Allarme OCSE: nel 2050 raddoppieranno le morti causate dalle polveri sottili

Secondo un recente studio se non si interviene presto con politiche mirate ed efficienti, nel 2050 la nostra salute sarà fortemente compromessa.

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Dagli anni ’70 la popolazione mondiale è stata testimone di uno sviluppo senza precedenti: è triplicata l’economia mondiale e gli abitanti del pianeta sono aumentati di oltre 3 miliardi.
Tale crescita, tuttavia, si è accompagnata a uno sfruttamento delle risorse naturali e a un devastante inquinamento atmosferico.

Come sarà il nostro pianeta nel 2050?
Secondo un recente studio dell’OCSE dal titolo “Le Prospettive ambientali dell’OCSE all’orizzonte del 2050” che ha esaminato i potenziali impatti ambientali delle tendenze demografiche ed economiche in assenza di politiche “verdi” più ambiziose, il futuro non è affatto positivo: degrado e depauperamento delle risorse naturali aumenteranno fino al 2050, con il rischio di cambiamenti irreversibili che potrebbero mettere a repentaglio il tenore di vita e la salute degli abitanti del pianeta.

Lo studio prende in esame quattro settori: i cambiamenti climatici, la biodiversità, le risorse idriche e gli impatti dell’inquinamento sulla salute.
Le concentrazioni di inquinamento atmosferico in alcune città, soprattutto asiatiche, sono già molto al di sopra delle soglie di sicurezza. Questa situazione è destinata a peggiorare e saranno necessari notevoli sforzi per ridurre gli effetti sulla salute.
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Nel 2050 il numero delle morti premature dovute all’esposizione di particolato (PM) in tutto il mondo raddoppierà a 3,6 milioni, soprattutto in Cina e India, a causa della crescente urbanizzazione e dell’invecchiamento della popolazione (con aumento di persone più a rischio) che potrebbero vanificare i vantaggi delle politiche di riduzione delle emissioni.
Il numero assoluto di morti premature legate all’ozono troposferico nel 2050 sarà maggiore in Cina e in India, ma anche i Paesi OCSE avranno tassi di mortalità piuttosto elevati a causa del maggiore invecchiamento della popolazione.

Stimare l’impatto sulla salute dell’inquinamento atmosferico non è semplice in quanto diversi fattori, quali la crescita demografica, l’invecchiamento della popolazione, l’urbanizzazione, la diminuzione della qualità dell’aria e il miglioramento generale della salute, influenzano i risultati.
Ci si aspetta che i servizi sanitari e i livelli di reddito migliorino, dimezzando il numero di morti legati inquinamento atmosferico. Tuttavia, la crescita della popolazione e una maggiore urbanizzazione annullerebbero tale riduzione, poiché il fattore che esercita la maggiore influenza nell’incremento di decessi prematuri dovute all’inquinamento atmosferico è l’invecchiamento della popolazione.

Nei prossimi decenni aumenteranno notevolmente le emissioni di biossido di zolfo (SO2) e di ossidi di azoto (NOx), soprattutto nelle economie emergenti.
Rispetto al 2000, i livelli delle emissioni di SO2 aumenteranno del 90% e quelli di NOx subiranno un incremento del 50%.

Grazie all’aumento del tenore di vita e del reddito, diminuirà il numero di persone che utilizzano combustibili tradizionali (e più inquinanti) per cucinare e riscaldarsi, con una conseguente riduzione delle morti premature dovute all’inquinamento dell’aria interna. Tuttavia, se le politiche legate ai cambiamenti climatici aumentano i prezzi dell’energia, per le famiglie povere sarà difficile non usare combustibili inquinanti (ad esempio, legna da ardere). Saranno necessarie, quindi, misure volte a fornire alle famiglie meno abbienti energia alternativa pulita (ad esempio, forni efficienti).

Il futuro che ci attende è davvero preoccupante e a dirlo è proprio l’Ocse, ossia il gruppo dei paesi più ricchi che da sempre promuove la crescita industriale.
Tuttavia, quello appena descritto è lo scenario che si prospetta qualora l’umanità non attuasse politiche più ambiziose per migliorare la gestione dell’ambiente.

Cosa possiamo fare, allora?
Lo studio prosegue con l’esame di politiche che potrebbero contribuire a migliorare lo scenario ambientale.
Per frenare gli impatti dell’inquinamento atmosferico sulla salute, secondo l’OCSE, è necessario:
– Attuare standard normativi e strumenti economici, come la tassazione delle attività più inquinanti;
– Ridurre le fonti di inquinanti atmosferici, soprattutto nel settore dei trasporti attraverso l’abbattimento delle emissioni dei veicoli a motore combinando tassazioni e promozione del trasporto pubblico più pulito;
– Incoraggiare i cambiamenti comportamentali in nuovi modelli di business e di stile di vita (ad esempio, car sharing, teleconferenza, telelavoro);
– Massimizzare le sinergie tra le politiche locali di abbattimento dell’inquinamento atmosferico e quelle per la mitigazione dei cambiamenti climatici.

Se le emissioni di NOx, SO2 e black carbon (particolato carbonioso, componente del particolato) fossero ridotte del 25%, nel 2030 le emissioni di CO2 calerebbero del 5%.
Anche se modesti, i benefici sulla salute sarebbero maggiori nei Paesi BRIICS.
Nei Paesi asiatici, dove invece i livelli di emissioni sono già fortemente sopra gli standard di sicurezza, i risultati delle politiche ambientali si vedranno solo nel lungo periodo, anche a causa di una maggiore urbanizzazione prevista nel corso dei prossimi 40 anni e del forte aumento del numero di persone anziane (il gruppo più sensibile).

Questo suggerisce che i governi mondiali dovranno porre in essere politiche di riduzione delle emissioni inquinanti di ben oltre il 25% per evitare lo scenario apocalittico descritto dall’OCSE.

Una cosa è certa: senza un reale cambiamento, ci sarà di che preoccuparsi.


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