materiali. Sono in atto dinamiche di concorrenza sleale da parte di Paesi emergenti che lavorano con imprese compiacenti o è solo la dura legge del mercato globale? Sull’export di rottame si è fantasticato molto negli ultimi anni, ma questo fenomeno come dicevo si è generato nel periodo in cui la domanda in Italia era molto debole e offrire rottame ad una acciaieria italiana, a volte era come offrire il petrolio all’Arabia; l’export di rottame è una conseguenza delle nuove dinamiche di mercato e dei grandi cambiamenti in atto nell’industria siderurgica mondiale, e in questo i nostri associati più lungimiranti hanno identificato un canale che in certi periodi diventa un importante sbocco di vendita.

I rifiuti, si sa, costituiscono una ricchezza in termine di materiale, tanto più per un Paese povero di materie prime come l’Italia. Che cosa chiede Assofermet alle istituzioni e alla politica per rilanciare il mercato interno dei materiali da riciclo? Assofermet da anni chiede con forza alle Istituzioni una semplificazione e sburocratizzazione della normativa ambientale che per le aziende più virtuose si è trasformata in una giungla normativa; questo oltre a incidere fortemente sui costi aziendali, con le molteplici e sovrapposte interpretazioni, genera una preoccupante e disarmante incertezza del diritto.

La crisi economica degli ultimi anni ha palesato che un modello di sviluppo basato sulla perpetuazione e la moltiplicazione dei consumi non può reggere in eterno, anche perché le risorse non sono infinite. La stessa industria pesante ha accusato il colpo e ridotto la produzione facendo calare la domanda di rottami. Come vede il futuro? Vedo un futuro per tutta la filiera siderurgica molto interessante, ma a due condizioni: in prima istanza tutti gli operatori si devono adeguare alle nuove dinamiche di mercato e ai nuovi equilibri mondiali nel settore siderurgico, secondariamente le aziende devono predisporsi ad un continuo cambiamento perché nei prossimi anni la flessibilità consentirà di essere protagonisti in un settore che a livello globale sarà tra i più importanti

Nella filiera del fine vita degli autoveicoli, come si configura Assofermet? Assofermet Rottami che con orgoglio presiedo, da sempre rappresenta le aziende che riciclano rottame. Nella filiera del fine vita auto, Assofermet rappresenta le aziende di autodemolizioni e le imprese che recuperano il rottame trasformandolo tramite processi di lavorazione controllati in un’ importante materia prima per l’industria siderurgica.

Quali consigli si sente di dare alla categoria degli Autodemolitori, che spesso lamentano di essere, di fatto, l’anello debole della catena del riciclo dei veicoli a fine vita? Il consiglio che posso dare è quello che trasmetto continuamente anche ai nostri associati, il futuro sarà solo per le aziende virtuose che sapranno conciliare il rispetto del territorio e dell’ambiente alla creazione di profitto in un settore in continuo cambiamento, e proprio nei cambiamenti si devono identificare le opportunità di crescita e di marginalità.

Dal suo punto di vista, c’è la possibilità che l’Accordo di Programma Quadro stipulato fra i soggetti della filiera ELV e i Ministeri competenti, possa trovare una sua realizzazione definitiva, al di là dei semplici proclami? L’Accordo di Programma funziona solo se tutti i firmatari ci credono e non lo vedono come uno strumento di business, ma come la regia di una filiera che nelle sue dinamiche ha tanti problemi da affrontare e da risolvere e solo lavorando tutti uniti ad un tavolo istituzionale possono dare delle soluzioni costruttive.


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